mercoledì 31 luglio 2013

Le cooperative salveranno il mondo! - Jacopo Fo

L’unico modo per uscire dalla crisi è cooperare.
Ma la sinistra non lo sa.




Dobbiamo rilanciare il movimento cooperativo.
Questo è l’imperativo assoluto per il movimento progressista.
La cooperazione è l’unico strumento in mano ai lavoratori per costruire da subito un argine contro la disoccupazione, la miseria, il caro casa, la crisi dei servizi pubblici.
La cooperazione non solo rende più ricche le famiglie ma migliora contemporaneamente la qualità della vita. È gratificante lavorare per sé e non per un padrone. È gradevole dal punto di vista delle relazioni far parte di una comunità che condivide intenti, desideri e risorse.
Cooperare dà dignità alle persone perché esse sentono di avere il potere di migliorare la propria vita senza dover obbedire ad altri.
E come ha dimostrato Andreotti il potere allunga la vita.

Ma la sinistra italiana è oggi scarsamente interessata ai vantaggi della cooperazione. I sindacati metalmeccanici sono duramente impegnati in una vertenza che ha lo scopo di ottenere un aumento salariale di meno di 200 euro all’anno. Non stanno invece investendo energie nell’organizzare una convenzione assicurativa che permetta ai lavoratori di risparmiare 400 euro all’anno sull’assicurazione auto.
Il sindacato non vuol capire che per i lavoratori, verrebbero molti più vantaggi dalla consociazione degli acquisti che dalle vertenze salariali.
Non c’è logica.
Il grande gruppo d’acquisto Bilanci di Giustizia, nato a Padova negli anni ’90, ha dimostrato, che una famiglia di operai risparmia più di uno stipendio all’anno consociando i consumi alimentari e domestici e praticando sistemi di baratto.
Ma ci vuol poco a pensare che il risparmio sarebbe ben più consistente se fosse esteso ai servizi bancari, assicurativi, telefonici e a tutta la gamma dei consumi.
E non c’è nessuna vertenza sindacale che possa dare una casa a milioni di giovani che alle condizioni attuali non se la possono permettere. E ci sono centinaia di famiglie che l’hanno capito e si stanno costruendo la casa in cooperativa.
Solo a Perugia, che grazie al sindaco Boccali è oggi all’avanguardia nell’autocostruzione, sono stati già costruiti 97 appartamenti.



La cooperazione sta già oggi dando risultati straordinari in tutti i settori: operai che occupano le fabbriche e le autogestiscono, gruppi di acquisto, banche del tempo, sistemi di baratto via web come www.reoose.it , ecovillaggi, cohousing, auto condivise, asili nido autogestiti, gruppi di autoaiuto.
Oggi la cooperazione lavorativa muove l’8% del Pil, ed è il settore produttivo che meno risente della crisi, sta addirittura assumendo!
Ed è evidente che senza l’apporto essenziale del movimento cooperativo la crisi attuale sarebbe ben più disastrosa, ci sarebbero più italiani ridotti alla fame e i saccheggi dei centri commerciali.

Nonostante questi fatti evidenti, anche i media solo raramente si occupano di questo tema (tra le rare eccezioni Gad Lerner).
Nonostante questo disinteresse, il movimento cooperativo sta iniziando a far capolino nella Politica con la P maiuscola.
A Messina, Renato Accoranti, un perfetto sconosciuto, ha sbaragliato il candidato del Pd. Dietro a questa vittoria c’è un gruppo di cooperative sociali e associazioni che sta facendo un lavoro veramente innovativo. Ad esempio, nel 2007 hanno capito che il finanziamento del fotovoltaico offriva una possibilità straordinaria. Si sono fatti affidare parecchi tetti da amministrazioni pubbliche ed enti vari e hanno costruito un sistema di impianti fotovoltaici che oggi fa incassare soldi per le attività solidali.
Cosa sarebbe successo se le migliaia di cooperative italiane avessero fatto lo stesso?
Le potenzialità del movimento cooperativo sono immense.

Con questo articolo vorrei aprire il dibattito.
Ma contemporaneamente vorrei darmi da fare: stiamo realizzando il censimento di tutte le associazioni, cooperative, gruppi solidali che sono interessati a mettersi in rete.
Con Alcatraz e Il Nuovo Comitato Nobel per i Disabili Onlus vogliamo quindi offrire servizi a questo movimento, offrire strumenti di connessione, e di formazione.
Vogliamo metterci al servizio di questo movimento contribuendo con le nostre professionalità.
E cerchiamo volontari disposti a collaborare.
Porteremo avanti questo lavoro parallelamente all’aiuto diretto alle persone in difficoltà, ma siamo convinti della necessità di approntare piani d’azione che vadano al di là del primo soccorso, progettando appunto un contributo allo sviluppo della cooperazione.

Ti interessa? Collegati domenica 14 luglio alle ore 21,30 con  http://www.alcatraz.it e partecipa alla videoconferenza-chat-skype. Oppure scrivi a  gabriella@comitatonobeldisabili.it

Su questo argomento vedi anche:
Abbiamo già preso il potere in Italia ma non se ne è accorto nessuno.
Il mondo è cambiato (avevano ragione i Maya)
Un articolo dedicato ai superspecialisti del web appassionati di previsioni sulla rete del futuro.

P.s. Ringrazio Gad Lerner per avermi segnalato il libro di Luigino Bruni Le prime radici (ed. Il Margine) che mostra in modo documentato come il movimento cooperativo, fin dai primordi medioevali, sia la base ideale e materiale che rese possibili le grandi conquiste sociali. E dimostra pure che solo attraverso un cambio di parametro in senso cooperativo si possa superare il crollo dell’attuale sistema produttivo ed etico.



Fonte:  http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/12/cooperative-salveranno-mondo/653723/

venerdì 19 luglio 2013

La piramide marina che produce energia - Enel R115

20/06/2013

Con una capacità di 100 kW, la macchina marina R115 convertirà in elettricità l’energia prodotta dalle onde del mare. EGP punta sull’innovazione con una nuova tecnologia economicamente competitiva

Con Enel Green Power l'energia viene dal mare: il 19 giugno la marina di Pisa ha infatti salutato il varo della R115, un’innovativa macchina per la conversione dell'energia dalle onde.
Con una capacità installata di 100 kW, la macchina marina R115 convertirà in elettricità l’energia prodotta dalle onde del mare dell’Arcipelago Toscano, a Punta Righini (Castiglioncello). Sarà in grado di produrre circa 220 MWh all’anno, sufficienti a soddisfare i consumi di oltre 80 famiglie.“ È il primo passo di quella che credo sarà un'avventura molto più lunga” ha dichiarato l’AD di EGP Francesco Starace nell’intervista rilasciata in occasione del varo.



Il nuovo generatore è stato progettato in modo da sfruttare a pieno le possibilità offerte dal bacino del Mediterraneo: è adatto infatti per applicazioni anche in aree a bassa intensità energetica da moto ondoso o in fondali non particolarmente profondi, come le coste italiane o mediterranee in genere.
In termini energetici, tenuto conto delle ore equivalenti e dell’efficienza delle macchine, la produzione complessiva stimata della R115 è pari a circa 60GWh/kmq. In termini economici, dunque, la macchina è competitiva con le altre tecnologie rinnovabili già all’inizio della fase produttiva commerciale, anche in funzione dei ridotti costi operativi e di manutenzione.
40South Energy Srl, la divisione italiana di 40South Energy, si occuperà dell’installazione e messa in esercizio della macchina, il cui assemblaggio sottomarino sarà completato nelle prossime settimane. Assicurerà, inoltre, la manutenzione ordinaria e straordinaria. Dopo un periodo di test, Enel Green Power prevede di rafforzare la collaborazione con 40South Energy sullo scenario internazionale.
EGP conferma dunque la propria vocazione all’innovazione, e accogliendo nel proprio portafoglio questa nuova tecnologia incrementa ulteriormente il già ampio spettro di tecnologie a disposizione.



Tratto da: http://www.enelgreenpower.com/it-IT/events_news/news/release.aspx?iddoc=1659344

giovedì 18 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (11^ parte) + Bibliografia


 6 Conseguenze operative


Per sfruttare appieno i vantaggi delle cooperative, è necessario superare numerosi ostacoli. I relatori della Conferenza hanno individuato alcuni degli ostacoli che limitano lo sviluppo delle imprese cooperative e suggerito come  superarli. Le loro proposte possono essere riassunte in tre gruppi di raccomandazioni che riguardano le  autorità pubbliche, la comunità scientifica, i movimenti cooperativi e i donatori internazionali.


6.1 Introdurre regolamentazioni e politiche di sostegno adeguate 

Il primo gruppo di raccomandazioni riguarda l’adozione sia di coerenti meccanismi di regolazione, che  permettano la valorizzazione dei vantaggi competitivi delle cooperative, sia di politiche di sostegno in  grado di facilitarne l’avvio, l’espansione e il consolidamento. In Europa, le cooperative si sono  sviluppate più rapidamente nelle situazioni in cui la loro espansione non è stata ostacolata da una regolame
Per esempio, nei settori tradizionalmente pubblici, o di interesse pubblico, e che quindi beneficiano di  finanziamenti pubblici. Di conseguenza, anche i principi cooperativi elaborati dall’ICA dovrebbero  essere interpretati in un modo flessibile, aiutando la nascita di nuove forme di cooperazione enuove pratiche di governance.
Le cooperative dovrebbero essere trattate tenendo conto delle loro specificità, garantendo condizioni di  parità con i concorrenti (Münkner, 2012). Analogamente, la regolazione dei mercati dovrebbe essere coerente con il carattere delle imprese cooperative e progettata per massimizzare i benefici per la  collettività. Un problema, questo, che richiede di essere affrontato principalmente da parte delle agenzie pubbliche che hanno la responsabilità di regolare i mercati.
ntazione inadeguata, il loro ruolo è stato pienamente riconosciuto e non sono state confinate in settori specifici (V. Zamagni, 2012). Per sviluppare tutto il potenziale delle cooperative, una legislazione  sulle cooperative dovrebbe quindi riconoscerne pienamente la funzione ed essere abbastanza flessibile  da permettere loro di operare in qualsiasi settore in cui si dimostrino utili (Hansmann, 2012).
Altre aree d’intervento comprendono il sostegno all’avvio di nuove cooperative, al consolidamento delle cooperative esistenti e allo sviluppo di competenze all’interno del settore cooperativo. Le politiche  nazionali dovrebbero garantire che le cooperative abbiano accesso a tutti i servizi alle imprese.
Inoltre, i governi nazionali dovrebbero elaborare politiche di sostegno coerenti.
Dato il loro orientamento non speculativo, le cooperative dovrebbero essere soggette a un trattamento  fiscale più favorevole di quello previsto per le imprese di capitali.
Quando tuttavia prevede agevolazioni fiscali e benefici speciali, la legislazione cooperativa dovrebbe  comprendere obblighi specifici allo scopo di impedirne la demutualizzazione, come il vincolo di  indivisibilità del patrimonio.
In questo scenario, i movimenti cooperativi possono svolgere un ruolo chiave attraverso organizzazioni, federazioni e consorzi, nonché tramite lo sviluppo di fondi ad hoc che sostengano la creazione di nuove cooperative.
Infine, sia i governi nazionali e locali sia  il movimento cooperativo dovrebbero impegnarsi a costruire  collegamenti tra i movimenti cooperativi di paesi e regioni con un settore cooperativo ben sviluppato (es. l’Unione europea e il Nord America) e i movimenti di regioni dove le cooperative sono ancora poco presenti e non adeguatamente riconosciute. Esempi molto utili di una proficua cooperazione sono i  progetti promossi dal movimento Raiffeisen, dal movimento Desjardins e da diversi consorzi di  cooperative sociali italiani (Borzaga et al., 2008) con organizzazioni situate in paesi dove i movimenti  cooperativi sono allo stato nascente.




6.2 Sviluppare pratiche di governance e di gestione coerenti


Il secondo gruppo di raccomandazioni riguarda lo sviluppo di una cultura manageriale coerente con i valori e i principi delle cooperative. Tra i soci e i dirigenti dovrebbe essere sviluppata una maggiore consapevolezza circa le caratteristiche intrinseche che contraddistinguono le imprese cooperative. Allo stesso tempo, dovrebbe essere eliminata la pratica, molto diffusa, di adattare alle cooperative le modalità di gestione delle imprese for-profit.
Per sfruttare appieno le specificità delle imprese cooperative, ed evitare che queste siano superate dalle imprese for-profit anche nell’adozione di comportamenti cooperativi, dovrebbero essere adottate pratiche di gestione più coerenti con i valori e i principidella cooperazione. I movimenti cooperativi
e le università dovrebbero impegnarsi a sostenere la ricerca di nuove modalità di gestione e di nuovi modelli di governance e a sviluppare le capacità manageriali dei leader cooperativi attraverso corsi di formazione innovativi e corsi universitari basati sui più recenti risultati dell’attività di ricerca. L’esperienza delle cooperative, ovunque nel mondo, dimostra che le situazioni di maggior successo  sono quelle dove le cooperative agiscono insieme come un sistema di imprese, attraverso federazioni, consorzi o gruppi.
In questo modo esse riescono meglio a sfruttare i vantaggi di scala e ad offrire ai soci assistenza gestionale e tecnica efficace, servizi commerciali e di marketing, percorsi di formazione e sostegni alla  progettazione.
Dovrebbe, invece, essere valutata attentamente la tendenza delle cooperative a crescere di dimensione.  Nelle economie basate sempre più sulla conoscenza, le imprese più efficienti possono, infatti, essere piccole e organizzate in reti. A tale riguardo, le cooperative hanno degli specifici vantaggi che derivano dal radicamento nelle comunità locali e dalle forme di governance partecipate.
Uno sforzo per rafforzare le pratiche di networking aiuterebbe le cooperative a realizzare economie di scala e a sfruttare opportunità che le singole imprese non sarebbero altrimenti in grado di sfruttare.




6.3 Promuovere la visibilità delle cooperative


Il terzo gruppo di raccomandazioni riguarda misure e azioni specifiche volte a favorire una migliore comprensione del fondamento logico delle cooperative e ad aumentare la loro visibilità come istituzioni capaci di svolgere ruoli strategici in campo sia economico che sociale.
I relatori della Conferenza hanno dimostrato che vi sono tutte le condizioni per elaborare nuove teorie, in grado di suggerire come sfruttare al meglio il potenziale delle cooperative. Ma i ricercatori dovrebbero impegnarsi a superare la frammentazione che ha finora caratterizzato gli studi cooperativi e a sviluppare ricerche più sistematiche, guidate da ipotesi realistiche sia sui meccanismi che possono essere impiegati dagli agenti economici, che sulle motivazioni che guidano le loro azioni. Dal canto loro, gli istituti di ricerca e di statistica dovrebbero produrre e diffondere adeguate informazioni sulle imprese cooperative, mentre le università e i centri di ricerca dovrebbero elaborare nuovi approcci teorici per  spiegare, e aiutare a comprendere, il fondamento logico e i vantaggi competitivi delle forme cooperative.
Servendosi dei risultati delle ricerche più recenti, i movimenti cooperativi internazionali e le istituzioni pubbliche dovrebbero promuovere adeguate iniziative per migliorare la visibilità delle cooperative. D’altra parte, la comunità scientifica e i movimenti cooperativi – a ogni livello: locale, nazionale e internazionale – dovrebbero adottare strategie di comunicazione più efficaci perdiffondere i risultati delle ricerche. I movimenti cooperativi dovrebbero in particolare impegnarsi per far crescere la consapevolezza delle amministrazioni pubbliche, dei politici e delle comunità circa il contributo che le cooperative possono concretamente offrire alle economie locali e ai sistemi di welfare.
Infine, i donatori internazionali dovrebbero sostenere attivamente il riconoscimento delle cooperative, in particolare in quei paesi che sono ancora privi di una legislazione, e promuovere azioni in grado di favorire lo sviluppo delle imprese cooperative.


7 Riferimenti bibliografici

 


Andreaus, Michele, Carini, Chiara, Carpita, Maurizio and Costa, Ericka (2012) ‘La cooperazione Sociale in Italia: Un’Overview’, Euricse Working Paper no. 27/12. Available online: http://euricse.eu/sites/euricse.eu/files/db_uploads/documents/1331543460_n1984.pdf (accessed 30 July 2012).

Ben-Ner, Avner and Ellman, Matthew (2012) ‘The Contributions of Behavioral Economics to Understanding and Advancing the Sustainability of Worker Cooperatives’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Birchall, Johnston (2012) ‘The Potential of Co-operatives during the Current Recession: Theorizing Comparative Advantage’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Birchall, Johnston and Hammond Ketilson, Lou (2009) ‘Resilience of the Cooperative Business Model in Times of Crisis’, Geneva: Sustainable Enterprise Programme, International Labour Organization.

Borzaga, Carlo, Galera, Giulia and Nogales, Rocío (eds.) (2008) Social Enterprise: A New Model for Poverty Reduction and Employment Generation, Bratislava, Slovakia: United Nations Development Programme Regional Bureau for Europe and the Commonwealth of Independent States

Dasgupta, Partha (2012) ‘New Frontiers of Cooperation in the Economy’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Defourny, Jacques and Nyssens, Marthe (2012) ‘Social Cooperatives: When Social Enterprise Meets the Cooperative Tradition’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Díaz-Foncea, Millán (2012) ‘Sociedades Cooperativas y Emprendedor Cooperativo: Análisis de los Factores Determinantes de su Desarrollo’, Ph.D. thesis, University of Zaragoza.

Ferri, Giovanni (2012) ‘Credit Cooperatives: Challenges and Opportunities in the New Global Scenario’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Grillo, Michele (2012) ‘Competition Rules and the Cooperative Firm’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Hagedorn, Konrad (2012) ‘Natural Resource Management: the Role of Co-operative Institutions and Governance’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Hansmann, Henry B. (1996) The Ownership of Enterprise, Cambridge, MA : Harvard University Press.

Hansmann, Henry B. (2012) ‘All Firms are Cooperatives–and so are Governments’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Heath, Joseph (2006) ‘The Benefits of Cooperation’, Philosophy and Public Affairs 34(4): 313–51.
International Co-operative Alliance (2012) ‘Statistical Information on the Co-operative Movement’. Available online: http://www.ica.coop/coop/statistics.html#members (accessed 26 July 2012).

Jones, Derek C. and Kalmi, Panu (2012) ‘Economies of Scale versus Participation: A Co-operative Dilemma?’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

MacPherson, Ian (2012) ‘Cooperatives’ Concern for the Community: From Members towards Local Communities’ Interests’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Mayo, Ed (2012) ‘Global Business Ownership 2012: Members and Shareholders across the World’, Manchester: Cooperatives UK.

Mori, Pier A. (2012) ‘Customer-ownership and Public Services’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Münkner, Hans-H. (2012) ‘Worldwide Regulation of Co-operative Societies: An Overview’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Pérotin, Virginie (2012) ‘Workers’ Cooperatives: Good, Sustainable Jobs in the Community’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Valentinov, Vladislav, Tortia, Ermanno and Iliopoulos, Constantine (2012) ‘Agricultural Cooperatives’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Worldwatch Institute (2012) ‘Membership in Co-operative Businesses Reaches 1 Billion’. Available online: http://www.worldwatch.org/membership-co-operative-businesses-reaches-1-billion (accessed 26 July 2012).

Zamagni, Stefano (2102) ‘The Impact of Cooperatives on Civil and Connective Capital’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

Zamagni, Vera (2012) ‘Interpreting the Roles and Economic Importance of Cooperative Enterprises in a Historical Perspective’, paper presented at the Euricse Conference in Venice.

mercoledì 17 luglio 2013

Milano - La cooperazione ospite del Salone della CSR (Corporate Social Responsibility)

Si svolgerà presso l’Università Bocconi di Milano l’1 e il 2 ottobre 2013 il Salone della Csr (Corporate social responsabilità) e dell’innovazione sociale, il più importante evento in Italia dedicato all’evoluzione della Csr verso scenari sempre più sostenibili e competitivi. L’evento sarà per conoscere quello che è stato fatto in tema di responsabilità sociale d’impresa e per riflettere sui “futuri possibili” che si prospettano all’orizzonte.

Promosso da Università Bocconi,Csr manager network, Unioncamere nazionale, Aci (Alleanza delle cooperative italiane), Fondazione Sodalitas e Koinètica, questa nuova manifestazione mette in luce le opportunità offerte dall’innovazione sociale e l’urgenza di una collaborazione attiva tra i vari attori del sociale.
Obiettivo del Salone è quello di far crescere la cultura nell’ambito della Csr avvicinando le persone alla sostenibilità nella sua dimensione quotidiana, valorizzare le esperienze esistenti in Italia e favorire il confronto con altri Paesi. Saranno otto nello specifico le aree tematiche trattate nel corso della due giorni: alimentazione, ambiente, casa, comunicazione, lavoro, economia, moda, salute.
La manifestazione vuole essere inoltre un luogo di confronto tra realtà differenti quali: imprese, start up, Pubblica amministrazione e Terzo settore, che stanno ripensando le proprie politiche di Csr, interrogandosi sulla necessità di conciliare il business con l’attenzione al sociale e all’ambiente.

L’Alleanza delle cooperative italiane, anche in considerazione delle linee guida del Programma 2012-2014 del Piano d’azione nazionale sulla Responsabilità sociale di impresa del ministero delle Politiche sociali e del Ministero dello Sviluppo economico, ha deciso di diventare promotore del Salone e ritiene strategica la partecipazione delle cooperative sociali all’evento, poiché considera fondamentale per il Terzo settore costruire un dialogo con le imprese profit e realizzare percorsi di collaborazione e sinergie competitive.

Per le cooperative che vogliono approfondire le opportunità offerte dal Salone è possibile contattare il Consorzio sociale Light, partner di sviluppo del Salone all’indirizzo mail comunicazione@consorziosocialelight.it.
Per ulteriori info e contatti si invitano gli interessati a prendere visione del sito del Salone all’indirizzo web www.csreinnovazionesociale.it.
L.O.



Tratto da:  http://www.consorzioparsifal.it/news/n8895_p1/milano-la-cooperazione-sociale-ospite-al-salone-della-csr.html
Si svolgerà presso l’Università Bocconi di Milano l’1 e il 2 ottobre 2013 il Salone della Csr (Corporate social responsabilità) e dell’innovazione sociale, il più importante evento in Italia dedicato all’evoluzione della Csr verso scenari sempre più sostenibili e competitivi. L’evento sarà per conoscere quello che è stato fatto in tema di responsabilità sociale d’impresa e per riflettere sui “futuri possibili” che si prospettano all’orizzonte. - See more at: http://www.consorzioparsifal.it/news/n8895_p1/milano-la-cooperazione-sociale-ospite-al-salone-della-csr.html#sthash.Z2fQUhJH.dpuf
Si svolgerà presso l’Università Bocconi di Milano l’1 e il 2 ottobre 2013 il Salone della Csr (Corporate social responsabilità) e dell’innovazione sociale, il più importante evento in Italia dedicato all’evoluzione della Csr verso scenari sempre più sostenibili e competitivi. L’evento sarà per conoscere quello che è stato fatto in tema di responsabilità sociale d’impresa e per riflettere sui “futuri possibili” che si prospettano all’orizzonte.

Promosso da Università Bocconi,Csr manager network, Unioncamere nazionale, Aci (Alleanza delle cooperative italiane), Fondazione Sodalitas e Koinètica, questa nuova manifestazione mette in luce le opportunità offerte dall’innovazione sociale e l’urgenza di una collaborazione attiva tra i vari attori del sociale.
Obiettivo del Salone è quello di far crescere la cultura nell’ambito della Csr avvicinando le persone alla sostenibilità nella sua dimensione quotidiana, valorizzare le esperienze esistenti in Italia e favorire il confronto con altri Paesi. Saranno otto nello specifico le aree tematiche trattate nel corso della due giorni: alimentazione, ambiente, casa, comunicazione, lavoro, economia, moda, salute.
La manifestazione vuole essere inoltre un luogo di confronto tra realtà differenti quali: imprese, start up, Pubblica amministrazione e Terzo settore, che stanno ripensando le proprie politiche di Csr, interrogandosi sulla necessità di conciliare il business con l’attenzione al sociale e all’ambiente.

L’Alleanza delle cooperative italiane, anche in considerazione delle linee guida del Programma 2012-2014 del Piano d’azione nazionale sulla Responsabilità sociale di impresa del ministero delle Politiche sociali e del Ministero dello Sviluppo economico, ha deciso di diventare promotore del Salone e ritiene strategica la partecipazione delle cooperative sociali all’evento, poiché considera fondamentale per il Terzo settore costruire un dialogo con le imprese profit e realizzare percorsi di collaborazione e sinergie competitive.

Per le cooperative che vogliono approfondire le opportunità offerte dal Salone è possibile contattare il Consorzio sociale Light, partner di sviluppo del Salone all’indirizzo mail comunicazione@consorziosocialelight.it.
Per ulteriori info e contatti si invitano gli interessati a prendere visione del sito del Salone all’indirizzo web www.csreinnovazionesociale.it.
- See more at: http://www.consorzioparsifal.it/news/n8895_p1/milano-la-cooperazione-sociale-ospite-al-salone-della-csr.html#sthash.Z2fQUhJH.dpuf
Si svolgerà presso l’Università Bocconi di Milano l’1 e il 2 ottobre 2013 il Salone della Csr (Corporate social responsabilità) e dell’innovazione sociale, il più importante evento in Italia dedicato all’evoluzione della Csr verso scenari sempre più sostenibili e competitivi. L’evento sarà per conoscere quello che è stato fatto in tema di responsabilità sociale d’impresa e per riflettere sui “futuri possibili” che si prospettano all’orizzonte.

Promosso da Università Bocconi,Csr manager network, Unioncamere nazionale, Aci (Alleanza delle cooperative italiane), Fondazione Sodalitas e Koinètica, questa nuova manifestazione mette in luce le opportunità offerte dall’innovazione sociale e l’urgenza di una collaborazione attiva tra i vari attori del sociale.
Obiettivo del Salone è quello di far crescere la cultura nell’ambito della Csr avvicinando le persone alla sostenibilità nella sua dimensione quotidiana, valorizzare le esperienze esistenti in Italia e favorire il confronto con altri Paesi. Saranno otto nello specifico le aree tematiche trattate nel corso della due giorni: alimentazione, ambiente, casa, comunicazione, lavoro, economia, moda, salute.
La manifestazione vuole essere inoltre un luogo di confronto tra realtà differenti quali: imprese, start up, Pubblica amministrazione e Terzo settore, che stanno ripensando le proprie politiche di Csr, interrogandosi sulla necessità di conciliare il business con l’attenzione al sociale e all’ambiente.

L’Alleanza delle cooperative italiane, anche in considerazione delle linee guida del Programma 2012-2014 del Piano d’azione nazionale sulla Responsabilità sociale di impresa del ministero delle Politiche sociali e del Ministero dello Sviluppo economico, ha deciso di diventare promotore del Salone e ritiene strategica la partecipazione delle cooperative sociali all’evento, poiché considera fondamentale per il Terzo settore costruire un dialogo con le imprese profit e realizzare percorsi di collaborazione e sinergie competitive.

Per le cooperative che vogliono approfondire le opportunità offerte dal Salone è possibile contattare il Consorzio sociale Light, partner di sviluppo del Salone all’indirizzo mail comunicazione@consorziosocialelight.it.
Per ulteriori info e contatti si invitano gli interessati a prendere visione del sito del Salone all’indirizzo web www.csreinnovazionesociale.it.
- See more at: http://www.consorzioparsifal.it/news/n8895_p1/milano-la-cooperazione-sociale-ospite-al-salone-della-csr.html#sthash.Z2fQUhJH.dpuf

martedì 16 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (10^ parte)


5 Le tendenze in atto e le sfide



Il futuro riserva grandi sfide per le cooperative.

La crisi globale non solo ha dimostrato che le cooperative possono essere più resilienti delle imprese di proprietà degli investitori, ma ha anche messo in luce i limiti del modello predominante di organizzazione economica, centrato sull’azione di due soli tipi di istituzioni: le imprese for-profit coordinate dal mercato e le organizzazioni pubbliche basate sul principio di autorità. La crisi ha confermato l’incapacità delle imprese for-profit di assicurare, da sole, il massimo benessere, in particolare quando gli scambi non sono in grado di recare vantaggi a entrambe le parti di ogni transazione. Inoltre, la crisi ha reso evidente l’incapacità delle agenzie pubbliche di fronteggiare i fallimenti del mercato e delle imprese for-profit e di affrontare la crescita e la diversificazione dei bisogni. La crisi ha dimostrato che le politiche di privatizzazione basate sulla redistribuzione delle funzioni e dei ruoli tra imprese for-profit e agenzie pubbliche non sono una soluzione soddisfacente. Infatti, le strategie di liberalizzazione e privatizzazione che sono state perseguite dalla maggior parte dei governi fin dagli anni Ottanta hanno portato a risultati insoddisfacenti. Esse hanno favorito un aumento esponenziale delle disuguaglianze, un cattivo uso delle risorse non-rinnovabili e una crescita dell’incertezza e della povertà. 

La consapevolezza dei limiti di un’organizzazione economica che sopravvaluta i comportamenti concorrenziali ed egoistici sta già portando molti operatori ad adottare pratiche di responsabilità sociale e strategie di gestione innovative, che enfatizzano anche fra le imprese for-profit il meccanismo della cooperazione. Non sorprende, quindi, che un numero crescente di osservatori consideri l’espansione delle varie forme di cooperazione come una possibile via di uscita dalla crisi. Di conseguenza, si aprono nuove opportunità di sviluppo per modelli sia  tradizionali che innovativi di cooperazione.
Le cooperative tradizionali svolgeranno un ruolo sempre più determinante in attività come l’offerta di credito e di abitazioni, il sostegno all’agricoltura e la creazione di posti di lavoro. Le banche cooperative e le credit union sono destinate a svilupparsi poiché esse hanno dimostrato di essere meno rischiose delle grandi banche d’affari e sono ancora in grado di rafforzare le relazioni fiduciarie e attrarre nuovi clienti. Le cooperative agricole diventeranno sempre più importanti per garantire la sopravvivenza degli agricoltori e della produzione agricola, a fronte dei bisogni alimentari connessi alla crescita della popolazione mondiale. Inoltre, le cooperative agricole possono svolgere un importante ruolo anche nell’assicurare la sicurezza alimentare, la tutela dell’ambiente e la promozione di un modello di sviluppo sostenibile. Con la sicurezza del posto di lavoro in diminuzione e i tassi di disoccupazione in rapido aumento, i numerosi esempi di nuove cooperative di lavoro e di acquisizioni di imprese da parte dei lavoratori indicano che le cooperative potranno svolgere un ruolo sempre più importante, anche nel salvaguardare posti di lavoro e creare nuova occupazione.

Inoltre, ci sono molti nuovi settori dove il potenziale delle cooperative non è ancora stato sfruttato pienamente. Questi comprendono i servizi alla persona e, in particolare, i servizi sociali, educativi e sanitari. Si tratta di servizi caratterizzati da una domanda crescente e sempre più diversificata, in situazioni dove l’offerta pubblica è limitata e in contrazione, mentre la  qualità dell’offerta privata forprofit è variabile e incerta. Considerazioni analoghe valgono per  le mutue, che sono chiamate a compensare la diminuita copertura dell’assistenza sanitaria, in  particolare quella per la non autosufficienza, da parte degli enti previdenziali pubblici.
Un altro settore in espansione riguarda i servizi di comunità, compresa la gestione di istituzioni culturali, risorse idriche, smaltimento dei rifiuti, trasporto pubblico e fonti rinnovabili di energia.  Tutte queste attività sono caratterizzate da situazioni di monopolio naturale o da una redditività limitata e incerta. In queste condizioni, le imprese cooperative sono più adatte a gestire servizi di interesse generale grazie alla loro natura partecipativa e ai loro modelli di governance.
Un ambito di attività in crescita è anche quello dell’istituzionalizzazione delle reti di collaborazione tra piccole imprese manifatturiere e di servizi alle imprese. Le cooperative  possono gestire efficacemente alcune di queste attività comuni, comprese quelle di ricerca e  sviluppo, promuovendo l’espansione dei mercati e aumentando la produttività e la  competitività delle imprese associate.
I relatori della Conferenza hanno offerto vari esempi di nuovi tipi di cooperative e di modalità innovative di organizzazione delle cooperative tradizionali. Ciononostante, è apparso evidente che scambi di esperienze condotti in modo più efficace sarebbero di aiuto al processo di apprendimento reciproco, favorendo una ripresa e un rafforzamento delle cooperative in tutto il mondo.

 

domenica 14 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (9^ parte)

4.2  I nuovi sviluppi teorici







Per comprendere l’esistenza delle imprese cooperative è necessario invece innanzitutto assumere che lo scambio attraverso il mercato è soltanto uno dei possibili meccanismi di coordinamento in grado di generare benefici collettivi. Esso è, infatti, capace di gestire gli scambi in modo efficiente solo quando tutti gli individui che vi prendono parte ricevono benefici proporzionali al loro impegno.
Ma vi sono anche meccanismi alternativi, basati sulla gerarchia o sulla cooperazione, che possono generare benefici collettivi.
Infatti, sia le agenzie pubbliche che le imprese private, che si basano su un mix di questi diversi meccanismi, sono istituzioni sociali più efficienti del mercato ogni qualvolta si verificano fallimenti dello stesso. Tuttavia, non tutte le imprese private e le agenzie pubbliche hanno le stesse caratteristiche. Sia le agenzie pubbliche che le imprese di proprietà degli investitori si basano largamente sulla gerarchia.
Inoltre, soprattutto queste ultime sono in gran parte organizzate secondo relazioni contrattuali che replicano la logica degli scambi di mercato. Le imprese di capitali possono, infatti, essere considerate come “mercati privati”, nei quali le interazioni fra agenti economici sono basate prevalentemente sull’autointeresse e sugli scambi monetari (Heath, 2006). Di conseguenza, le imprese di proprietà degli investitori spesso tendono a risultare inefficienti quando si verificano le stesse condizioni che causano il fallimento del mercato.

Diversamente dalle imprese di capitali, le imprese cooperative si basano ampiamente sul meccanismo della cooperazione volontaria.
La possibilità di ricorrere al meccanismo cooperativo genera, in particolari condizioni e per diversi tipi di transizioni, dei veri e propri vantaggi competitivi. Le cooperative detengono vantaggi specifici soprattutto quando il coordinamento non può essere realizzato unicamente facendo leva sull’autointeresse degli agenti e su incentivi esclusivamente economici. Ci sono, infatti, diverse situazioni nelle quali i guadagni collettivi possono essere realizzati a condizione che gli agenti sociali abbiano fiducia l’uno nell’altro, adottino comportamenti cooperativi piuttosto che comportamenti egoistici e attivino motivazioni e comportamenti altruistici o basati sulla reciprocità.

Quando accordi intertemporali basati sulla fiducia garantiscono guadagni superiori a quelli che possono derivare da altri tipi di contratti, le cooperative possono cogliere meglio di altre forme di impresa i vantaggi risultanti dalle economie di scala: questa è la situazione che si verifica, per esempio, nelle cooperative agricole. Quando è necessaria la condivisione del rischio da parte di un elevato numero di soci, le mutue e le cooperative di assicurazione riescono a raggiungere soluzioni più efficienti di quelle basate sugli scambi di mercato. Quando l’efficienza presuppone che gli agenti “dicano la verità”, le cooperative possono gestire in modo efficiente la trasmissione di informazioni. Infine, quando i beni e i servizi prodotti sono caratterizzati da esternalità positive, che non possono essere internalizzate a causa dell’impossibilità di addebitare ai beneficiari il pieno valore del prodotto attraverso il sistema dei prezzi, le cooperative possono produrre comunque il bene o il servizio.
Poiché queste situazioni sono molto diffuse in tutte le economie si può sostenere che esiste un grande spazio di azione per diversi tipi di cooperative, comprese le cooperative che perseguono in modo esplicito finalità sociali
 

Questa interpretazione del ruolo delle cooperative e, più in generale, del pluralismo delle istituzioni economiche consente di sostenere che le caratteristiche distintive delle cooperative sono fondamentali. Queste caratteristiche comprendono l’indivisibilità del ruolo economico e non-economico delle cooperative, i principi che guidano l’azione cooperativa e i vincoli in base ai quali le cooperative operano. Tutte queste caratteristiche sono infatti coerenti con gli specifici problemi di coordinamento che i diversi tipi di cooperative affrontano.
Questa interpretazione del ruolo delle cooperative ha quattro importanti conseguenze. Essa dà innanzitutto ragione dei vantaggi in termini di efficienza che caratterizzano le cooperative rispetto agli scambi di mercato, alle imprese di proprietà degli investitori e alle istituzioni pubbliche.
In particolare, le cooperative traggono specifici vantaggi dal fatto che il loro agire si basa in modo significativo sulle motivazioni intrinseche dei soci e non solo sull’interesse personale (e le analisi di efficienza dovrebbero tenerne conto. Cfr S. Zamagni, 2012). Inoltre, le cooperative sono meno soggette a comportamenti di free riding rispetto alle altre istituzioni.

In secondo luogo questa interpretazione da ragione della vitalità delle cooperative.
Le imprese cooperative sopravvivono e prosperano soprattutto nei settori dove sono più efficienti i meccanismi di coordinamento diversi dal mercato e in cui le motivazioni non egoistiche giocano un ruolo determinante.
È il caso del settore del credito, dove le organizzazioni basate su relazioni fiduciarie contribuiscono a migliorare gli scambi di informazioni. Così come nel settore agricolo, dove la cooperazione fra agricoltori permette il conseguimento di importanti economie di scala in attività dove la divisione del lavoro è difficile o può generare seri problemi di qualità del prodotto (Valentinov et al., 2012). Altro esempio è quello delle mutue, dove l’efficienza dipende dal numero dei soggetti assicurati e delle cooperative sociali, che operano in ambiti caratterizzati da esternalità positive che non possono essere internalizzate.

In terzo luogo questa interpretazione aiuta a spiegare il potenziale delle cooperative. Con il quadro teorico proposto, le cooperative hanno ancora un grande potenziale di sviluppo in tutto il mondo. Nei paesi in via di sviluppo l’opportunità di ottenere benefici collettivi attraverso meccanismi cooperativi è favorita dai bassi livelli di reddito, dal limitato sviluppo degli scambi di mercato e da sistemi di welfare largamente incompleti. Nei paesi industrializzati, vi è ancora una domanda crescente e diversificata di molti servizi, come i servizi sociali e di comunità, che sono caratterizzati da esternalità positive.
Infine questa interpretazione consente anche di analizzare i limiti delle imprese cooperative. In particolare, quando i mercati diventano più concorrenziali, le cooperative tendono a perdere i vantaggi competitivi che le caratterizzavano in precedenza.
Ciononostante, l’evoluzione verso mercati più concorrenziali si verifica solamente in alcuni settori e a precise condizioni; in particolare in quei settori dove la divisione del lavoro può essere spinta e i fallimenti del mercato possono essere attenuati o eliminati dall’evoluzione stessa del mercato o attraverso la regolamentazione. Quando i mercati diventano più concorrenziali, le cooperative possono tuttavia svolgere ancora un ruolo positivo, a condizione che esse adottino strategie di marketing o soluzioni organizzative che aumentino il valore aggiunto dei loro prodotti.

Ricapitolando, la decisione di creare imprese cooperative di vario tipo, la loro sopravvivenza e il loro contributo all’economia e alla società possono essere spiegati dai vantaggi che esse hanno rispetto alle imprese for-profit e alle istituzioni pubbliche. La Conferenza di Euricse ha fatto chiarezza su almeno due questioni importanti. In primo luogo, i relatori hanno messo in discussione, da diverse prospettive, l’idea che le cooperative siano imprese marginali e che gli scambi di mercato e le imprese di capitali siano inevitabilmente le istituzioni sociali più efficienti. Questa convinzione si basa, infatti, su teorie che presentano numerosi limiti. In secondo luogo, i relatori hanno dimostrato che ci sono oggi le condizioni per sviluppare una nuova linea di ricerca teorica più coerente con i risultati delle analisi storiche ed empiriche sulle cooperative.
Sebbene siano necessari ulteriori sviluppi teorici, queste riflessioni hanno importanti implicazioni pratiche.

venerdì 12 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (8^ parte)

4 Comprendere le cooperative

Per superare gli ostacoli fin qui evidenziati e rafforzare l’impatto economico e il valore sociale delle cooperative, è necessario dotarsi di una nuova struttura interpretativa.
Un importante obiettivo della Conferenza di Euricse è stato quello di fare luce sugli sviluppi teorici che possono spiegare la natura e il fondamento logico delle imprese cooperative. I relatori hanno discusso sia dei limiti delle interpretazioni convenzionali che delle potenzialità offerte da alcune recenti innovazioni teoriche.


 

4.1 I limiti della teoria economica convenzionale



Pur adottando differenti approcci analitici, tutti i relatori della Conferenza si sono trovati d’accordo sulla necessità di sfidare la convinzione, molto diffusa, che le cooperative siano generalmente meno efficienti delle imprese di capitali. Molti relatori hanno giudicato inadeguati gli assunti iniziali dai quali muovono le teorie convenzionali sulle cooperative.
Particolare attenzione è stata prestata a tre limiti delle teorie correnti
 
Il primo limite è costituito dall’assunto secondo cui l’efficienza è sempre proporzionale alla specializzazione dei compiti che deriva a sua volta dalla divisione del lavoro. Gli economisti assumono, in generale, che ogni qualvolta la divisione sociale del lavoro è massimizzata, la specializzazione degli agenti le risulta rafforzata e quindi si realizza il livello massimo di produzione consentito dalla tecnologia. Questa assunzione trascura però i guadagni di efficienza che possono derivare dalla cooperazione volontaria fra agenti che esercitano la stessa attività, invece di scegliere di specializzarsi in compiti distinti.

 
Il secondo limite è costituito dall’assunto che i mercati concorrenziali e i contratti siano le istituzioni sociali più efficienti per coordinare agenti indipendenti, specializzati e razionali e che la concorrenza caratterizzi naturalmente i mercati o possa essere ottenuta attraverso un’adeguata regolamentazione. Senza tenere conto che, in molti casi, il mercato non è – né può diventare – pienamente concorrenziale, e di conseguenza è strutturalmente incapace di generare il massimo benessere sociale. Sotto tali condizioni, la possibilità di ricorrere al mercato è quindi strutturalmente limitata.
 
Il terzo limite è costituito dall’assunto che gli agenti economici siano completamente razionali e autointeressati, e che di conseguenza il loro comportamento possa essere definito da una funzione di utilità con una sola determinante: la massimizzazione del reddito netto che è generato dalla loro partecipazione a qualsiasi tipo di attività economica. Questa semplificazione tuttavia non è in grado di spiegare il comportamento reale di agenti che, di solito, non sono motivati esclusivamente dall’aspettativa di ricompense monetarie.

Inoltre, tale assunto non è in grado di spiegare perché le transazioni avvengano anche quando non si raggiunge il massimo guadagno possibile. Ci sono almeno due importanti ragioni che spiegano perché queste transazioni possono comunque avvenire. La prima è che la decisione di prendere parte a un’attività economica è spesso il risultato di motivazioni auto interessate, ma differenti dalla pura ricompensa monetaria. Tali motivazioni comprendono, per esempio, la stabilità del posto di lavoro o l’opportunità di vendere i propri prodotti a prezzi più equi. La seconda ragione è che gli agenti non sono guidati unicamente da motivazioni egoistiche, ma anche da motivazioni pro-sociali come la reciprocità, gli impegni morali o l’adesione a norme sociali, che possono sostituirsi o aggiungersi alle motivazioni egoistiche. Dell’importanza di queste motivazioni, anche negli scambi economici, si sono di recente occupati gli economisti comportamentali, che hanno evidenziato come la capacità umana di cooperare sia spesso basata anche su forme di reciprocità (Ben-Ner ed Ellman, 2012; S. Zamagni, 2012).

Non sorprende, quindi, che le conclusioni derivanti dall’applicazione di teorie che non tengono conto dei limiti dell’approccio convenzionale siano incompatibili con il funzionamento reale delle cooperative. Questo è il caso ad esempio dei modelli che hanno cercato di interpretare le cooperative di lavoro, che sostengono che esse tendono a ridurre l’occupazione quando i prezzi dei loro prodotti aumentano, perché assumono che l’unico obiettivo perseguito dai soci sia la minimizzazione del loro salario. Recenti studi empirici mostrano che le cooperative non reagiscono in questo modo alle variazioni dei prezzi dei prodotti o alle perturbazioni della domanda.
Essi mostrano, al contrario, che le cooperative tendono a privilegiare la creazione e la stabilità dei posti di lavoro più delle imprese tradizionali (Pérotin, 2012). Ad una conclusione simile si giunge anche con riguardo alla presunta inefficienza strutturale delle cooperative a causa di comportamenti attesi di free-riding da parte dei lavoratori, che, in quanto proprietari, non sarebbero soggetti ad adeguati controlli.
Questa interpretazione, infatti, non tiene con to del ruolo che giocano le motivazioni intrinseche; motivazioni che spesso influenzano in modo decisivo la decisione di aderire alla cooperativa.
Ricapitolando, le interpretazioni proposte dalla teoria economica sono basate su assunti discutibili e non costituiscono quindi un riferimento soddisfacente per comprendere il fondamento logico delle imprese cooperative.
 

mercoledì 10 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (7^ parte)




3.3 Le incertezze delle politiche di sostegno

 

Le cooperative spesso beneficiano di politiche pubbliche progettate per sostenere l’avvio e il consolidamento di iniziative imprenditoriali. Poiché tali misure sono talvolta volte a sostenere le cooperative, c’è una diffusa convinzione che le cooperative siano favorite rispetto alle imprese di capitali. Si tratta tuttavia di una conclusione semplicistica. Anzi, le politiche che sostengono le cooperative sono spesso deboli o contraddittorie.
In alcuni paesi, le politiche negano alle cooperative il pieno riconoscimento dello status di impresa, e così facendo ne impediscono l’accesso ai benefici previsti per le altre imprese. Per esempio, i sussidi di disoccupazione e l’adesione agli istituti previdenziali sono talvolta negati ai soci o ai lavoratori delle cooperative. In altri paesi, la legislazione talvolta impone alle cooperative obblighi gravosi che invece non si applicano alle imprese di proprietà degli investitori.
Questo accade, per esempio, quando le cooperative sono tenute a rispettare regole come l’indivisibilità del patrimonio, ma in forza del principio di concorrenza non sono ammesse ad alcuna agevolazione fiscale.
O quando, nel caso opposto, capita che le cooperative non abbiano diritto a beneficiare di incentivi e agevolazioni fiscali che sono invece concessi alle altre organizzazioni nonprofit, anche se esse perseguono gli stessi obiettivi sociali e d’interesse generale, e sottostanno alle medesime regole.


 

3.4 Pratiche di gestione e di governance incoerenti

 

In quanto si pongono obiettivi economici cercando, al tempo stesso, di rimanere fedeli ai loro valori e principi fondatori, le cooperative devono affrontare numerose sfide. Tra queste vi sono le difficoltà ad adottare pratiche di gestione e di contabilità che ne riflettano l’etica.
Le pratiche manageriali tradizionali si rivelano spesso inadeguate alla gestione di un’impresa cooperativa. La mancanza di programmi d’istruzione e formazione professionale progettati per soddisfare le esigenze delle cooperative portano spesso il management ad adottare pratiche e strumenti incoerenti con la missione delle cooperative.
Mentre in molti settori le cooperative sono cresciute sia nel numero che nella dimensione, e hanno dato dimostrazione di efficienza, la loro capacità di gestione costituisce spesso un punto debole (V. Zamagni, 2012). Replicare le pratiche di gestione delle imprese di capitali porta a trascurare la ricerca e lo sviluppo di modelli alternativi che sarebbero più efficienti e coerenti con la forma proprietaria cooperativa.
Una gestione incoerente ha diverse conseguenze negative: incoraggia le cooperative a imitare le pratiche delle imprese di proprietà degli investitori; impedisce alle cooperative di sfruttare i loro principali vantaggi, in particolare quelli che derivano dal coinvolgimento attivo dei soci; e favorisce la demutualizzazione da parte di soci e di manager opportunisti.
La mancanza di pratiche di gestione coerenti si verifica, in particolare, quando le cooperative crescono di dimensione e aumenta l’eterogeneità degli interessi dei soci. In linea di principio, questo problema può essere gestito attraverso strategie di governance innovative. Tuttavia, le cooperative sono spesso intrappolate tra tendenze isomorfiche e soluzioni di governance ideologiche. Così, la sperimentazione di strategie innovative può essere ostacolata dall’accettazione passiva di modelli di governante tradizionali, basati esclusivamente su assemblee e commissioni elette secondo il principio “una testa, un voto” (Hansmann, 2012). Al contrario l’esperienza dimostra che ci sono varie modalità di governance attraverso le quali le cooperative possono essere gestite mantenendo ridotti i costi di proprietà, anche nel caso di imprese di grandi dimensioni e quando sono in gioco interessi eterogenei.
Tuttavia, si tratta di strategie innovative che sono state raramente studiate in profondità e adeguatamente formalizzate, e di conseguenza sono poco diffuse. I relatori della Conferenza hanno portato alcuni esempi di questi processi. Gli studi di caso, come quello su Mondragón e sulle banche di credito cooperativo in Finlandia, hanno dimostrato che l’adattamento istituzionale è un importante fattore di successo. Grazie alla loro capacità di adattarsi al cambiamento delle condizioni di contesto, attraverso la progettazione di soluzioni di governance innovative, entrambi questi gruppi cooperativi hanno dimostrato di poter prosperare e al tempo stesso di riuscire a mantenere un modello di gestione democratica (Jones e Kalmi, 2012).





martedì 9 luglio 2013

Giulio Sapelli - La crisi e la crescita

Ottimo intervento di Giulio Sapelli sulle caratteristiche della crisi e le possibili soluzioni.
 
"Non si esce dalla crisi economica se non ricostruendo il senso di giustizia". 
Un percorso tutt'altro che scontato quello delineato da Sapelli per uscire dall'attuale condizione di crisi, che non si limita a semplici formulette matematiche, ma comprende la necessità di maggiore cultura, specialmente all'interno della "classe dirigente".






lunedì 8 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (6^ parte)

3 Gli ostacoli allo sviluppo delle cooperative


Le cooperative devono spesso affrontare diversi ostacoli che ne frenano lo sviluppo. Essi sono in parte dovuti a strutture giuridiche deboli, a politiche e regole di mercato inadeguate e a pratiche manageriali scarsamente efficienti.


3.1 I limiti della legislazione cooperativa


Mentre la regolazione delle imprese di capitali è relativamente uniforme nei vari paesi, la legislazione sulle cooperative varia considerevolmente da un paese all’altro e in alcuni paesi non esiste affatto. Queste differenze sono difficili da capire, dato il notevole sforzo fatto a livello internazionale per promuovere una concezione condivisa dei valori e dei principi delle cooperative, come evidenziato nella Dichiarazione dell’ICA sull’Identità cooperativa del 1995 (un documento ufficialmente riconosciuto dall’ONU nel 2001 e dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 2002. Cfr Münkner, 2012). Questa mancanza di uniformità ha due implicazioni principali: essa limita la visibilità e l’uso della forma cooperativa e ostacola l’internazionalizzazione delle imprese cooperative, indebolendo le collaborazioni tra cooperative che hanno sede in paesi diversi.

Inoltre, la legislazione cooperativa tende spesso a essere restrittiva piuttosto che facilitante. In alcuni paesi la legislazione limita i settori nei quali le cooperative possono operare e le attività che esse possono svolgere. Ulteriori ostacoli sono causati dall’imposizione di soglie elevate per il numero minimo di soci o per la quantità di risorse finanziarie richieste per creare nuove imprese cooperative. Inoltre, specialmente in quei paesi dove le cooperative sono ancora classificate come entità non-imprenditoriali, esistono limitazioni agli obiettivi che esse possono perseguire e ai tipi di operazioni commerciali che possono effettuare.
La scarsa considerazione nella quale sono generalmente tenute le cooperative ha indotto alcuni legislatori nazionali a permettere, o addirittura favorire, la demutualizzazione delle cooperative. Questo è accaduto, per esempio, dove la legge ha permesso la trasformazione delle società di mutuo soccorso e delle cooperative in imprese for-profit, con il conseguente rischio che le scelte di trasformazione siano state determinate da comportamenti opportunistici di alcuni soci o da una dirigenza interessata principalmente a ottenere il controllo del patrimonio accumulato dalle cooperative stesse.


3.2 Una regolazione inadeguata dei mercati

Le cooperative possono essere ostacolate nella loro capacità di sfruttare appieno i propri vantaggi competitivi dalla regolazione dei mercati in cui operano. Mentre in alcuni casi questa è neutrale o addirittura favorevole alle cooperative, in altri essa può limitare lo sviluppo delle cooperative stesse. La Conferenza di Euricse ha evidenziato alcuni esempi di regolazione del mercato che hanno effetti negativi sullo sviluppo delle cooperative.

Quando è progettata senza tenere conto delle specificità delle diverse forme di impresa, la regolazione dei mercati finanziari può impedire lo sviluppo delle cooperative di credito. Gli standard internazionali di contabilità e le regole finanziarie internazionali, come nel caso degli Accordi di Basilea, limitano lo sviluppo e la crescita delle cooperative quando impongono regimi di capitalizzazione, sistemi di gestione della liquidità e meccanismi di governance che non tengono conto delle specificità del modello cooperativo (Grillo, 2012). L’incapacità di riconoscere la specifica natura delle cooperative può causare costi di regolazione sproporzionati e ridurre l’accesso al credito da parte delle piccole imprese e delle famiglie (Ferri, 2012).

Analogamente, nel settore dei servizi pubblici le autorità antitrust, nel cercare di difendere i consumatori dall’eccesso di potere del mercato, possono finire per imporre regole e vincoli che causano inutili costi aggiuntivi alle imprese cooperative. Questo accade perché le regole sono definite avendo come unico riferimento le imprese di capitali.
Quando le cooperative sono coinvolte, alcuni di questi vincoli di regolazione risultano ridondanti e generano costi non giustificati, in quanto i consumatori sono già tutelati dalla natura stessa della proprietà cooperativa.
Una situazione simile si verifica nel settore dei servizi d’interesse generale, nel quale le cooperative possono essere danneggiate da procedure basate su criteri che non considerano le differenze intrinseche tra imprese cooperative e imprese di proprietà degli investitori.

sabato 6 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (5^parte)


2.4 Il valore sociale delle cooperative


Fin dalla loro nascita, le cooperative sono state non solo istituzioni economiche, ma anche attori sociali, esplicitamente impegnati nell’affrontare i problemi delle comunità locali e di gruppi di soggetti che si trovavano in uno stato di bisogno.



Questo ruolo sociale delle cooperative è stato spesso evidenziato, ma raramente è stato analizzato in modo sistematico.
L’impatto sociale delle cooperative è più di una funzione aggiuntiva o di un’esternalità positiva: si tratta di un valore che viene generato volontariamente ed è parte integrante della loro attività.
Tuttavia, l’impatto sociale positivo generato dalle cooperative varia in base al tipo di cooperativa, al contesto e alla fase storica.

Accanto alle specificità regionali e settoriali, va innanzitutto ricordato che le cooperative hanno spesso costituito una risposta istituzionale a situazioni estreme di bisogno che minacciavano la vita delle persone, e dunque che le cooperative frequentemente si sono formate grazie all’azione congiunta di gruppi sociali che condividevano un’identità collettiva (Defourny e Nyssens, 2012). Il focus delle prime cooperative differiva in relazione alla natura del gruppo di riferimento coinvolto: nel Regno Unito erano i consumatori; in Francia gli artigiani; in Germania gli agricoltori, gli artigiani urbani e i commercianti (Münkner, 2012). Per Raiffeisen, la funzione sociale delle cooperative rimandava all’idea di un cristianesimo di azione, per Schulze-Delitzsch al principio di contare sulle proprie forze, per i Pionieri di Rochdale all’aspirazione all’emancipazione dei lavoratori e, infine, per Victor Huber al tema dell’autodidattica attiva.

Testimonianze storiche dimostrano che rispetto alle imprese di proprietà degli investitori le soluzioni cooperative sono più inclusive e più orientate a perseguire obiettivi d’interesse generale, con un impatto positivo sul benessere collettivo. Le cooperative di credito puntano spesso ad affrontare il problema dell’esclusione finanziaria; le cooperative di consumo garantiscono spesso l’approvvigionamento di beni di prima necessità, assicurando così la sopravvivenza di intere famiglie; le cooperative agricole sono il principale strumento istituzionale attraverso cui gli agricoltori rispondono al potere di mercato detenuto dalla grande distribuzione organizzata e cercano così di mantenere il loro ruolo di produttori indipendenti e di proteggere le economie locali. Se le prime iniziative cooperative erano fortemente radicate in una “coscienza collettiva” orientata a migliorare il benessere delle comunità (Defourny e Nyssens, 2012), nel corso degli anni esse si sono fortemente differenziate in base al paese e al settore nel quale operano. Nei paesi dove i mercati sono più sviluppati, le cooperative hanno attenuato il loro impegno sociale e in alcuni casi si sono evolute in forme imprenditoriali che differiscono dalle imprese di capitali solamente per il diverso modo in cui sono assegnati i diritti di proprietà, piuttosto che in virtù delle loro finalità sociali. In altre aree, al contrario, le cooperative si sono evolute in imprese più orientate verso la comunità, intesa del significato più ampio del termine.
Negli ultimi decenni sono stati creati nuovi tipi di cooperative con un obiettivo sociale esplicito, e molti di essi operano in nuovi settori di attività. Molte nuove cooperative, per esempio, rispondono al bisogno di promuovere la giustizia sociale, proteggere l’ambiente e favorire l’integrazione sociale e professionale di persone svantaggiate. In queste cooperative, i benefici collettivi non si riducono semplicemente al valore economico prodotto, ma rappresentano un modo fondamentale per motivare i soci a impegnarsi nell’attività (Defourny e Nyssens, 2012).

La “Dichiarazione dei principi e dell’identità cooperativa”, adottata dall’ICA nel 1995, ha introdotto un settimo principio, l’“interesse per la comunità”, che articola e dà nuova vita alla dimensione sociale dei vari tipi di cooperative (MacPherson, 2012).
L’inserimento di questo principio è stato deciso per contrastare la tendenza delle cooperative a enfatizzare esclusivamente i benefici economici per i propri soci, attraverso la distribuzione degli utili in proporzione alla loro partecipazione, più che l’impatto sociale. Confermando il collegamento tra la cooperativa e la sua comunità, questo principio ne mette in evidenza due caratteristiche distintive: l’attenzione delle cooperative alle conseguenze sociali delle loro azioni e la loro responsabilità nel prendersi cura delle comunità nelle quali operano. L’impegno
delle cooperative verso la comunità genera vantaggi competitivi, com’è dimostrato dall’esperienza delle cooperative di credito che devono la loro forza al radicamento locale e al coinvolgimento nella comunità. Inoltre, considerati gli obiettivi delle cooperative e le loro forme di governance partecipate, esse hanno una capacità intrinseca di rispondere alle nuove sfide delle comunità attraverso la creazione di nuove imprese in un’ampia gamma di settori (MacPherson, 2012).


L’orientamento sociale delle cooperative genera numerosi effetti benefici.
In primo luogo, grazie al loro radicamento nelle comunità – che è facilitato dalla partecipazione di una pluralità di soggetti, compresi i soci, i beneficiari e i lavoratori – le cooperative contribuiscono a far crescere il capitale sociale e a rafforzare le relazioni fiduciarie. Le cooperative, quindi, possono essere considerate strumenti efficaci per sviluppare comportamenti civici che, a loro volta, generano virtù sociali (Dasgupta, 2012). L’influenza positiva che le cooperative hanno sulla coesione sociale scaturisce dalla loro capacità di istituzionalizzare regole che garantiscono la realizzazione di transazioni reciprocamente vantaggiose. Le cooperative fondano la loro attività sul principio di reciprocità che scaturisce dall’interdipendenza delle utilità dei soci, così che essi tendono ad avere una disposizione pro-sociale poiché condividono un obiettivo comune (che spesso coincide con il bene comune). Inoltre, poiché le cooperative incentivano i propri soci a mantenere gli impegni presi, esse possono essere considerate delle istituzioni che traducono in uno specifico contratto l’accordo informale fra persone che mettono in comune le proprie risorse. Le cooperative, quindi, possono essere considerate un “tutore” esterno di comportamenti socialmente orientati (Dasgupta, 2012).

In secondo luogo, attraverso la tutela dei redditi e dei posti di lavoro, le cooperative aiutano a risolvere molti problemi che altrimenti ricadrebbero sotto la responsabilità delle politiche pubbliche. Le cooperative hanno dimostrato, meglio delle imprese di capitali, capacità di creare e garantire posti di lavoro anche in condizioni di mercato difficili. In alcuni paesi, le acquisizioni da parte dei lavoratori dell’impresa nella quale lavorano aumentano quando si presenta il rischio di perdere il lavoro. Come hanno dimostrato recenti esperienze in diversi paesi, le cooperative possono salvare posti di lavoro, quando si verifica una crisi profonda (Pérotin, 2012). Vi è una crescente e diffusa consapevolezza che la disoccupazione abbia effetti più estesi delle sole conseguenze economiche, in particolare sulla salute delle persone. Se le cooperative di lavoro creano o preservano i posti di lavoro, gli effetti positivi si registrano, quindi, anche sulla spesa pubblica e sulla salute dei lavoratori. Inoltre, quando le cooperative integrano l’offerta pubblica dei servizi di welfare fornendo nuovi servizi che ne colmano le lacune, esse creano al tempo stesso anche nuovi posti di lavoro.

In terzo luogo, le cooperative non si limitano a creare generiche opportunità di lavoro; esse spesso privilegiano i lavoratori svantaggiati, esclusi, o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. In alcuni paesi, le cooperative privilegiano esplicitamente i lavoratori discriminati dalle imprese di proprietà degli investitori e forniscono loro un’adeguata formazione on-the-job per aiutarli a superare gli svantaggi che li condizionano (Defourny e Nyssens, 2012).
I benefici sociali generati dalle cooperative sono raramente presi in considerazione dalle analisi d’impatto che mettono a confronto le performance dei diversi tipi di imprese, poiché queste analisi sono generalmente condotte in base a criteri di pura efficienza. La maggior parte di questi confronti sono quindi sbilanciati a favore delle imprese di capitali, poiché non considerano né gli scopi sociali, né i benefici intrinseci derivanti dalla natura dell’impresa cooperativa e neppure i benefici collettivi che essa genera. Questo approccio non solo è viziato da un punto di vista epistemologico, ma è anche incapace di sviluppare politiche adeguate (S. Zamagni, 2012).

venerdì 5 luglio 2013

TED - Ernesto Sirolli - Imprenditorialità e soluzioni

Interessante intervento di Ernesto Sirolli sul palco di TED. Oltre a raccontare la sua esperienza personale in Africa, all'interno di programmi internazionali di aiuto, Sirolli parla delle conoscenze acquisite sullo sviluppo e la nascita di imprese di successo. Imprese che oltre a realizzare le passioni di chi le fonda portano innovazione e sviluppo all'interno delle comunità d'appartenenza.

Buona visione



Seconda parte del video

giovedì 4 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (4^ parte)

2.3 L’impatto economico delle cooperative




Com'è stato evidenziato da diversi relatori nel corso della Conferenza, la stima dell’impatto economico delle cooperative deve essere estesa oltre i soli parametri strettamente quantitativi. Per comprendere meglio il ruolo delle cooperative, è necessario cioè prestare attenzione anche al contributo che queste istituzioni offrono al funzionamento generale dei sistemi economici.

Le cooperative contribuiscono infatti al funzionamento dei sistemi economici in almeno cinque modi. Innanzitutto, esse svolgono un ruolo tutt’altro che marginale nella riduzione dei fallimenti del mercato, migliorando così il funzionamento del sistema economico e il benessere di una grande quantità di persone (Hansmann, 1996).
Questo contributo deriva dal differente tipo di proprietà e di governance che caratterizza le cooperative. La coesistenza di una pluralità di forme di impresa, con strutture proprietarie e obiettivi diversi, contribuisce a migliorare la competitività dei mercati, che a sua volta aumenta la varietà delle scelte offerte ai consumatori, aiuta a prevenire la formazione di monopoli, abbassa i prezzi, offre opportunità di innovazione, e riduce le asimmetrie informative.

In secondo luogo, le cooperative svolgono un ruolo chiave nella stabilizzazione dell’economia, specialmente nei settori caratterizzati da elevata incertezza e volatilità dei prezzi, come il credito e l’agricoltura.
Banche cooperative e credit unions sono un fattore di stabilizzazione del sistema bancario (Birchall, 2012). Come dimostrano le testimonianze storiche, il ruolo stabilizzatore delle cooperative è fondamentale durante i periodi di crisi. Inoltre, la presenza delle cooperative migliora la capacità delle società di rispondere all’incertezza associata alle trasformazioni economiche.

In terzo luogo, le cooperative contribuiscono a mantenere la produzione di beni e servizi vicina ai bisogni delle persone che esse servono. Le cooperative forniscono beni e servizi, spesso innovativi, in grado di soddisfare specifici bisogni dei loro soci piuttosto che rispondere alla logica della massimizzazione del profitto. Le cooperative, inoltre, spesso producono beni e servizi a redditività bassa o incerta, se non addirittura negativa, che le imprese di proprietà degli investitori non hanno interesse a produrre e che le autorità pubbliche non sono in grado di fornire. Tra i servizi con una redditività bassa o negativa sono compresi quelli sociali, sanitari, educativi, nonché altri servizi alla persona e alla comunità. In caso di redditività negativa, le cooperative possono raggiungere il punto di pareggio grazie alla loro capacità di attrarre risorse da fonti diverse – come il lavoro volontario e le donazioni – o attraverso politiche di discriminazione del prezzo.
L’esperienza delle cooperative dimostra che il lavoro volontario e le donazioni sono particolarmente importanti specie nella fase di avvio dell’impresa. Questo vale per tutti i tipi di cooperative ed è indipendente dall’ambiente in cui operano.

In quarto luogo, le cooperative tendono a porsi in una prospettiva di lungo periodo, in quanto assumono il ruolo di strutture produttive per le comunità nelle quali operano e, in genere, si preoccupano anche del benessere delle generazioni future.
Coerentemente con il terzo principio dell’ICA riguardante la partecipazione economica dei soci, numerosi statuti di cooperative destinano una parte del surplus prodotto a un fondo di riserva collettivo e indivisibile, che non appartiene ai singoli soci ma deve essere utilizzato a vantaggio di tutti, comprese le future generazioni. In alcuni paesi, la prospettiva di lungo periodo delle cooperative è rafforzata da leggi che le obbligano a trasferire parte del loro surplus annuale a un fondo indivisibile; questo significa che parte dei loro profitti e l’intero patrimonio devono essere usati per promuovere gli interessi della comunità.

In quinto luogo, le cooperative contribuiscono a una più equa distribuzione del reddito. Dal momento che le cooperative sono nate per soddisfare i bisogni dei loro soci, e non per accumulare e distribuire profitti ai loro proprietari, esse tendono più delle altre imprese a ridistribuire le loro risorse a favore dei lavoratori, aumentando i salari o l’occupazione, o dei consumatori, facendo pagare loro prezzi più bassi.

martedì 2 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (3^parte)

2.2 Le dimensioni del settore cooperativo



Per comprendere il ruolo effettivo e le reali potenzialità delle imprese cooperative è quindi necessario innanzitutto quantificare in modo realistico la dimensione complessiva del settore. Dalle informazioni a disposizione, pur frammentate, risulta evidente che le cooperative giocano un ruolo economico significativo.

Le Nazioni Unite hanno stimato che la vita di quasi 3 miliardi di persone – ovvero, metà della popolazione mondiale – è resa più sicura grazie alle imprese cooperative (ICA , 2012).
Nel mondo il numero dei soci di cooperative è tre volte maggiore di quello degli azionisti di imprese di capitali, e nei BRIC – paesi in rapida crescita economica – i soci delle cooperative sono quattro volte più numerosi dei possessori di azioni (Mayo, 2012). L’appartenenza ad almeno una cooperativa coinvolge, a livello globale, tra gli 800 milioni (ICA , 2012) e il miliardo di persone (Worldwatch Institute, 2012). Secondo l’ICA , le cooperative sono attive in tutti i paesi del modo e la loro importanza è particolarmente significativa nelle comunità più povere.

Com’è stato evidenziato dai contributi presentati alla conferenza di Euricse, la presenza delle cooperative è oggi particolarmente rilevante in diversi settori.
In Europa, le cooperative agricole hanno una quota complessiva di mercato pari a circa il 60%, per quanto riguarda la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, e a circa il 50% per quanto riguarda la fornitura di materie prime. Negli Stati Uniti, le cooperative agricole hanno una quota di mercato di circa il 28% nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e di circa il 26% nella fornitura di materie prime (Valentinov et al., 2012).

Nel mondo, operano circa 53.000 cooperative di credito. In Europa, le banche di credito cooperativo sono circa 4.200, con 63.000 sportelli. Queste banche hanno 50 milioni di soci (circa il 10% della popolazione del continente), 181 milioni di clienti, un patrimonio di 5,65 miliardi di Euro, una quota di mercato media del 20% circa, e occupano 780.000 persone (V. Zamagni, 2012).

Nel settore della vendita al dettaglio, 3.200 cooperative di consumo danno lavoro, solo in Europa, a 400.000 persone e hanno 29 milioni di soci, 36.000 punti vendita e 73 miliardi di Euro di fatturato.
Per quanto riguarda i servizi di pubblica utilità, la presenza di cooperative è piuttosto importante negli Stati Uniti, dove circa 1.000 cooperative elettriche controllano il 40% della rete nazionale di distribuzione dell’elettricità, coprendo il 75% del territorio nazionale e servendo 37 milioni di soci e relative famiglie (V. Zamagni, 2012). Le cooperative svolgono inoltre un ruolo importante nella gestione delle risorse idriche in Argentina e in Bolivia, dove una sola grande cooperativa che gestisce i servizi idrici urbani serve circa 700.000 clienti (Mori, 2012).

I lavoratori hanno organizzato cooperative in numerosi settori. In Italia, ci sono più di 25.000 cooperative di lavoro (Pérotin, 2012). In Spagna, delle circa 14.000 nuove cooperative create tra il 1998 e il 2008, il 75% sono cooperative di lavoro (Díaz-Foncea, 2012). La distribuzione settoriale di queste cooperative tende a variare da un paese all’altro: in Francia, le cooperative di lavoro sono numerose nella manifattura e nelle costruzioni, mentre nei servizi la loro numerosità è minore; in Uruguay, invece, è vero il contrario, poiché la quota più bassa si riscontra nella manifattura, e quella più alta nei trasporti e nei servizi (Pérotin, 2012).

Secondo l’International Cooperative and Mutual Insurance Federation, nel 2008 il 25% del mercato mondiale delle assicurazioni era di tipo cooperativo, con percentuali particolarmente alte in Germania (44%), in Francia (39%), in Giappone (38%), negli Stati Uniti e in Canada, entrambi con il 30% (V. Zamagni, 2012).

Le cooperative sociali, che sono diffuse soprattutto in alcuni paesi europei e in Canada, rappresentano una nuova forma di impresa cooperativa che punta in modo esplicito a migliorare il benessere collettivo. Per le sue caratteristiche, la cooperativa sociale si colloca tra la cooperativa tradizionale e l’organizzazione non-profit, e in generale combina il coinvolgimento di una pluralità di soggetti portatori di interessi (i soci della cooperativa) con il perseguimento di obiettivi di interesse generale. In Italia, dove questo tipo di cooperativa è più sviluppato, nel corso degli ultimi due decenni le cooperative sociali sono diventate i principali produttori di servizi di welfare. Da quando sono state istituite, le cooperative sociali italiane hanno registrato un tasso di crescita medio annuo compreso fra il 10% e il 20%. Nel 2008, erano registrate 13.938 cooperative sociali che occupavano circa 350.000 lavoratori, utilizzavano 5.000 volontari e servivano 4,5 milioni di utenti (Andreaus et al., 2012).

In contrasto con l’opinione comune, che le considera organizzazioni di nicchia, i dati dimostrano che le cooperative sono presenti in un’ampia gamma di settori. Inoltre, in alcuni paesi esse sono più grandi (per numero di occupati) delle imprese convenzionali e, talvolta, possono anche essere più capitalizzate. Recenti studi empirici mostrano, inoltre, che nelle cooperative i livelli di occupazione sono più stabili che nelle imprese di capitali: mentre le imprese di capitali tendono a variare i livelli di occupazione, le cooperative (soprattutto quelle di lavoro) fanno variare i salari, salvaguardando i posti di lavoro (Pérotin, 2012).

Riassumendo, il contributo delle cooperative al reddito e all’occupazione è, in generale, importante, anche se non omogeneo. Nonostante la crisi e il processo di demutualizzazione che ha spinto, negli ultimi due decenni, molte cooperative a trasformarsi in imprese di capitali, il numero complessivo delle cooperative non sembra essere diminuito.