sabato 6 luglio 2013

Uscire dalla crisi: la soluzione cooperativa (5^parte)


2.4 Il valore sociale delle cooperative


Fin dalla loro nascita, le cooperative sono state non solo istituzioni economiche, ma anche attori sociali, esplicitamente impegnati nell’affrontare i problemi delle comunità locali e di gruppi di soggetti che si trovavano in uno stato di bisogno.



Questo ruolo sociale delle cooperative è stato spesso evidenziato, ma raramente è stato analizzato in modo sistematico.
L’impatto sociale delle cooperative è più di una funzione aggiuntiva o di un’esternalità positiva: si tratta di un valore che viene generato volontariamente ed è parte integrante della loro attività.
Tuttavia, l’impatto sociale positivo generato dalle cooperative varia in base al tipo di cooperativa, al contesto e alla fase storica.

Accanto alle specificità regionali e settoriali, va innanzitutto ricordato che le cooperative hanno spesso costituito una risposta istituzionale a situazioni estreme di bisogno che minacciavano la vita delle persone, e dunque che le cooperative frequentemente si sono formate grazie all’azione congiunta di gruppi sociali che condividevano un’identità collettiva (Defourny e Nyssens, 2012). Il focus delle prime cooperative differiva in relazione alla natura del gruppo di riferimento coinvolto: nel Regno Unito erano i consumatori; in Francia gli artigiani; in Germania gli agricoltori, gli artigiani urbani e i commercianti (Münkner, 2012). Per Raiffeisen, la funzione sociale delle cooperative rimandava all’idea di un cristianesimo di azione, per Schulze-Delitzsch al principio di contare sulle proprie forze, per i Pionieri di Rochdale all’aspirazione all’emancipazione dei lavoratori e, infine, per Victor Huber al tema dell’autodidattica attiva.

Testimonianze storiche dimostrano che rispetto alle imprese di proprietà degli investitori le soluzioni cooperative sono più inclusive e più orientate a perseguire obiettivi d’interesse generale, con un impatto positivo sul benessere collettivo. Le cooperative di credito puntano spesso ad affrontare il problema dell’esclusione finanziaria; le cooperative di consumo garantiscono spesso l’approvvigionamento di beni di prima necessità, assicurando così la sopravvivenza di intere famiglie; le cooperative agricole sono il principale strumento istituzionale attraverso cui gli agricoltori rispondono al potere di mercato detenuto dalla grande distribuzione organizzata e cercano così di mantenere il loro ruolo di produttori indipendenti e di proteggere le economie locali. Se le prime iniziative cooperative erano fortemente radicate in una “coscienza collettiva” orientata a migliorare il benessere delle comunità (Defourny e Nyssens, 2012), nel corso degli anni esse si sono fortemente differenziate in base al paese e al settore nel quale operano. Nei paesi dove i mercati sono più sviluppati, le cooperative hanno attenuato il loro impegno sociale e in alcuni casi si sono evolute in forme imprenditoriali che differiscono dalle imprese di capitali solamente per il diverso modo in cui sono assegnati i diritti di proprietà, piuttosto che in virtù delle loro finalità sociali. In altre aree, al contrario, le cooperative si sono evolute in imprese più orientate verso la comunità, intesa del significato più ampio del termine.
Negli ultimi decenni sono stati creati nuovi tipi di cooperative con un obiettivo sociale esplicito, e molti di essi operano in nuovi settori di attività. Molte nuove cooperative, per esempio, rispondono al bisogno di promuovere la giustizia sociale, proteggere l’ambiente e favorire l’integrazione sociale e professionale di persone svantaggiate. In queste cooperative, i benefici collettivi non si riducono semplicemente al valore economico prodotto, ma rappresentano un modo fondamentale per motivare i soci a impegnarsi nell’attività (Defourny e Nyssens, 2012).

La “Dichiarazione dei principi e dell’identità cooperativa”, adottata dall’ICA nel 1995, ha introdotto un settimo principio, l’“interesse per la comunità”, che articola e dà nuova vita alla dimensione sociale dei vari tipi di cooperative (MacPherson, 2012).
L’inserimento di questo principio è stato deciso per contrastare la tendenza delle cooperative a enfatizzare esclusivamente i benefici economici per i propri soci, attraverso la distribuzione degli utili in proporzione alla loro partecipazione, più che l’impatto sociale. Confermando il collegamento tra la cooperativa e la sua comunità, questo principio ne mette in evidenza due caratteristiche distintive: l’attenzione delle cooperative alle conseguenze sociali delle loro azioni e la loro responsabilità nel prendersi cura delle comunità nelle quali operano. L’impegno
delle cooperative verso la comunità genera vantaggi competitivi, com’è dimostrato dall’esperienza delle cooperative di credito che devono la loro forza al radicamento locale e al coinvolgimento nella comunità. Inoltre, considerati gli obiettivi delle cooperative e le loro forme di governance partecipate, esse hanno una capacità intrinseca di rispondere alle nuove sfide delle comunità attraverso la creazione di nuove imprese in un’ampia gamma di settori (MacPherson, 2012).


L’orientamento sociale delle cooperative genera numerosi effetti benefici.
In primo luogo, grazie al loro radicamento nelle comunità – che è facilitato dalla partecipazione di una pluralità di soggetti, compresi i soci, i beneficiari e i lavoratori – le cooperative contribuiscono a far crescere il capitale sociale e a rafforzare le relazioni fiduciarie. Le cooperative, quindi, possono essere considerate strumenti efficaci per sviluppare comportamenti civici che, a loro volta, generano virtù sociali (Dasgupta, 2012). L’influenza positiva che le cooperative hanno sulla coesione sociale scaturisce dalla loro capacità di istituzionalizzare regole che garantiscono la realizzazione di transazioni reciprocamente vantaggiose. Le cooperative fondano la loro attività sul principio di reciprocità che scaturisce dall’interdipendenza delle utilità dei soci, così che essi tendono ad avere una disposizione pro-sociale poiché condividono un obiettivo comune (che spesso coincide con il bene comune). Inoltre, poiché le cooperative incentivano i propri soci a mantenere gli impegni presi, esse possono essere considerate delle istituzioni che traducono in uno specifico contratto l’accordo informale fra persone che mettono in comune le proprie risorse. Le cooperative, quindi, possono essere considerate un “tutore” esterno di comportamenti socialmente orientati (Dasgupta, 2012).

In secondo luogo, attraverso la tutela dei redditi e dei posti di lavoro, le cooperative aiutano a risolvere molti problemi che altrimenti ricadrebbero sotto la responsabilità delle politiche pubbliche. Le cooperative hanno dimostrato, meglio delle imprese di capitali, capacità di creare e garantire posti di lavoro anche in condizioni di mercato difficili. In alcuni paesi, le acquisizioni da parte dei lavoratori dell’impresa nella quale lavorano aumentano quando si presenta il rischio di perdere il lavoro. Come hanno dimostrato recenti esperienze in diversi paesi, le cooperative possono salvare posti di lavoro, quando si verifica una crisi profonda (Pérotin, 2012). Vi è una crescente e diffusa consapevolezza che la disoccupazione abbia effetti più estesi delle sole conseguenze economiche, in particolare sulla salute delle persone. Se le cooperative di lavoro creano o preservano i posti di lavoro, gli effetti positivi si registrano, quindi, anche sulla spesa pubblica e sulla salute dei lavoratori. Inoltre, quando le cooperative integrano l’offerta pubblica dei servizi di welfare fornendo nuovi servizi che ne colmano le lacune, esse creano al tempo stesso anche nuovi posti di lavoro.

In terzo luogo, le cooperative non si limitano a creare generiche opportunità di lavoro; esse spesso privilegiano i lavoratori svantaggiati, esclusi, o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. In alcuni paesi, le cooperative privilegiano esplicitamente i lavoratori discriminati dalle imprese di proprietà degli investitori e forniscono loro un’adeguata formazione on-the-job per aiutarli a superare gli svantaggi che li condizionano (Defourny e Nyssens, 2012).
I benefici sociali generati dalle cooperative sono raramente presi in considerazione dalle analisi d’impatto che mettono a confronto le performance dei diversi tipi di imprese, poiché queste analisi sono generalmente condotte in base a criteri di pura efficienza. La maggior parte di questi confronti sono quindi sbilanciati a favore delle imprese di capitali, poiché non considerano né gli scopi sociali, né i benefici intrinseci derivanti dalla natura dell’impresa cooperativa e neppure i benefici collettivi che essa genera. Questo approccio non solo è viziato da un punto di vista epistemologico, ma è anche incapace di sviluppare politiche adeguate (S. Zamagni, 2012).

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