venerdì 14 dicembre 2012

Fisica Quantistica e Biologia - Emilio del Giudice

Emilio del Giudice interviene in occasione della conferenza "Soffocare. Strategie per la sopravvivenza".
Nel suo intervento offre nuove prospettive, derivanti dalla fisica quantistica, sull'organismo vivente e il suo funzionamento.
In conclusione si comprende come, anche dal punto di vista della fisica, il futuro dell'economia sia la cooperazione...


domenica 9 dicembre 2012

Non si deleghi all’industria l’educazione alimentare

Il ministero di Istruzione, università e ricerca aderisce a un programma di formazione nelle classi gestito dai big della produzione di alimenti. “Le strade giuste sono altre”, indica il celebre oncologo dell’Istituto dei tumori Franco Berrino

L’accordo è fresco: dall’anno scolastico 2012-2013 è attivo il programma di educazione alimentare Il gusto fa scuola, promosso da Federalimentare con l’avallo del Miur, Ministero di Istruzione, università e ricerca,tramite un protocollo d’intesa firmato lo scorso 25 luglio dal ministro Francesco Profumo e il presidente della Federazione italiana dell’industria alimentare Filippo Ferrua Magliani. In tutto sono coinvolti 77mila scuole, per 1,6 milioni di alunni: nel sito web collegato all’iniziativa, tra le varie sezioni si possono trovare informazioni utili su salute e stili di vita, sostenibilità alimentare e alcuni consigli ai giovani per mantenersi in forma. “Ma è sbagliato delegare all’industria l’educazione alimentare”, interviene l’oncologo Franco Berrino, già direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e noto a livello internazionale per le sue linee guida per una corretta dieta anti-cancro. Mercoledì 5 dicembre 2012 a Milano, in una serata dedicata proprio al tema nutrizione a scuola chiamata ‘Dalla parte dei bambini’, Berrino ha parlato davanti a 300 persone e altrettante collegate in streaming.

Perché il Miur è arrivato a stringere un accordo di collaborazione di formazione scolastica sul cibo proprio con l’industria alimentare?

Principalmente per ignoranza, nel senso che al ministero sembra non conoscano i tanti studi in materia su quanto sia controproducente delegare all’industria alimentare un tema importante come l’educazione scolastica, dato che molti cibi del settore sono scorretti per una sana dieta, in particolare nell’età scolastica. È un tema politico prima di tutto, quindi: il ministero dovrebbe affidarsi ad altri attori.

Quali, per esempio?
Una soluzione che noi raccomandiamo è riconoscere il valore educativo generato dalla diffusione dei Gas, Gruppi di acquisto solidale, e in generale di tutte quelle esperienze che facilitano il rapporto diretto con il produttore in carne ed ossa (una delle esperienze attive in tal senso è ‘Per una pedagogia della terra’, in alto a destra il link all’articolo, ndr) . Dico questo nella logica che bisogna uscire dall’imperialismo pubblicitario del mercato delle multinazionali del cibo, dei supermercati e della mentalità da fast food: si facciano conoscere agli studenti i cibi veri, è questa la strada che consigliamo al ministero, per difenderli dall’aggressione mediatica.

L’industria promuove comunque azioni di prevenzione alimentare. Non è pensabile una collaborazione?
Certo che lo è, così come è nell’interesse dei grandi marchi produrre cibi sani o fare informazione per un consumo responsabile, si vedano per esempio le azioni di Rio mare o Nestlé in vista di Expo 2015. Però già il punto di partenza è difficile, perché il cibo spazzatura rende di più a livello economico, quindi scegliere strade alternative per loro rientra comunque in una logica di mercato, quella della vendita dei prodotti.

Dal punto di vista della scuola, quali azioni si possono mettere in campo?
Per quanto riguarda il programma in questione, se il ministero ha deciso così, si possono però mettere in guardia presidi, insegnanti e genitori sui rischi di una tale collaborazione e sull’opportunità di evitare ingerenze dannose. Hanno buon gioco le aziende interessate a dire ‘non mangiate più di due merendine al giorno’ oppure ‘non bevete più di due coche al giorno’, perché l’importante per loro è il consumo medio, ovvero che tutti ne consumino un po’. Riguardo a questo, noi continueremo a lavorare per aumentare la coscienza generale e raccomandare l’utilizzo di prodotti alimentari non dannosi per la salute.

Oggi la crisi morde e le famiglie diminuiscono la spesa per il cibo. C’è il pericolo che guardino ancora di meno alla genuinità di quello che comprano?
Per evitare questo la raccomandazione è affidarsi a una dieta prevalentemente vegetale, che comunque non pesa in modo eccessivo sulle famiglie e permette di stare bene. Intendo prodotti semplici come farro, orso, riso, legumi e cibi a base di grano. Inoltre oggi il biologico è arrivato a un buon grado di competitività e quindi va scelto, anziché lasciarsi vincere dal cibo spazzatura.



Tratto da: http://www.vita.it/societa/scuola/non-si-deleghi-all-industria-l-educazione-alimentare.html











mercoledì 5 dicembre 2012

Le cooperative battono la crisi: i dati del primo rapporto sulla cooperazione in Italia

Una straordinaria crescita occupazionale. L’occupazione nelle cooperative ha continuato a crescere anche nei primi nove mesi del 2012 (+2,8%), portando il numero degli addetti delle circa 80.000 imprese del settore a quota 1.341.000 (+36.000 rispetto all’anno precedente). Si conferma così un trend positivo e l’andamento anticiclico di questo segmento produttivo. Negli anni della crisi, tra il 2007 e il 2011, a fronte di un calo dell’1,2% dell’occupazione complessiva e del 2,3% nelle imprese, gli occupati nelle cooperative hanno registrato un aumento dell’8%. Le cooperative contribuiscono al 7,2% dell’occupazione creata dal sistema delle imprese in Italia. I settori in cui forniscono l’apporto più rilevante sono il terziario sociale (dove il 23,6% dei lavoratori è occupato in cooperative), in particolare il comparto sanità e assistenza sociale (49,7%), i trasporti e la logistica (24%), i servizi di supporto alle imprese (15,7%). Le cooperative presentano anche una struttura dimensionale più ampia rispetto alle imprese tradizionali: a fronte di una media di 3,5 addetti per impresa, le cooperative ne contano 17,3. È quanto emerge dal «1° Rapporto sulla cooperazione in Italia» realizzato dal Censis per l’Alleanza delle Cooperative Italiane.

QUI la sintesi dello studio.
QUI lo studio completo.

Bene le cooperative sociali, in difficoltà l’edilizia. A fare da traino alla crescita dell’occupazione sono state le cooperative sociali, che hanno registrato un vero e proprio boom di addetti nel periodo 2007-2011 (+17,3%), proseguito nell’ultimo anno (+4,3%). Anche l’ampia area del terziario (commercio e distribuzione, logistica e trasporti, credito, servizi alle imprese) ha registrato un +9,4% di occupati nel quadriennio della crisi e un +3,4% nel 2012. Il settore agricolo invece è rimasto sostanzialmente fermo nel quadriennio (+0,5%) ed è in forte affanno nell’ultimo anno (-3,8%). E non si arresta la crisi del comparto edile: -9,3% gli occupati nel periodo 2007-2011 e -1,6% nel 2012.

La reazione alla crisi. Il mondo della cooperazione è stato capace di reagire positivamente alla crisi, difendendo l’occupazione e cercando nuovi spazi di mercato. Secondo l’indagine del Censis, la maggioranza delle cooperative (il 40,2%) sta attraversando una fase stazionaria, il 24,6% vive un periodo di consolidamento, il 17,4% è in crescita e solo il 17,7% si trova in gravi difficoltà. Le più colpite dalla crisi sono le piccole cooperative, meno attrezzate per rispondere alla difficile congiuntura. Il 31% delle cooperative con meno di 10 addetti (contro il 14,6% di quelle con 10-19 addetti, il 10,5% di quelle con 20-49 addetti e l’8% di quelle con più di 50 addetti) si trova in una fase di ridimensionamento.

I ritardi della Pa, principale ostacolo allo sviluppo. Al primo posto tra le problematiche che hanno condizionato gli ultimi anni di attività delle cooperative ci sono i ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione (lo dichiara il 34,4% delle imprese), poi il calo della domanda (32,3%), i ritardi nei pagamenti da parte dei clienti privati (26%), il costo eccessivo di carburanti ed energia (24,9%).

Le previsioni per il 2013. La maggioranza delle cooperative si prepara ad affrontare il nuovo anno con la sensazione che si dovrà attendere ancora per arrivare a una effettiva ripresa. Gli obiettivi prioritari delle cooperative per l’immediato futuro vedono al primo posto la riduzione dei costi (41,2%) e l’accesso a nuovi mercati (35,3%).

Un settore a forte vocazione femminile. Le donne rappresentano il 52,2% dell’occupazione nelle cooperative e ricoprono il 29,1% dei posti nei consigli di amministrazione. Nel 17,9% delle cooperative più della metà degli occupati e dei consiglieri di amministrazione è costituita da donne. Le cooperative a prevalenza femminile sono presenti soprattutto nel sociale (51,2%) e nei servizi (30,9%).

Fiducia e radicamento nel territorio, valori fondanti. Tra i fattori di competitività indicati dalle cooperative c’è al primo posto il rapporto di fiducia con utenti e consumatori (64%), poi il forte radicamento nel territorio (48,5%), la qualità dei prodotti e servizi offerti (35,5%), il coinvolgimento delle risorse umane (32,8%). Forte è la rivendicazione di una cultura e una prassi aziendali diverse da quelle che ispirano l’azione delle imprese tradizionali, più attente al valore della persona e alle relazioni umane.

La persona al centro del modello d’impresa. Le cooperative riconoscono il valore delle proprie risorse umane – i soci – come elemento fondante della propria identità. Diverse sono le pratiche adottate per venire incontro alle esigenze dei lavoratori e per promuoverne la crescita professionale. La maggioranza delle cooperative (il 56%) è impegnata nel garantire un’organizzazione del lavoro flessibile che permetta autonomia e incentivi la responsabilizzazione, il 37% porta avanti programmi di promozione della crescita professionale dei giovani soci attraverso corsi di aggiornamento e promozioni di carriera, il 16,2% ha adottato misure volte a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per le donne (asili nido in azienda, banche delle ore), il 7,9% strumenti di welfare integrativo per i propri dipendenti (fondi pensionistici, sanità complementare), il 7,4% meccanismi di supporto per gli immigrati che lavorano nella cooperativa. È forte anche l’impegno per far crescere la cultura cooperativa: il 33,6% ha adottato misure per favorire una maggiore partecipazione dei soci alle assemblee (dislocazione in più sedi, orari favorevoli alle donne) e il 30,5% strumenti di formazione destinati ai soci.

Guardare oltre confine. Le cooperative sono generalmente poco orientate a operare sui mercati esteri: complessivamente, solo il 7,4% esporta e il 2,2% è impegnato in joint venture con imprese straniere. Il primato dell’internazionalizzazione spetta all’agroalimentare, dove il 26,3% delle cooperative è presente all’estero. Se il principale mercato di riferimento per chi opera all’estero è quello comunitario, si segnala una significativa presenza anche nei mercati extra Ue, in particolare Stati Uniti e Canada (il 19,4% delle cooperative presenti all’estero), Russia e Paesi dell’Est (15,7%), Corea e Giappone (12,2%), Cina (10,4%), Medio Oriente e Paesi del Golfo (10,4%), Nord Africa (10,3%). Il 12,9% delle cooperative che attualmente non sono presenti all’estero intende avviare nei prossimi anni iniziative oltre i confini nazionali.

La cooperazione, un modello innovativo per la ripresa. Il sistema delle cooperative ha dimostrato una buona capacità di tenuta di fronte alla crisi e ora può costituire per il Paese un valido modello di riferimento per la ripresa. Ne sono convinti i cooperatori: il contributo più importante che la cooperazione può dare è per il 30,3% il ruolo in termini di tenuta occupazionale, per il 26,1% la promozione di un modo di fare impresa diverso da quello tradizionale, più attento al valore della persona e della comunità, per il 19,1% lo sviluppo di modelli di gestione dei servizi più orientati alla partecipazione e alla responsabilizzazione degli utenti finali, per il 12% la tendenza a intervenire in settori nuovi in cui si concentrano maggiori possibilità di sviluppo, per il 10,6% la capacità di presidiare i settori in cui il ruolo pubblico tende a venire meno.


Questi sono i principali risultati del «1° Rapporto sulla cooperazione in Italia», realizzato dal Censis per l’Alleanza delle Cooperative Italiane, che è stato presentato oggi a Roma da Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis, e discusso da Luigi Marino, Presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, Giuliano Poletti e Rosario Altieri, Copresidenti dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, con le conclusioni di Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti.


Tratto da: http://cooperazioneintoscana.blogspot.it/2012/11/le-cooperative-battono-la-crisi-i-dati.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+GenereGenerazioniEGentiNellaCooperazioneToscana+%28Genere+Generazioni+e+Genti+nella+cooperazione+toscana%29

lunedì 3 dicembre 2012

«Il meglio dell’Italia deve lavorare con la cooperazione sociale»

«Il meglio dell’Italia può, anzi, deve lavorare con la cooperazione sociale», prima di pronunciare queste parole Santo Versace schiarisce la voce, solitamente roca. Ci tiene, e si vede, a ribadire il concetto. Questa mattina a Roma al Palazzo delle Cooperazione, Federsolidarietà-Confcooperative e la Fondazione Altagamma, l’organizzazione che riunisce le aziende dell’eccellenza italiana e i marchi più famosi sui mercati internazionali, hanno presentato un protocollo per promuovere progetti comuni.

«Un’iniziativa», spiega Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà-Confcooperative, «che nasce con l’obiettivo di favorire l’incontro e lo scambio tra il mondo della cooperazione sociale e il mondo delle imprese dei grandi marchi dell'alta qualità del made in Italy. Un’opportunità per coniugare l’eccellenza della qualità d’impresa e di prodotto, con il valore sociale e valorizzare le iniziative di welfare aziendale per il benessere delle persone occupate e delle loro famiglie»

Che la partnership abbia tutte le carte in regola per funzionare lo dimostrano le esperienze ormai consolidate che vedono lavorare fianco a fianco alcuni grandi marchi del made in Italy e le cooperative sociali.

In Calabria il consorzio cooperative Goel, attivo nella Locride, realizza capi sartoriali per lo stesso Versace, a Modena la cooperativa sociale di tipo B Alecrimwork realizza gadget ed eroga servizi alla Ferrari mentre a Trieste il consorzio cooperativo Arca gestisce l’asilo aziendale della Illycaffè.

«Questi», aggiunge Guerini, «sono solo alcuni degli esempi del percorso comune che imprese e cooperative sociali possono fare insieme. Questo protocollo deve essere per noi uno stimolo al miglioramento continuo, dall’eccellenza dell’imprenditoria italiana dobbiamo imparare a fare bene del bene».

mercoledì 28 novembre 2012

COME SI ESCE DALL'EURO? Intervista a Claudio Borghi


Insieme a Claudio Borghi, economista docente dell'Università Cattolica di Milano, giornalista e ex managing director di Deutsche Bank, cerchiamo di capire se uscire dall'Euro per l'Italia sia fattibile e, nella pratica, cosa succederebbe.


Tratto da: http://www.youtube.com/watch?v=fhzwE1oNA30

lunedì 26 novembre 2012

World Cooperative Monitor - 2012


Scarica il rapporto completo del "World Cooperative Monitor" 2012

Las trescientas cooperativas más importantes generan USD 2 billones

Trescientas de las cooperativas más importantes del mundo registran ingresos por USD 2 billones, según estadísticas de la Alianza Cooperativa Internacional.

En un estudio exhaustivo de los informes financieros presentados por cooperativas de todo el mundo durante 2010, la ACI y el Euricse –socio de la ACI en este estudio científico– descubrieron que las 300 cooperativas más grandes del mundo tuvieron ingresos por USD 1975,6 miles de millones, en comparación con los USD 1600 miles de millones que registró el informe Global300 del año anterior.

La información forma parte del nuevo Monitoreo Global de las Cooperativas, el informe que reemplaza a Global300 y que analiza el efecto más extenso de las cooperativas más importantes del mundo, presentado la semana pasada en Cooperativas Unidas.

De dicho monto, que abarca a 24 países, USD 977,20 mil millones corresponden a mutuales y cooperativas de seguros, mientras que USD 158,7 mil millones corresponden a cooperativas de servicios bancarios y financieros.

La cooperativa que alcanzó el mejor rendimiento fue la aseguradora Zenkyoren, que obtuvo ingresos totales por USD 70,70 mil millones. Zen-noh, la Federación Nacional de Cooperativas Agrícolas de Japón, ocupó el segundo lugar, con USD 60,88 mil millones, mientras que la cooperativa alemana de consumo Edeka Zentrale se posicionó tercera con USD 58,16 mil millones. En cuarto lugar quedó la aseguradora estadounidense State Farm Group con USD 56,87 mil millones; y la aseguradora japonesa Nippon Life alcanzó la quinta posición con USD 55,5 mil millones.

La base de datos consta de 2192 cooperativas situadas en 61 países. Las cooperativas no bancarias o de seguros tuvieron ingresos por $1155,1 miles de millones; las cooperativas bancarias registraron ingresos por $180,6 mil millones y las cooperativas de seguros, $1106,3 miles de millones.

Europa ostenta la mayor cantidad de cooperativas, con 1297; 560 informes corresponden a América, que fue seguida por Asia, con 156; Oceanía, con 151; y ocho en África.

El desglose de las cooperativas por sector es el siguiente: mutuales y cooperativas de seguros (28%), industrias agrícola y alimenticia (26%), consumo y comercio minorista (21%), industria y servicios públicos (7%), servicios bancarios y financieros (7%), otros servicios (4%), salud y atención social (3%), otros (3%) y otros (1%).

Charles Gould, Director General de la ACI, afirmó: “A lo largo de este año, la Alianza Cooperativa Internacional (ACI) ha fomentado y respaldado una gran cantidad de iniciativas. Al ser la voz de las cooperativas en el mundo, en la ACI llegamos a la conclusión de que el Año Internacional de las Cooperativas presentaba la oportunidad perfecta para recabar información sobre las cooperativas más grandes del mundo.

"Esta nueva información demuestra que las cooperativas no sólo tienen una escala sustancial, sino que, además, esa escala es sustentable aún de cara a condiciones económicas mundiales que resultan difíciles. Sobre todo, con ingresos anuales por USD 2 billones entre las 300 cooperativas más grandes del mundo, este sector no es un actor marginal sino que, por el contrario, representa una fuerza económica internacional de suma importancia.”

El informe contó con el respaldo de Crédit Coopératif, el Grupo Desjardins, la Indian Fertiliser Cooperative Limited (IFFCO), la Organisação das Cooperativas Brasileiras (OCB) y The Co-operative Group.

En 2005, la ACI creó Global300, una iniciativa que se propuso elaborar una lista de las 300 cooperativas y organizaciones mutuales más grandes del mundo. Con la incorporación del Instituto Europeo de Investigación sobre Cooperativas y Empresas Sociales (Euricse) en su calidad de socio técnico-científico, la nueva edición del informe de la ACI adquiere solidez metodológica. Con el fin de ampliar y otorgar mayor sustento científico al proyecto, el Euricse y la ACI han designado una comisión científica conformada por investigadores del Euricse y otros expertos internacionales con formación y habilidades diversas.

• Pulse aquí para ver el informe completo, con el desglose por sector. Para participar de futuras ediciones del informe, visite el sitio www.monitor.coop.

Fotografía: Mapa de la base de datos del Monitoreo Global de las Cooperativas


tratto da: http://2012.coop/es/media/news/las-trescientas-cooperativas-m%C3%A1s-importantes-generan-usd-2-billones

domenica 25 novembre 2012

Big Pharma: quello che l'industria farmaceutica non dice - TED

Cattive medicine era il titolo di copertina di Internazionale della settimana scorsa. Parla di quella che viene comunemente chiamata big pharma, la grande industria del farmaco che sta dietro la produzione dei medicinali. Un aspetto critico segnalato con forza da un epidemiologo inglese è il fatto che le case farmaceutiche non sono obbligate a pubblicare i dati negativi relativi alla sperimentazione di un farmaco. Autore di questa TED conference e protagonista dell'articolo di Internazionale è Ben Goldacre, un medico autore di libri di successo e del blog Bad Science. Da anni si batte affinchè tutti i dati sperimentali, anche quelli negativi, vengano pubblicati sulle riviste, pure quelli del passato che non hanno mai trovato spazio. Parafrasando il titolo della sua conferenza ho intitolato appunto Big Pharma: quello che l'industria farmaceutica non dice, con riferimento ai possibili risultati negativi che i ricercatori non pubblicano, perchè chi finanzia la ricerca vuole solo risultati positivi, perchè le riviste non li accettano e così via. Non vuole essere un generico atto di accusa contro l'industria farmaceutica ma solo un tentativo di comprendere. Un organismo vivente è una cosa molto complessa, faremmo un torto a quella complessità se ci volessero far credere che esistono solo risultati positivi.



tratto da: http://questionedelladecisione.blogspot.it/2012/11/big-pharma-quello-che-lindustria.html

sabato 24 novembre 2012

Per gli amici cooperatori toscani: Bando per Idee Cooperative

L’impresa cooperativa, per le sue caratteristiche di democraticità, di impresa mutualistica e solidaristica, orientata alla valorizzazione della persona, all'impegno sociale e civile, nonché all'integrazione di esperienze, di capacità e di saperi può rappresentare una strumento societario particolarmente adatto alle aspettative e alla realizzazione di idee imprenditoriali presentate da giovani.

Gli elementi di flessibilità organizzativa e di gestione (limitato capitale sociale iniziale, variabilità del capitale e della base sociale) tipici dell’impresa cooperativa, facilitano l’accesso all'esperienza imprenditoriale anche ai soggetti con ridotte disponibilità economiche iniziali.

La specificità del socio lavoratore, poi, promuove una nuova cultura del lavoro fondata sulla partecipazione, sull’eguaglianza, sulla responsabilizzazione, sulla collaborazione, sull'equità, contribuendo a sviluppare un nuovo protagonismo dei giovani.


In occasione dell’Anno Internazionale della Cooperazione (2012), il Movimento Cooperativo della Toscana, riunito nel coordinamento stabile dell’Alleanza Cooperative Italiane, con il patrocinio della Regione e con il contributo di Unioncamere Toscana, intende assumere un’ iniziativa che incoraggi i giovani a esprimere concretamente la loro adesione ai principi cooperativi.

In tale ambito le Associazioni regionali del Movimento cooperative Toscano (AGCI - Confcooperative - Legacoop) intendono PREMIARE IDEE IMPRENDITORIALI PROPOSTE DA GRUPPI di GIOVANI CHE PREVEDANO LA CREAZIONE DI UNA NUOVA IMPRESA IN FORMA COOPERATIVA.

Il progetto è coordinato da Confcooperative Toscana per conto del Coordinamento Toscano dell’Alleanza delle Cooperative ed è inserito nell’insieme di iniziative, chiamato “Genere, Generazioni e Genti nella cooperazione toscana”, pensate per celebrazione l’Anno Internazionale delle Cooperative.


1.OGGETTO DEL PREMIO
Il premio consiste:

1.1. Nella partecipazione ad un tirocinio ad indirizzo manageriale cooperativo di 6 mesi (sei mesi), presso un’impresa cooperativa qualificata, operante nel settore di interesse, da parte di un componente del gruppo proponente
1.2. Nell’assistenza alla predisposizione del business plan per la realizzazione della nuova impresa cooperativa ipotizzata
1.3. Nel collegamento della nuova impresa con la rete del sistema delle imprese cooperative, allo scopo di favorire lo sviluppo del core business e sfruttare tutte le possibili opportunità di mercato;
1.4. Nell’assistenza della nuova impresa per l’accesso al credito e la concessione di garanzie da parte Cooperfidi Italia;
1.5. Nell’assistenza alla nuova impresa per la richiesta di provvidenze finanziarie regionali;

L’assegnazione del tirocinio di cui al punto 1. comporta l’attribuzione da parte della cooperativa ospitante, di una borsa di studio a titolo di rimborso spese dell’importo forfettario non inferiore a 500,00 euro mensili lordi, oltre alle relative assicurazioni rischi e infortuni, secondo quanto previsto dalla legge regionale 32/2002 e successive modificazioni e integrazioni in materia di tirocini

Il tirocinio dovrà essere svolto entro il termine del 2013

Le Associazioni Cooperative, in virtù del Protocollo in essere con la Regione Toscana svolgono direttamente o tramite le proprie strutture operative, la funzione di Ente Promotore e di Tutoraggio.

I servizi di cui ai punti da 1.2 a 1.5 sono erogati gratuitamente dalle strutture delle Associazioni Cooperative fino al 31.12.2013

L’idea progettuale dovrà essere identificata con un proprio titolo


2.SOGGETTI DESTINATARI


Posso presentare le proprie idee progettuali i giovani, cittadini italiani con il diploma di scuola media superiore o titolo superiore che risiedono sul territorio regionale o qui domiciliati per motivi di studio e/o lavoro , che, alla data di scadenza del bando, abbiano un’età compresa fra i 18 e i 35 anni, organizzati in Gruppi di Progetto, informali, composti da un minimo di TRE giovani interessati a trasformare un’idea imprenditoriale in un progetto da gestire tramite una nuova impresa in forma di società cooperativa.

Ciascun componente del gruppo può partecipare alla presentazione di una sola domanda di candidatura.

Non possono partecipare associazioni, enti, organizzazioni comunque denominate o aziende già formalmente costituite.

Il tirocinio è attribuito ad UN giovane (di età compresa tra i 18 e i 29 anni non compiuti) appartenente a CIASCUNO dei Gruppi proponenti le PRIME TRE IDEE PROGETTUALI classificate nella graduatoria stilata dall’apposita Commissione di Valutazione.
Il tirocinante sarà individuato dagli stessi componenti del Gruppo di Progetto come incaricato di mansioni manageriali nella possibile nuova impresa cooperativa.
Il tirocinante alla data del 01 gennaio 2013 dovrà essere in possesso (per età e per situazione dei requisiti richiesti DALL’ART 17 BIS E SEGUENTI LETTERA a) e b) Legge Regionale n.32 del 26 luglio 2002, (Testo Unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro) così come modificato dalla legge regionale n.3 del 27 gennaio 2012, in materia di tirocini e dal relativo Regolamento del Presidente della Giunta regionale n.47/R dell’8 agosto 2003, come modificato dal D.P.G.R. n. 11/R del 22 marzo 2012.

Al tirocinante sono attribuiti gli obblighi ed i diritti di cui alla legge regionale n.32/2002 e relativo regolamento.

In caso di rinuncia si procede allo scorrimento della graduatoria.
L’attribuzione del premio avverrà con manifestazione pubblica che si terrà nel mese di GENNAIO.


3.COMMISSIONE DI VALUTAZIONE DELLE DOMANDE

I progetti saranno esaminati da una Commissione di Valutazione interna al Coordinamento Alleanza delle Cooperative Toscana, composta da un rappresentante per ognuna delle tre Associazione, un rappresentante delle Banche di Credito Cooperativo, un rappresentante di Unioncamere Toscana, un rappresentante della Regione (Assessorato alla Cooperazione), un Consulente Legale.


4.CRITERI DI VALUTAZIONE


Le proposte devono combinare abilmente creatività e fattibilità.

Le idee progettuali presentate saranno valutate fino ad un massimo di 100 punti ripartiti secondo i seguenti parametri:

1- qualità dell’idea imprenditoriali, attribuiti per la capacità di descrivere il fabbisogno cui l’idea progettuale intende rispondere; per la chiara individuazione dell’obiettivo che l’idea persegue e del prodotto/servizio che si intende realizzare, nonché dell’inserimento dell’idea imprenditoriale sul territorio;
fino ad un massimo di 50 punti

2- validità, utilità e coerenza della soluzione proposta e fattibilità, attribuiti in base alla fattibilità tecnica e amministrativa oltre alla fattibilità finanziaria intese come corretta individuazione e applicabilità della metodologia e degli strumenti individuati; coerenza delle fasi di realizzazione delle attività descritte nel progetto ed adeguatezza della interazione con i soggetti pubblici e privati rilevanti per il successo dell’idea;
fino ad un massimo di 30 punti

3- innovatività dell’idea progettuale, anche riguardo alle soluzioni organizzative nonché l’interazione con le nuove tecnologie;
fino ad un massimo di 15 punti:

4- potenzialità di generare occupazione sul territorio di riferimento, la replicabilità dell’idea progettuale, il grado di verificabilità ex post dei risultati attesi enunciati
fino ad un massimo di 5 punti



La Commissione si riserva di premiare un numero minore o nessuna proposta progettuale tra quelle pervenute sia per la non rispondenza delle domande a quanto specificatamente previsto, sia per inadeguatezza delle idee progettuali, sia per impossibilità oggettiva di conciliare località dell’azienda ospitante con domicilio del tirocinante.


5.TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE


La domanda di ammissione al Bando dovrà essere presentata, da parte del Referente del Gruppo di Progetto, entro il 31 dicembre, tramite l’invio, della documentazione nella forma di cui agli allegati 1 e 2, a Confcooperative Toscana, Via Vasco de Gama 25, Firenze, ESCLUSIVAMENTE IN FORMATO ELETTRONICO PDF ALL’INDIRIZZO: toscana@confcooperative.it, specificando nell’oggetto: PROGETTO COMINCIAMO INSIEME – PARTECIPAZIONE AL BANDO DI SELEZIONE DELLE IDEE.


6.DISPOSIZIONI GENERALI E DI SALVAGUARDIA

Per il tirocinante valgono le regole della legge regionale, senza promessa di assunzione da parte delle Associazioni promotrici del presente bando, né della cooperativa ospitante né di qualsiasi altro ente.
Il premio può essere fruito esclusivamente presso la cooperativa individuata dall’Associazione di riferimento, che, compatibilmente con la presenza di imprese cooperative, farà riferimento al territorio di provenienza del tirocinante. Nessun diritto può esser vantato da parte del tirocinante in merito a rimborsi spesa ulteriori a quelli previsti dalla legge regionale.


7.PUBBLICITà

Il percorso sarà realizzato dalle Associazioni Cooperative in collaborazione con lo Sportello Giovani SI, con la Regione Toscana - Assessorato alla cooperazione e con Unioncamere.

Al presente bando è data pubblicità con avviso pubblico diffuso sul territorio regionale tramite mailing list in possesso degli organizzatori, e con la pubblicazione sui siti web delle Centrali Cooperative e dei loro Social network


8.INFORMAZIONI SUL PRESENTE AVVISO

Informazioni possono essere richieste sui commenti di questo blog!

Ulteriori informazioni possono inoltre essere richieste al dr. Cristiano Basile presso Confcooperative (basile.c@confcooperative.it).


9.PRIVACY

I dati dei quali le Centrali Cooperative entrano in possesso a seguito del presente bando verranno trattati nel rispetto del Decreto Legislativo 196/2003 e successive modifiche.

QUI
la lettera di presentazione del concorso di idee.
QUI il bando di concorso.
QUI la domanda da presentare.
QUI il modello per presentare la propria idea.



















domenica 30 settembre 2012

Il Sito Archeologico di Mes Aynak, patrimonio dell'umanità, potrebbe sparire

Ogni volta che leggo notizie come questa mi vengono in mente le parole attribuite al mitico Ermete Trismegisto sulla civiltà egiziana:

"Non sai o Asclepio, che l’Egitto è l’immagine del cielo, proiezione qui nel profondo di tutto l’ordinamento celeste?
Tuttavia sappilo, tempo verrà in cui saranno reputati vani tutti i culti praticati con tanta fede dagli egiziani ai loro dèi e tutte le loro sante evocazioni saranno considerate sterili e prive di senso. La divinità lascerà la terra per risalire in cielo, abbandonando l’Egitto, sua antica dimora, che rimarrà privo di religione e orbato della presenza degli dèi… Allora, questa terra consacrata da tanti santuari e templi, apparirà ricoperta di tombe e di morti.
O Egitto, Egitto! Della tua religione altro non rimarrà che un fiabesco racconto al quale i posteri più non presteranno orecchio e, sola testimonianza della tua fede, mute parole incise sulla pietra…"


"Qui in Afghanistan, dove vivo e lavoro, stanno per commettere un crimine contro la cultura che sarà persino peggiore della distruzione dei famosi Buddha di Bamiyan fatta dai talebani nel marzo del 2001.
I "nuovi talebani" sono la Banca mondiale, i governanti afghani super-corrotti e infine i nuovi capitalisti cinesi. Sotto il sito archeologico di Mes Aynak (e' un posto magico, un sito buddhista della vecchia via della seta, con templi, palazzi, biblioteche, tutto ancora da scavare) c'è un filone di rame. Se il mondo non fa qualcosa, a dicembre, con i soldi finanziati dalla Banca mondiale, i cinesi faranno saltare tutto per aria con la dinamite. Bisogna cercare di fermarli. E' la Pompei afghana. Assistere a un tale scempio è una vera vergogna." Marco

In seguito a questo commento è stata lanciata una petizione su Avaaz per porre il problema qui riferito all'attenzione di Irina Bokova, Direttore generale dell'UNESCO. Firma e diffondi!

lunedì 24 settembre 2012

Pivoting from a Co-operative Year to a Co-operative Decade

di Charles Gould, ICA Director-General.

We are about to enter the last month of the International Year of Co-operatives. While we will surely ride the momentum through the end of calendar year 2012, the International Year actually launched on 31 October 2011, at a plenary session of the United Nations in New York, and so officially closes, for co-operators, when we meet together in Manchester, UK on 31 October 2012.

Co-operators are doing something with ‘our Year’ that others haven’t done with theirs. We are attempting to leverage it from a Year into a Decade. October is the month when we determine whether we will be successful in that. The International Co-operative Alliance has been consulting this entire year with leading co-operative organisations in 100 countries to develop a Blueprint for a Co-operative Decade. At the end of September, the draft Blueprint will be released. On 31 October, ICA members will decide at a General Assembly in Manchester whether this is the right way forward.

Before meeting in Manchester however for what will be an exciting week of activities and events known as Co-operatives United, co-operators will be meeting in Quebec City, Canada for the International Summit of Co-operatives. The Summit runs from 6-8 October, but is preceded by an innovative economics conference, also in Quebec City, called Imagine 2012. I will be blogging from the Summit and so will not say much more about it now, other than that it bookends at the start of October with Co-operatives United at the end, to ensure that the International Year of Co-operatives builds to a crescendo.

If we are successful with this final month, we will simply be revving up before we shift to the next gear and turn the 2011 preparatory year and the 2012 implementation year into the promising start of the Co-operative Decade. The time horizon for that decade is 2020 when we believe, if we are successful in legitimately positioning the co-operative as the acknowledged leader in economic, social and environmental sustainability, that it will become the model preferred by people, and consequently the fastest-growing form of enterprise in the world.

Stay-tuned.

giovedì 13 settembre 2012

Cooperative News eBook - Co-operatives build a better world through Food

Find out how Co-operative Enterprises Build a Better World in a series of free eBooks that show how co-operatives provide an ethical alternative for business across the world.

To celebrate the International Day of Co-operatives (July 7, 2012), the first eBook tackles food security and how the sector from smallholder farmers through to multi-billion dollar organisations is working to provide key commodities for the global population.

Visualizza e scarica il PDF

lunedì 3 settembre 2012

Umberto Galimberti - Analisi dell'Attualità

Importante momento di riflessione offertoci da MicroMacro con un’intervista al noto filosofo e docente universitario Umberto Galimbreti sull’attualità



sabato 1 settembre 2012

Food co-ops make a big difference in US communities




A recent study conducted by the National Cooperative Grocers Association in the US shows how food co-ops make a difference in their local communities. The report, “Healthy foods, Healthy communities,” looks at the social and economic impact of food co-ops in the US.

The study highlights how co-ops are superior to the conventional grocery industry — those stores that are privately or investor-owned — in terms of the proportion of energy efficiency, environmental impact, healthy and environmental food provided and the job opportunities offered.

For every USD1,000 a shopper spends at their local food co-op, USD1,604 in economic activity is generated in their local economy — USD239 more than if they had spent that same USD1,000 at a conventional grocer in the same community.

A typical co-op in the US works with over 150 individual local farmers and food producers as opposed to only 65 local farmers and food producers in the case of the conventional stores

Co-ops source over 40% meats, 35% deli, 31% dairy, 11% grocery and 11% general merchandise from local producers, as opposed to only 5% meats, 3% deli, 9% dairy, 2% grocery and 5% general merchandise in the case of the conventional sector. Moreover, in a co-op store 82% of produce sales are organic, while only 12% are organic in a conventional store.

Retail food co-operatives also create jobs for the local communities. The average food co-op creates 9.3 jobs for every million dollars in sales. A typical co-op creates USD10 million a year in revenue and provides employment for over 90 workers, or nine workers per million. In contrast, a conventional grocer creates only 5.8 jobs per million dollars in sales.

Overall, co-ops generally pay comparable wages to their competitors. For some occupations such as cashiers, stock clerks or food prep workers, the average hourly wage is higher for co-op workers than for employees within the conventional sector. Due to various bonuses and profit sharing, co-op employees earn an average of USD14.31 per hour compared to USD13.35 for their peers in the traditional sector.

Furthermore, 68% are eligible for health insurance in the co-op sector, where as less than half are eligible in the conventional sector, due to the fact that there are more part-time employees than in this sector. Employees also highly value the co-op principles and appreciate their workplace culture and the benefits.

A food co-op in the US spends an estimated 38% of revenues locally, while a conventional grocer spends 24%. Food co-ops also help to redistribute the revenue to the local economy.

A co-op with USD10 million in annual sales generates USD16 million of local economic impact. On the other hand, a local conventional grocery store of the same size, in the same community, would have an annual economic impact of USD13.6 million. This means that by choosing to support and shop at a food co-op, a community can increase its total economic activity by over USD2.4 million a year.

The study shows that co-ops also have more efficient environmental policies because consumers themselves are involved in the decision making process.

A typical NCGA food co-op recycles 96% of its cardboard waste, 81% of its plastics and 96% cardboard, as opposed to 36%, 29% and 91% in the conventional sector. Food co-ops are also involved in energy conservation projects. Co-op food stores have scored an average energy score of 82 out of 100, while conventional grocery stores have only scored only 50.

• The National Cooperative Grocers Association (NCGA) is a business services co-operative for retail food co-ops located throughout the United States. For more information on the study, visit: strongertogether.coop/food-coops/food-co-op-impact-study


mercoledì 29 agosto 2012

100 sindaci firmano una Carta contro lo spreco di cibo - Last Minute Market

“Nordest Spreco Zero”: parte dalla città di Trieste la campagna di sensibilizzazione contro lo spreco alimentare che coinvolge i cittadini del nordest e alla quale hanno già aderito 100 sindaci e le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia. I pubblici amministratori sottoscriveranno la “Carta Nordest Spreco Zero” – formulata sulla base di una Dichiarazione congiunta di cittadini, esperti e operatori – il prossimo 29 settembre 2012, in occasione della prima “Giornata contro lo spreco di cibo” promossa da Last Minute Market.

“Nordest Spreco Zero” è molto più di uno slogan e di un auspicio: è un percorso concreto che coinvolge 100 sindaci del nordest del Belpaese - con capofila il Comune di Trieste, Roberto Cosolini, affiancato dai governatori delle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia – nella sottoscrizione della “Carta Nordest Spreco Zero”. Dieci buone pratiche che raccolgono in modo concreto l’impegno assunto dal Parlamento europeo, lo scorso 19 gennaio 2012, di evitare lo spreco di alimenti.

La Carta contiene una serie di strategie tese a migliorare l’efficienza della catena alimentare nell’UE, come proposto dalla Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale sulla base della Dichiarazione congiunta contro lo spreco di cibo elaborata da Last Minute Market nel quadro della campagna europea “Un anno contro lo spreco” – sottoscritta da molte personalità della cultura, della scienza, delle istituzioni.

I 100 sindaci sottoscriveranno la Carta durante la cerimonia pubblica prevista per sabato 29 settembre 2012 a Trieste, nell’ambito della prima edizione di “Trieste Next – Salone Europeo dell’Innovazione e della Ricerca Scientifica” (28-30 settembre 2012). L’iniziativa è stata presentata nel corso di una conferenza stampa alla quale sono intervenuti, tra gli altri, il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, e l’agroeconomista Andrea Segrè, ideatore e presidente di Last Minute Market.

Lo spreco alimentare è uno scandaloso paradosso del nostro tempo. Mentre, da un lato, vi è la necessità di aumentare la produzione di cibo del 70% nei prossimi anni per poter nutrire una popolazione che conterà 9 miliardi nel 2050, dall’altro nel mondo si spreca più di un terzo del cibo che viene prodotto. Se si potessero recuperare tutte le perdite alimentari e tutti gli scarti, si potrebbe dare da mangiare – per un anno intero! – a metà dell’attuale popolazione mondiale: cioè a 3,5 miliardi di persone.

“Proprio a partire da queste considerazioni e da questi dati”, ha spiegato Andrea Segrè, Preside della Facoltà di Agraria a Bologna e fondatore di Last Minute Market, “nel 2010 abbiamo avviato la Campagna Europea di sensibilizzazione “Un anno contro lo spreco”, in stretta partnership col Parlamento europeo-Commissione Agricoltura”.

“La crisi globale, paradossalmente, può offrire un’occasione di cambiamento, e in questo senso la società civile può dare un indirizzo importante alle forze politiche ed economiche“, ha continuato Segrè. “La “Carta Nordest Spreco Zero” è un esempio importante: formulata sulla base di una Dichiarazione congiunta di cittadini, esperti e operatori, verrà adottata dai pubblici amministratori e diventerà buona prassi quotidiana per i cittadini amministrati. Le nostre azioni, anche se piccole, possono veramente portare a un mondo nuovo. Dobbiamo tornare a credere nel nostro ruolo di individui-cittadini attivi nella società“.

Il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, ha sottolineato come “nella “Carta contro lo Spreco”, non ci sono solo belle e generiche parole, ma contiene impegni amministrativi seri, ad esempio legati ai bandi pubblici per i servizi di ristorazione, dove viene chiesto alle aziende partecipanti, attribuendo adeguati punteggi, di ridurre gli sprechi delle derrate alimentari e di favorire l’utilizzo di prodotti a Km zero”. “E’ un impegno serio”, ha concluso il primo cittadino, “per un salto di qualità nel rapporto tra gli enti locali e le comunità di appartenenza, a favore di un consumo responsabile e senza sprechi”.

Con la sottoscrizione della “Carta Nordest Spreco Zero” verranno rese subito operative alcune delle indicazioni contenute nella Risoluzione Europea contro lo spreco, che ha l’obiettivo di dimezzare, entro il 2025, sprechi e perdite alimentari: gli amministratori si impegnano a sostenere tutte le organizzazioni pubbliche e private che recuperano, a livello locale, i prodotti rimasti invenduti e scartati per redistribuirli gratuitamente alle categorie di cittadini al di sotto del reddito minimo.

martedì 28 agosto 2012

In regione vanno al macero 11mila tonnellate di alimenti

“Last minute market”, con Andrea Segrè, da tempo rivela il grande scandalo degli alimenti buttati via. Infila cifre su cifre che dovrebbero convincere anche i più indifferenti e insensibili. Eccone qualche esempio, cominciando da vicino.

Si stima che (dati 2010) la distribuzione all’ingrosso e al dettaglio in Friuli Venezia Giulia abbia mandato al macero complessivamente 11.425 tonnellate di generi alimentari. In testa i supermercati con oltre 6000 tonnellate, seguiti da ipermercati e negozi dettaglio: più di 2000 ciascuno.

In campo agricolo i dati sono ancora più allarmanti. Rispetto alla produzione totale è stata buttata via una tonnellata tra cereali, frutta e ortaggi, quasi interamente in fase di raccolta. Percentualmente, una cosa piccola: l’1,76% del totale. Ma traducendo in termini di spreco di acqua, ecco un altro numero da capogiro: solo col mais rimasto sul campo (17.400 tonnellate) si sono sprecati quasi 12 milioni di metri cubi. “Last minute market” visualizza la quantità: «Corrisponde a 3687 piscine olimpiche».

Lo spreco nazionale arriva a 3,6 milioni di tonnellate di cibo all’anno. Il danno è moltiplicato, perché produrre quella roba ha buttato inutilmente nell’aria 4,14 milioni di tonnellate di anidride carbonica, ha sprecato 1,2 miliardi di metri cubi di acqua («quantità pari al lago d’Iseo») e il 3% del consumo finale di energia elettrica. Che equivale al consumo energetico di 1 milione e 650 mila italiani.

Dare la colpa solo ai supermercati è troppo semplice. Anche in casa siamo colpevoli. Anzi, secondo i calcoli della Direzione generale per l’ambiente della Commissione europea, nei paesi cosiddetti “ricchi” è proprio a livello domestico che gli alimenti vanno più gettati: il 25% del peso totale degli acquisti, cioé un quarto. In Italia sembra che buttare via il cibo ancora buono costi a ogni famiglia 1693 euro all’anno: in tempi di crisi evidente, sarebbe meglio pensarci.

Gli sprechi di cibo ancora utilizzabile per fini alimentari potrebbero essere recuperati, ed è questo il messaggio che lancerà Trieste, attraverso sistemi di ottimizzazione della distribuzione e recupero dell’invenduto.

In entrambi i casi, lo spreco è doppio: da un lato, di grandi quantità di energia utilizzate nella produzione e nella distribuzione, dall’altro, di ulteriore energia impiegata nella gestione e nello smaltimento di questi scarti e sprechi, l’immondizia che ci avvelena. Un disastro, insomma, in termini economici, sociali e ambientali.



tratto da:http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2012/08/09/news/in-regione-vanno-al-macero-11mila-tonnellate-di-alimenti-1.5524097

giovedì 23 agosto 2012

La crisi economica, Marx e la Dottrina sociale della Chiesa

Il prof. STEFANO ZAMAGNI parla di limiti del capitalismo finanziario. ecco la sua intervista rilasciata alla giornalista Fausta Speranza

In questo momento di seria crisi economica, su alcuni organi di stampa compaiono commenti che a diverso titolo richiamano Karl Marx, in particolare le critiche dell’economista dell’800 al capitalismo. Alcuni sottolineano le sue previsioni del collasso del sistema capitalistico, altri soprattutto le sue fortissime critiche al mondo bancario. Delle osservazioni di Marx, dei limiti del capitalismo ma anche del contributo della dottrina sociale della Chiesa, elaborata da Leone XIII fino alla Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Stefano Zamagni:

R. – Di fronte alle indiscutibili aporie e all’inadeguatezza del capitalismo, ci sono due atteggiamenti. L’uno, è quello di Marx e di altri che hanno seguito la sua guida, e che dice: “Il capitalismo va abbattuto”. L’altra posizione è quella di chi dice: “Il capitalismo è un sistema economico che ha una sua dinamica, che ammette l’evoluzione”, e quindi ammette di essere superato, più che abbattuto. Questa, ad esempio, è la posizione della Dottrina sociale della Chiesa.

D. – Parliamo un po’ di alcuni limiti del capitalismo che si evidenziano in particolare oggi, con questa crisi che abbiamo …

R. – Tre sono i limiti. Il primo è quello dell’aumento endemico-sistemico delle disuguaglianze sociali; il secondo limite è proprio la negazione del concetto di limite e soprattutto del limite delle risorse ambientali, energetiche eccetera. E questo oggi ha svelato il lato tragico, perché la tematica ambientale è sotto gli occhi di tutti. Il terzo limite è quello che riguarda la relazione tra l’area dell’economico, cioè del mercato, e l’area del politico: questo è un punto su cui la Caritas in veritate ha scritto e ha detto parole veramente illuminanti. E cioè l’Encliclica di Benedetto XVI ha spiegato che il capitalismo tende a fagocitare anche la sfera politico-democratica. In altre parole, la logica capitalistica va a modificare le relazioni che prevalgono dentro la sfera democratica. E questo è un problema serio.

D. – Sicuramente si rimette al centro la persona: è così? E’ questo che lei dice non da teologo ma da economista…

R. – Esatto, è chiaro. Però bisogna dire bene; bisogna dire persona umana. Perché? Perché anche altre correnti di pensiero parlano di persona per significare l’individuo isolato oppure per significare il soggetto che è parte di una collettività. Quella della Dottrina sociale della Chiesa è la prospettiva del personalismo, che rifiuta sia l’individualismo sia il comunitarismo. L’individualismo vede solo l’individuo; il comunitarismo vede solo il collettivo, la classe, eccetera...

D. – Adesso parliamo – come dire – di un sintomo, e cioè la crisi della bolla finanziaria e la crisi del sistema bancario. Tornando a Marx, leggiamo che definiva i banchieri "banditi" oppure "classe di parassiti". Senza pensare a questi termini, ma c’è qualcosa di sbagliato nel sistema?

R. – E’ chiaro che la crisi finanziaria ha avuto come suo detonatore la bolla immobiliare nella forma del subprime in America, della speculazione immobiliare in Paesi come la Spagna, eccetera. Però, attenzione: questo è il sintomo di un fenomeno più profondo. La crisi di cui stiamo parlando ha radici profondissime che sono nella perdita del concetto di persona umana e nell’esaltazione dell’avidità o – come qualcuno l’ha chiamata – l’esaltazione della società obesa. L’obeso è uno che mangia non perché abbia necessità di soddisfare un bisogno ma per un’affermazione del proprio io sugli altri. E’ esattamente la conseguenza di quanto dicevo prima, cioè della separazione tra mercato e democrazia. La crisi è incominciata nel momento in cui la democrazia ha subito un vuoto politico. C’è una grave responsabilità della classe politica tutta, - occidentale e soprattutto anglosassone – nell’aver abdicato al proprio ruolo che è quello di indicare la via per il bene comune e aver lasciato fare al mercato speculativo. Poi, questo lasciar fare ha preso – nel caso concreto – la via del subprime. Però, attenzione a non confondere, appunto, lo strumento, in questo caso il subprime, con la natura profonda di questa crisi.

mercoledì 22 agosto 2012

Banca Etica alla Conferenza delle “Community Development Credit Unions” di Atlanta

di Tiziano Barizza, responsabile IT Banca Etica.

Banca Etica è invitata a partecipare ai lavori della Conferenza annuale delle CDCU e a presentare la propria esperienza, con particolare riguardo alle relazioni della banca con il mondo cooperativo, nell’anno internazionale delle cooperative.

Si decide che sia io a partecipare, coadiuvato da Dedagroup Spa, nostro fornitore di sistemi informativi e co-sponsor dell’evento.

I lavori iniziano mercoledì 13 e terminano sabato 16 giugno, ma c’è anche lo spazio di un pomeriggio per una visita alla città sorniona e ordinata.

Le CDCU sono delle banche, ma che non vogliono essere chiamate tali: “ le banche – sostengono – sono quelle che hanno provocato i disastri finanziari americani, noi lavoriamo con le nostre comunità, per le persone più povere”.

In effetti i lavori della conferenza sono incentrati su “come servire gli underserved”, i non-bancabili. Uno dei temi fondamentali è come riuscire a continuare a concedere credito a queste fasce di persone, per le loro esigenze ordinarie e per le loro attività economiche, in un contesto di situazione economica e finanziaria sempre peggiore.

Quando chiedo “con quali strumenti provvedono alla raccolta del risparmio necessario” la risposta è molto netta: “lavoriamo con comunità che hanno bisogno di soldi, hanno bisogno di credito, il loro risparmio è marginale”. Questa è la ragione per cui la maggior parte delle risorse da destinare al credito proviene da fondi istituzionali, fund raising e donazioni diffuse. Ma di questi tempi non è facile raccogliere fondi nemmeno negli Stati Uniti, che da sempre sono inclini alla donazione.

Nello spazio che mi è stato riservato nel corso della conferenza, presento l’esperienza ed i principi istituzionali e operativi di Banca Etica. Ne sono emotivamente ripagato con ringraziamenti generosi, ma soprattutto con scambi reciproci di condivisione ed uniformità di principi ed obbiettivi, con manifestazioni di gratitudine perché “non si sentono soli”. Ci sono altri che lottano in questa battaglia e che sono disposti a scambiare le loro esperienze ed i loro problemi.

Si parla di cooperative, di metodi di lavoro, di esperienze italiane. E la diversità culturale emerge in tutta la sua evidenza tra mondi ai due lati dell’oceano.

L’esperienza cooperativa sta facendo breccia negli Stati Uniti, sta portando risultati ed opportunità, ma propone ed impone anche una sfida culturale, in un mondo ispirato principalmente alle capacità ed ai risultati personali ed individuali.

Il momento di crisi internazionale però, come ogni fase di difficoltà, porta in sé i germi del cambiamento, per le CDCU come per Banca Etica. Due mondi a confronto che devono trovare al proprio interno le soluzioni per continuare a vivere e ad operare, ma sono obbligati oramai a guardare ‘al di fuori’, preservando comunque la propria specificità.



tratto da: http://www.nonconimieisoldi.org/blog/banca-etica-alla-conferenza-annuale-della-federazione-delle-%E2%80%9Ccommunity-development-credit-unions%E2%80%9D-di-atlanta/?utm_source=Non+Con+I+Miei+Soldi!+Newsletter&utm_campaign=4f2ef55215-RSS_EMAIL_CAMPAIGN&utm_medium=email

mercoledì 15 agosto 2012

Bisogna sporcarsi le mani - Paolo Barnard

"L’economia mi annoia, è un peso sullo stomaco, è grigia, è persino squallida in talune istanze. Ma oggi mi occupo solo di quella, come un forsennato. Ecco perché.

Io sono un uomo che fu segnato da un destino: non essere indifferente all’ingiustizia, alla crudeltà, alla sofferenza che entrambe generano. A poco più di vent’anni partii per la mia guerra al male. E fin lì tutto era ok. Oggi ho 54 anni. Per quasi un quarto di secolo la mia guerra fu tutta sbagliata. Non per colpa mia. E’ un fatto istintivo che quando ci si schiera dalla parte del bene si è buoni, e si fanno le cose buone, belle. Cioè, amare, soccorrere, indignarsi, darsi agli altri, esaltare la compassione, incitare la solidarietà, e mischiarsi ai tuoi simili buoni e belli, le ‘belle anime’.

E allora ci furono gli anni di Amnesty e della lotta alla tortura nel mondo, l’incontro coi sopravvissuti del Cile e della Turchia. I tavolini in città per le firme. Poi lo slancio per la Palestina, in piazza coi compagni e i reportage per smuovere il pubblico contro i crimini sionisti. Nel frattempo ci si infilavano giorni e notti con i disagiati sociali e i senza dimora, lotte nelle strade, cosa incredibili per essere accanto a quelli che nessuno vuole. Che amicizie, che episodi da groppo in gola, cose, volti, momenti ben oltre la poesia, altro che poesia. L’Aids mieteva i miei coetanei, scoprivo la disumanità degli ospedali e del rapporto con la morte e i morenti. Anni di fianco a loro, anche qui, scontri feroci con sindaci, amministratori e primari, e di nuovo, fiumi di vita che nessun film saprebbe mai raccontare… i miei medici ammalati… Incrocio Padre Alex Zanotelli, Don Arrigo Chieregatti, gli uomini di Dio ‘illuminati’, le marce della pace, la denuncia del debito che uccide l’Africa, sì al commercio equo solidale, io, Paolo Barnard di Report, ci metto la faccia e la telecamera, ce la faremo!, ora c’è anche Don Ciotti con noi, e Grillo. Ma anche Gherardo Colombo di Mani Pulite, insieme, alle conferenze, siamo carisma liquido e la gente fiocca a noi. Io contro la Guerra al Terrorismo, la mia ricerca negli archivi segreti straccia il velo che copre le sembianze ributtanti dall’Amico Americano. Gherardo porta il rispetto delle regole e la Costituzione ai bambini, ai pensionati, con una serenità che muove il cuore. Bello eh?

Inutili poveri sciocchi, tutti noi, io, me, loro. Scoprirlo dopo tanta vita e impegno fu tragico per me.

Chi è il Vero Potere? Nessuno di noi lo sapeva, neppure lontanamente. Dove sta? Cosa fa? Perché esso non si cura mai, mai, mai, mai e neppure per mezzo istante di ciò che tutto quel mondo così bello e buono fa, farà e ha sempre fatto? Risposta: perché siamo anime belle che danzano armati di tanta aria, carta velina, colori, sospiri, pensieri, tramonti, lacrime, stelle filanti, stelle cadenti e fuochi fatui. Ma anche avessimo i partiti, i parlamenti, le televisioni, la polizia, i palazzi, saremmo ugualmente innocui per loro. Loro sanno che tutto è innocuo al mondo per loro, tranne una cosa. Tranne UNA, che “annoia, è un peso sullo stomaco, è grigia, è persino squallida in talune istanze”. L’economia. Tranne l’economia. Quella la temono, e il terrore che il Vero Potere cova in segreto è che l’economia gli scappi dallo scrigno e si sparga per le strade, dove la gente la potrebbe raccogliere, guardare dapprima come un coso alieno, poi magari capirla, aiutati da qualcuno, e magari dominarla, e sì!, DOMINARLA, USARLA, E DIVENIRE I VERI PADRONI DEL MONDO E DEI PROPRI DESTINI. Noi, la gente. Di questo e solo di questo hanno il terrore i padroni del mondo. Noi, quelle belle anime, non l’avevamo capito. Non avevamo compreso che l'economia data o sottratta decide ogni singola vita umana su questo pianeta come null'altro può deciderla.

Lo compresi finalmente. Se voglio davvero, ma DAVVERO, salvare il mondo dalla sofferenza e dalla crudeltà io devo sporcarmi le mani con quella cosa grigia, tecnica, fredda come la morte, pesante, che si chiama economia. Non c’è altra strada. Addio groppi in gola, serate fra compagni, occhi lucidi nel pubblico, addio fiumi d’amore spendibili subito, colori e feste dei giusti, addio a voi tutti anime belle, il volto di questo giornalista giacobino è ora la faccia di chi scandisce percentuali di PIL e Bilanci Settoriali. Ho dovuto sporcarmi le mani, e devo continuare a farlo. Se vogliamo salvare l’amore, la democrazia, la dignità anche fra le mura familiari, i poveri, l’Africa, le leggi, i diritti costituzionali, e i sofferenti, se vogliamo fermare il mostro globale del potere di pochi sullo strazio o sull'apatia di miliardi di altri, dobbiamo dominare l’economia e con essa sporcarci le mani 24 ore su 24.

Non c’è nulla al di sopra, è il punto d’arrivo di qualsiasi lotta per l’umanità del vivere, tutto ciò che gli sta sotto, o di fianco, o da altre parti è inutile. E io oggi sono qui."

lunedì 30 luglio 2012

Sclerosi multipla, al via la sperimentazione clinica del “metodo Zamboni”

Finalmente...


Il progetto Brave Dreams del chirurgo vascolare Paolo Zamboni partirà tra pochi giorni. Prima sarà la volta dell'azienda ospedaliera-universitaria di Ferrara, poi dell'Usl di Bologna, successivamente l'ospedale Cannizzaro di Catania e infine altre undici strutture sanitarie distribuite in tutta Italia

di Antonella Beccaria


Si parte con la sperimentazione clinica. Il progetto è quello che va sotto il nome di Brave Dreams (acronimo di Brain venous drainage exploited against multiple sclerosis) e, sotto il coordinamento del chirurgo vascolare Paolo Zamboni dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara, il suo scopo è quello di verificare gli effetti sulla sclerosi multipla intervenendo per rimuovere le ostruzioni sanguigne determinate dall’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (Ccsvi).

L’annuncio ufficiale è stato dato da Carlo Lusenti, assessore regionale alla salute, e con la selezione dei pazienti si partirà a metà della prossima settimana, iniziando nei centri dell’Emilia Romagna che hanno aderito alla sperimentazione, finanziata con 2 milioni e 900 mila dalla Regione stessa lo scorso febbraio. Tra i centri, oltre al presidio ferrarese dove opera il clinico che ha dato il nome alla tecnica di intervento, il “metodo Zamboni”, c’è l’Usl di Bologna. Dopodiché sarà la volta dell’azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania e delle 14 strutture su 20 che hanno già ricevuto il nulla osta dai comitati etici dopo l’esame del protocollo la cui stesura è stata coordinata dall’agenzia sanitaria e sociale dell’Emilia-Romagna.

Per quanto riguarda l’inizio della sperimentazione, che era attesa a settimane, l’ok definitivo è giunto dopo che il ministero della Salute si è pronunciato in senso positivo lo scorso 17 luglio. A dare il contributo finale affinché ciò avvenisse un precedente parere, quello della commissione unica dispositivi medici del dicastero, chiamata a esprimersi sull’uso dei palloncini da angioplastica previsti dal protocollo Brave Dreams. A questo punto, dunque, si passerà alla verifica dell’intuizione da cui era partito il professor Zamboni, quando aveva cominciato a studiare la malformazione che impedisce il deflusso del sangue dal cervello e che può portare a ristagni ematici all’interno del cranio con conseguente accumulo di tossine.

La patologia – è stato riscontrato poi anche in centri clinici diversi da quello di Ferrara (tra questi, la Fondazione Don Gnocchi di Milano, l’ospedale Sant’Antonio di Padova e il policlinico Vittorio Emanuele di Catania, oltre a ospedali stranieri) – può presentarsi indipendentemente dalla sclerosi multipla. Ma, sempre secondo i ricercatori che hanno seguito il metodo Zamboni fin dal training ad hoc a cui i medici vascolari vengono sottoposti, i pazienti affetti dalla malattia neurologica degenerativa avrebbero la Cssvi con una frequenza che va oltre il 90%.

Per il clinico ferrarese e per i colleghi che hanno adottato le sue tecniche sia diagnostiche (come l’ecocolor dopler e la flebografia) che terapeutiche (la rimozione delle ostruzioni), esisterebbe la possibilità di beneficiare di effetti positivi sulla sclerosi multipla adottando un approccio vascolare, oltre a quello tradizionale di tipo neurologico. In altre parole, correggendo i problemi di deflusso del sangue nelle vene che non inviano correttamente sangue a polmoni e cuore, si possono ottenere miglioramenti, tra cui miglior qualità di vita, recupero del tono muscolare e almeno parziale ripresa dell’attività fisica.

Una sessantina per centro medico il numero dei pazienti che entrerà nel programma di sperimentazione, che costerà circa 3.500 euro a paziente. La selezione verrà fatta in base alla storia clinica dei candidati, che non devono aver superato uno specifico livello di gravità nella progressione della sclerosi multipla. E ognuno di questi sarà trattato per un anno, al termine del quale si aprirà la fase – dai 18 ai 24 mesi – durante la quale i risultati saranno relazionati alla comunità scientifica.

Si tratta di un momento atteso anche da una onlus, la Ccsvi nella sclerosi multipla, che ha come presidente onorario Nicoletta Mantovani e che nel corso degli ultimi anni ha appoggiato le ricerche di Paolo Zamboni attivandosi sia presso le istituzioni che presso i privati per raccogliere pareri e finanziamenti. Ancora di recente Gisella Pandolfi, presidente nazionale dell’associazione, aveva chiesto che si partisse quanto prima con la sperimentazione per verificare le correlazioni tra le due malattie. E aveva aggiunto: “Noi questo affermiamo e vogliamo: che si prenda atto della ricerca internazionale fin qui compiuta e in continua evoluzione, in un confronto sereno e serio. Ricordiamo che i malati di sclerosi multipla sono oltre 60 mila in Italia e 2 milioni e mezzo nel mondo. Per la maggior parte giovani adulti, due su tre donne”.


Tratto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/29/metodo-zamboni-al-via-sperimentazione/309802/


sabato 28 luglio 2012

Cooperazione: un modello attuale e credibile

Due giorni per approfondire il modello cooperativo. E per riflettere sulla sua attualità. Riva del Garda ha ospitato il convegno sulla cooperazione nell’anno internazionale proclamato dall’Onu. Una visione del mondo che ha ancora molto da dire alla società in crisi economica e di valori.

di Walter Liber


La cooperazione come risposta ai fallimenti del mercato e alle crisi della società? Scordatevelo, non è di questo che si è parlato a Riva del Garda. No al modello che vorrebbe la cooperazione correre in aiuto alle società di capitale che licenziano ai primi segnali di crisi, no ad una cooperazione emarginata a fare da supplenza per i periodi critici, e magari tornare nell’oblio quando le cose vanno bene.
Sì invece ad una cooperazione che interpreta con lucidità, innovazione e responsabilità una società alla ricerca di nuovi valori ed orizzonti, che si interroga sul proprio modello e ridefinisce la propria missione.
In realtà anche la crisi di cui stiamo vivendo le fasi più drammatiche ci insegna che serve una visione nuova del vivere civile, del fare impresa, dell’essere in rapporto con gli altri. “L'impresa capitalistica da sola non ha futuro, serve la diversità”, ha detto lo storico dell’economia Giulio Sapelli, uno dei relatori di punta al convegno di Riva. “Le società non stanno insieme sui conflitti, serve l'amore gli uni per gli altri.
Il bene comune consente al mercato di funzionare, lo tempera. Le società funzionano bene se hanno una economia polifonica”.
Lo hanno spiegato bene illustri studiosi che si sono avvicendati sul palco. Mauro Magatti, preside di Sociologia alla Cattolica di Milano, non nasconde che “i livelli di diseguaglianza sono aumentati in tutti i paesi occidentali. È come se le economie mature avessero segato il ramo su cui erano sedute”. Veniamo fuori da un ventennio in cui i tecnicismi ci hanno abituato ad avere tutto. La finanza che correva dietro ai debitori ha provocato alla fine la bolla immobiliare negli Stati Uniti, quando i debitori non sono più riusciti a pagare i loro debiti. Con le conseguenze a tutti note.
E allora, come si fa a tenere su l'economia e ripagare il debito nello stesso tempo? Di nuovo Magatti: “la solidità della crescita economica passa attraverso lo sviluppo di una comunità. Occorre delineare un nuovo orizzonte di senso, sapendo che la crescita della società non può significare espansione. Essere competitivi è una condizione necessaria, ma non può essere la motivazione”.
Centrale sarà sempre di più il tema delle alleanze. Occorre individuare, oggi nuove categorie di beni da mettere accanto a quelli materiali: ad esempio l'ambiente, la qualità della vita, i beni relazionali. Tanto spazio che è ancora inesplorato, e sui cui la cooperazione ha molto da dire.
Un economista tra i più convinti della validità del modello cooperativo come Stefano Zamagni ha spiegato molto bene a quattrocento studenti trentini la specificità cooperativa rispetto all’impresa capitalistica.
“il capitalista massimizza il profitto, il cooperatore condivide i fini. Nell’azione comune ognuno mantiene la titolarità delle proprie azioni, di cui è responsabile”.


La (bio)diversità cooperativa, un valore

“La filosofia cooperativa è moderna e post moderna – ha ricordato il direttore della Federazione Carlo Dellasega introducendo la tavola rotonda internazionale sulla diversità cooperativa – gli individui vincono se stanno insieme”. “Stiamo passando da un modello economico interamente basato sul mercato – ha osservato Carlo Borzaga, presidente di Euricse – a un altro modello dove, probabilmente, consumeremo meno beni e dove la domanda di qualità sarà maggiore della quantità”.
Maria Mercedes Placencia, sottosegretario al ministero dello sviluppo sociale dell’Ecuador, ha portato l’esperienza del paese sudamericano in cui il modello cooperativo di economia solidale rappresenta l’ossatura di un grande progetto di sviluppo economico e sociale. In Ecuador, su quasi 22 mila società di economia popolare e solidale, il 31% è cooperativa pari a 6.979 realtà. Rappresentano il 40% dell’occupazione nazionale.
In Inghilterra, negli ultimi vent’anni, si è assistito a un autentico rinascimento delle cooperative. Tutto è partito dalla creazione di una banca cooperativa. “Quell’esperienza – ha affermato Linda Shaw, vicedirettrice di Co-operative College di Manchester – ha fatto da traino per un revival di questa forma di impresa che esprime numeri importanti in particolare nel settore del consumo”.
“Sostanzialmente i vantaggi della presenza cooperativa nel mercato – ha concluso Borzaga – sono riassumibili nella maggiore libertà data alle persone, nell’avvicinare la produzione ai bisogni reali, nel garantire livelli di concorrenza più elevata a beneficio del consumatore”. Borzaga ha anche dimostrato con i numeri che laddove, in Italia, c’è maggiore intensità di credito cooperativo, il tasso di interesse dei prestiti cala e l’interesse sui depositi cresce a tutto vantaggio del risparmiatore.

domenica 22 luglio 2012

Giustizia, libertà, felicità - Zamagni

Lavorare in una cooperativa è una scelta di giustizia, che esprime libertà e porta alla felicità.
Ha detto così il professor Stefano Zamagni ai 400 studenti trentini che si sono recati a Riva del Garda con i loro insegnanti per ascoltare la lezione dell’economista. Sul palco, prima di lui, i ragazzi avevano presentato i loro progetti di educazione cooperativa portati avanti nelle scuole dalla Federazione insieme alla Provincia.

Giustizia, libertà, felicità
“Un giovane che ama la giustizia farà fatica a lavorare nelle imprese di tipo capitalistico – ha detto l’economista –. Le diseguaglianze sono fortissime: chi vince diventa super-ricco, chi perde viene annientato. I giovani sono per natura avversi alle ingiustizie e non possono avere l’efficienza esasperata come unico obiettivo di vita”. E poi la libertà. “La vera libertà non è quella di scegliere ma di poter scegliere. Chi ama lalibertà ne accetta di rischi. Chi vuole la sicurezza vende quote di libertà e accetta il lavoro dipendente. Per questo il modo migliore per far avvicinare un giovane alla cooperazione è quello di fargli amare la libertà”. Lavorare in cooperativa, poi porta alla felicità, che è cosa diversa dall’utilità, che è collegata al possesso delle cose. “La felicità riguarda le relazioni tra persone: per essere felici bisogna essere almeno in due”. Secondo Zamagni all’interno degli ambienti di lavoro delle imprese capitalistiche le relazioni vengono limitate quando non addirittura evitate del tutto, perché considerate dannosi perditempo. “Così si uccide la felicità – ha detto –. La cooperazione ti consente (non garantisce) di tradurre in pratica giustizia libertà e felicità”.

L’origine della cooperazione
Alla base del capitalismo c’è l’idea di Thomas Hobbes secondo cui la natura umana è egoista. “In quel mondo – ha detto il professore – l’uomo è lupo contro gli altri. Questa concezione di impresa è risultata vincente fino a metà dell’Ottocento, quando come reazione a quest’approccio è nata la cooperazione”. Le prime cooperative sono state di consumo: spacci alimentari che vendevano ai soci a prezzi accessibili. Una risposta contro la miseria. “Questa origine – ha spiegato Zamagni – ha avuto un effetto di trascinamento che non ha giovato alla causa cooperativa. Ha fatto credere a intere generazioni di studiosi e di politici che la forma cooperativa fosse minore”. Lo stesso articolo 45 della Costituzione che parla di cooperazione ne cita la sua funzione sociale, perché la funzione economica è considerata appannaggio esclusivo delle imprese capitalistica: le imprese creano ricchezza, le cooperative redistribuiscono. “Allora questa differenziazione era giustificata oggi no – ha aggiunto –. Oggi dobbiamo recuperare il terreno perduto. Guai a dissociare l’economico dal sociale.
È un tentativo di delegittimare. La cooperazione è una forma superiore rispetto alla capitalistica: riesce a redistribuire ricchezza mentre la produce. Se esistessero solo imprese cooperative non ci sarebbe bisogno di welfare state, che è nato per il fallimento del mercato capitalistico”.

La differenza delle cooperative
In ogni impresa tutti sono consapevoli che ognuno ha bisogno dell’altro; ciascuno mantiene la responsabilità delle proprie azioni e tutti tendono al raggiungimento di un obiettivo comune. Nell’impresa capitalistica la comunione si ferma ai mezzi: il capitalista vuole massimizzare il profitto, il lavoratore massimizzare il salario. Uno ha bisogno dell’altro.
Nella cooperativa la comunanza si estende ai fini. Ne consegue che il modo di gestire e governare l’impresa sarà diverso: non la gerarchia ma l’autorevolezza.
“Il movimento cooperativo – ha suggerito il docente – deve mettere in atto delle strategie di protezione della propria identità. La tentazione di alzare le braccia e trasformarsi in imprese capitalistiche è forte.
L’antidoto è agire a livello culturale, anche rafforzando le reti, le forme di organizzazione orizzontale che fanno parlare di distretto cooperativo”.

di Dirce Pradella
Tratto da: Cooperazione Trentina n°4 Aprile 2012

mercoledì 18 luglio 2012

Cosa portiamo a casa da Riva

Abbiamo fatto un azzardo e un po’ tremato ma, alla fine, possiamo dire che il Convegno di Riva del Garda dal titolo “La cooperazione per un mondo migliore”, è stato un successo.
Abbiamo voluto aprirlo con la mattinata dedicata ai ragazzi delle scuole superiori, ai loro docenti, ai loro dirigenti e ai loro genitori. E’ stato molto importante e speriamo di aver contribuito a “seminare”. La parte dove i giovani studenti sono stati i protagonisti è stata molto bella ed entusiasmante. La fatica di due giorni di relazioni e interventi è stata sopportata da moltissimi cooperatori attenti e la cosa ci riempie di soddisfazione perché la forte riflessione era diretta a noi soci. Si è scelto di valorizzare l’anno della cooperazione non attraverso una celebrazione ma puntando sull’analisi della situazione a livello macro e sui compiti nuovi o rinnovati che la proposta cooperativa ha di fronte.
Tutti gli autorevoli intervenuti nel convegno hanno sostanzialmente concordato sul punto che sempre di più viene riportato in evidenza da filoni di pensiero fra loro anche molto diversi ma che hanno al centro la preoccupazione intorno alla libertà degli uomini e delle donne, sull’attenzione da focalizzare circa i bisogni della persona, sull’impegno per la non marginalizzazione e la povertà di ampie fasce della popolazione mondiale. Oggi le grandi religioni e quelle minori, il pensiero sociale laico, l’economia e la politica alte, convergono sulla convinzione che o riusciamo ad apportare sostanziali riforme alla logica dell’accumulazione, alle modalità della crescita e cerchiamo di ragionare e concretizzare stili di sviluppo che effettivamente vadano a beneficio della maggioranza, oppure, se la strada è unicamente questa che conosciamo, la certezza è che, prima o poi, si va a sbattere e violentemente.
La “pratica cooperativa” deve prima affiancarsi e progressivamente sostituire la “pratica della competizione”. Abbiamo visto che anche con le più buone intenzioni il mercato è difficilmente regolabile. Tutta la discussione sulle norme da applicare al mercato è sostanzialmente falsa. Il mercato capitalistico è questo. La storia ha dimostrato che ci possono essere altri tipi di mercato e mi riferisco alla situazione precedente l’avvento dell’industrializzazione, ma sono per l’appunto “altri”. Quindi se pensiamo a qualche cosa di libero ma diverso, la forma che si evidenzia in prima istanza è la cooperativa.
Il contrario esatto della posizione residuale che si vorrebbe riservarle. Un’altra questione è uscita con forza e trova conferma anche nella “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI. Dice l’enciclica: Va tuttavia sottolineato come non sia sufficiente progredire solo da un punto di vista economico e tecnologico. Bisogna che lo sviluppo sia anzitutto vero e integrale. L’uscita dalla arretratezza economica, un dato in sé positivo, non risolve la complessa problematica della promozione dell’uomo. Il perseguimento, da parte del movimento cooperativo, del pensiero globale come “superiore” e necessario rispetto al pensiero tecnologico e specialistico, è anch’esso un modo per affrontare la realtà non solo dal punto di vista del desiderio dei mercati, che sono soggetti in carne ed ossa con precise ideologie e strategie di accumulazione, ma da quello delle persone comuni e delle loro legittime aspirazioni ed esigenze.
Per l’autunno abbiamo messo in cantiere ulteriori spazi di pensiero in occasione anche del 120esimo anniversario della Cooperazione di Credito Trentino. Crediamo sarà necessario che le considerazioni sulla concretezza cooperativa si trasformino in ragionamenti e comunicazione circa il peso economico effettivo della cooperazione nel contesto del nostro territorio e sulle strategie necessarie per consolidarla ulteriormente.

diego.schelfi@ftcoop.it

Tratto dalla rivista: Cooperazione Trentina. N°4 – Aprile 2012

sabato 7 luglio 2012

Il consumo collaborativo e altri interessanti interventi - TED

Il consumo e la produzione non sono più separati come nella tradizione industriale. Qualunque asset che una persona ha comprato può essere messo in produzione come avviene quando le persone affittano una stanza della loro casa con Airbnb. Ne parla Rachel Botsman, coautrice di "What's mine is yours" sul consumo collaborativo, a TED Global. Che porta vari esempi di autoimpiego part-time per integrare le entrate mettendo a frutto le proprie capacità. Come montare i mobili dell'Ikea per gli altri, per esempio. «Tutto il processo dipende dalla capacità di costruire un sistema di fiducia». Airbnb è riuscita a sviluppare un sistema abbastanza accettato ed era necessario perché si doveva ospitare qualcuno nella casa. «La reputazione è essenzialmente contestuale. Non c'è un solo algoritmo che serva a costruire la reputazione. L'insieme di notizie che si raccolgono online la costruisce. La reputazione diventerà una sorta di nuova moneta, più potente della nostra storia di clienti della banca. È un capitale molto complesso. Ci sono siti che costruiscono reputazione sulle persone somministrando questionari alle persone che le conoscono». Citazione di Mark Pagel, Wired for culture: «A good reputation can be used to buy cooperation from others».

Robin Chase, fondatrice di Zipcar, ha portato il car sharing a un nuovo livello e ha portato il concetto dall'America a Parigi e sviluppa l'idea del capitalismo cooperativo. Il valore è condiviso: peers incorporated. L'organizzazione crea economie di scala le persone creano il valore. Le automobili condivise per esempio muovono ogni giorno più persone del Tgv. E nessuno ha dovuto comprare l'auto. È tutto fatto con la capacità in eccesso. Etsy serve a vendere cose fatte in casa. Ora Chase guida Buzzcar. «Ora sappiamo come fare. Devi creare siti nei quali entrambi i lati dello scambio trovano tutto quello che serve». Coinvolgendo i peer, si ottiene un'organizzazione nella quale un sacco di gente ci lavora cercando il proprio vantaggio e portando vantaggio all'insieme, influenza l'organizzazione, genera innovazione. «Tutto quello che serve è fare una piattaforma che funziona bene, chiara e trasparente, nella quale tutti possono facilmente partecipare».

Amy Cuddy psicologa sociale, si occupa di body language: comunicazione e gesti, non solo per i suoi studi sulla negoziazione ad Harvard. I messaggi non verbali influenzano si compiono e si interpretano coinvolgendo tutto il corpo. Ci sono gesti universali: ti senti forte, hai vinto, fai un gesto di grandezza alzando le braccia; ti senti debole, ti fai piccolo e chiudi le braccia intorno al corpo... Questo vale sia per gli umani che per i primati. «C'è purtroppo anche un gender gap in questo fenomeno. Le donne fanno più spesso gesti di debolezza che di potenza». Ma i messaggi non verbali generano anche qualcosa dentro di noi? «Fare un gesto forzato di gioia in effetti genera gioia. Fare un gesto di potere in effetti genera un senso di potere». Le menti dei potenti sono più fiduciose e ottimiste, prendono più rischi. Le menti dei deboli le portano a lanciare gesti e messaggi non verbali le le conducono a indebolirsi ulteriormente. La scienza dice che questo si può correggere.

Jason McCue, avvocato, fondatore di H2O che si occupa di management della reputazione. E parla di come fidarsi degli sconosciuti. Possono essere terroristi. La risposta della società è cercare di conoscere meglio le persone. Ma anche rispondere contro il terrorismo. E la prima mossa è coinvolgere le vittime. Smettere di essere reattivi e diventare proattivi.

Segue Marco Tempest, una star di TED. Prestigiatore a base tecnologica.

Il programma prevede poi Jane McGonigal, autrice di "Reality is broken", che ha alimentato il movimento per i giochi seri che hanno la capacità di motivare le persone a partecipare a impegni collettivi. Nell'ultimo talk a TED di McGonigal aveva sostenuto che si possono passare più ore a giocare. Molte reazioni negative, basate sull'idea che il gioco è perdere tempo. Ma McGonigal riporta i risultati scientifici che dicono che i rimpianti più grandi delle persone in punto di morte sono concentrati sull'idea che si sarebbe dovuto passare più tempo con gli amici o a esprimersi più liberamente o a cercare di essere felice; e meno a lavorare. Il gioco è uno dei modi più chiari per essere se stessi, coltivare la felicità e gli amici. McGonigal racconta una sua esperienza personale ai confini con la morte. E di come ne è uscita disegnando un gioco. (Interruzione del collegamento elettrico: il discorso di McGonigal salta a questo punto...).

di Luca De Biase


tratto da: http://lucadebiase.nova100.ilsole24ore.com/2012/06/parla-con-gli-sconosciuti-ted-global.html