martedì 7 dicembre 2010
The Corporation (Italiano) - Storia, Luci ed Ombre delle Multinazionali
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domenica 5 dicembre 2010
Il Corpo dei Giovani tra Pubblicità e Cultura - Umberto Galimberti
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domenica 28 novembre 2010
IL PIU' GRANDE CRIMINE - Paolo Barnard
"Sono milioni, furono milioni. Vissero così e vivono oggi così non per destino di natura, ma per una decisione presa a tavolino da coloro che fra poco conoscerete. Dovevano soffrire, devono soffrire, a milioni, perché dovevano vivere nel bisogno, nella carenza istituzionalizzata, dovevano lavorare come schiavi, avvelenarsi il vivere e consumarsi nell’invidia dei privilegiati. Poi morire. Così li avrebbero
neutralizzati. Fosse anche per le poche vite citate qui sopra, i mandanti di un simile crimine, nella realtà esteso a tutto il mondo occidentale, dovrebbero essere processati in una nuova Norimberga. Ma ciò che hanno ordito è persino peggiore di quanto vi ho appena accennato. E’ di sicuro il Più Grande Crimine dal dopoguerra a oggi in Occidente. Eccolo."
http://www.paolobarnard.info/docs/Il_Piu_Grande_Crimine.pdf
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lunedì 22 novembre 2010
NEOLIBERISMO Vs ESSERE UMANO (Subcomandante Marcos)
"Da una parte c'è il neoliberismo, con tutto il suo potere repressivo e i suoi strumenti di morte, dall'altra l'essere umano.
C'è chi si adatta ad essere un numero in più nella gigantesca borsa del potere; con cinismo percorre la scala orizzontale dello schiavo che è a sua volta padrone di altri schiavi. In cambio di una vita mortificata e delle briciole che il potere gli concede c'è chi si vende, si adatta, si arrende. In qualunque parte del mondo ci sono schiavi che si dichiarano felici di esserlo; in qualunque parte del mondo ci sono uomini e donne che rinunciano alla propria umanità e vanno ad occupare un posto nel gigantesco mercato della dignità. Ma c'è anche chi non si adatta, chi sceglie di essere scomodo, c'è chi non si vende, c'è chi non si arrende. C'è in tutto il mondo chi non si piega ad essere annichilito da questa guerra; c'è chi decide di combattere."
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mercoledì 27 ottobre 2010
La Purcetta anarchica - L'importanza dell'analisi e degli strumenti.
La Purcetta anarchica - Trilussa, 1922 - Le favole
Una Purcetta anarchica era entrata
drento ar castello d'un orologgio d'oro:
Che bel lavoro! Quante belle cose!
E come fanno tutte 'ste rotelle
a annà così d'accordo fra de loro? -
La Rota più lograta j'arispose:
Noi famo 'sto mestiere solamente
pe' fa' belle le sfere
che ce gireno intorno:
loro nun fanno un corno
e cianno li brillanti, mentre noi,
che faticamo, nun ciavemo gnente.
Voi che siete 'na bestia de coraggio,
voi che ciavete er sangue ne le vene,
buttateve framezzo a l'ingranaggio,
levatece un momento da 'ste pene...-
La Purcia, ner sentisse fa' 'st'eloggio,
disse: - Va bene! Se la vita mia
pô cambià l'annamento de l'orloggio,
moro acciaccata! Evviva l'anarchia! -
Ner dije 'ste parole, con un sarto
s'incastrò fra le rote e ce restò.
E fece male assai: ché er giorno appresso
la sfera granne annava addietro un quarto,
ma le rote giraveno lo stesso.
Riprendendo questa favoletta vorrei sottolineare che il coraggio e la buona volontà, per quanto morale possa essere, non bastano a cambiare le cose. Tale fine, infatti, necessita di un'attenta analisi dello status quo e degli strumenti necessari per cambiarlo. Altrimenti non saremo più utili alla società di quanto non lo sia stata la purcetta alle ruote dell'ingranaggio.
Una Purcetta anarchica era entrata
drento ar castello d'un orologgio d'oro:
Che bel lavoro! Quante belle cose!
E come fanno tutte 'ste rotelle
a annà così d'accordo fra de loro? -
La Rota più lograta j'arispose:
Noi famo 'sto mestiere solamente
pe' fa' belle le sfere
che ce gireno intorno:
loro nun fanno un corno
e cianno li brillanti, mentre noi,
che faticamo, nun ciavemo gnente.
Voi che siete 'na bestia de coraggio,
voi che ciavete er sangue ne le vene,
buttateve framezzo a l'ingranaggio,
levatece un momento da 'ste pene...-
La Purcia, ner sentisse fa' 'st'eloggio,
disse: - Va bene! Se la vita mia
pô cambià l'annamento de l'orloggio,
moro acciaccata! Evviva l'anarchia! -
Ner dije 'ste parole, con un sarto
s'incastrò fra le rote e ce restò.
E fece male assai: ché er giorno appresso
la sfera granne annava addietro un quarto,
ma le rote giraveno lo stesso.
Riprendendo questa favoletta vorrei sottolineare che il coraggio e la buona volontà, per quanto morale possa essere, non bastano a cambiare le cose. Tale fine, infatti, necessita di un'attenta analisi dello status quo e degli strumenti necessari per cambiarlo. Altrimenti non saremo più utili alla società di quanto non lo sia stata la purcetta alle ruote dell'ingranaggio.
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sabato 23 ottobre 2010
UNA LEZIONE PER IL NOSTRO FUTURO: L'esperienza cubana (1/4)
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venerdì 22 ottobre 2010
CUBA PREVIENE EPIDEMIA RICORRENDO ALL’OMEOPATIA
Secondo un convegno sull’omeopatia tenutosi di recente all’Avana, Cuba, nel 2007 e nel 2008 i ricercatori medici cubani usando l’omeopatia hanno prevenuto con successo l’annuale epidemia di leptospirosi presso una popolazione di cinque milioni di abitanti in due regioni di Cuba (rapporto integrale presso http://tinyurl.com/2476kgn).
Impiegando l’omeoprofilassi, l’equivalente omeopatico di un vaccino, un nosodo di leptospirosi è stato preparato e somministrato assieme a due essenze di fiori di Bach, allo scopo di affrontare i tipici effetti mentali ed emotivi della malattia.
Per oltre un mese sono state somministrate due dosi a una popolazione di cinque milioni di individui, portando l’incidenza dell’infezione a poco meno di dieci soggetti, senza esiti mortali.
In precedenza il trattamento convenzionale della popolazione tramite vaccino determinava comunque migliaia di infezioni nonché alcune vittime, con un costo pari a 2 milioni di dollari. La soluzione omeopatica ammonta ad appena il 10 per cento della suddetta cifra, vale a dire 200.000 dollari.
(Fonte: http://tinyurl.com/24mb9r3 )
Tratto dalla rivista "Nexus New Times"
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martedì 12 ottobre 2010
Si ai diritti, No ai ricatti.
“Si ai diritti, no ai ricatti” è lo slogan della manifestazione nazionale indetta dalla FIOM che si terrà il 16 Ottobre a Roma e che vedrà la partecipazione non solo del mondo del lavoro ma anche di quello dell’istruzione. L’obiettivo è condiviso: chiedere allo Stato italiano un cambio di rotta in tema di diritti, che negli ultimi anni sono stati progressivamente sacrificati sull’altare del profitto.
“Si ai diritti, no ai ricatti” è anche lo slogan dell’assemblea tenutasi a Milano, Lunedì 11 Ottobre presso l’aula magna dell’Università Bicocca, voluta dall’Attivo delegati FIOM-CGIL Lombardia.
I circa mille posti dell’aula magna si riempiono velocemente, come nelle grandi occasioni, e presto i partecipanti sono costretti a seguire in piedi negli spazi restanti. Un’altra volta mi è capitato di vedere quell’aula così gremita: era il 10 Marzo 2010 e l’occasione era il dibattito dal titolo “Epistemologia laica: le verità della scienza” con il premio nobel Margherita Hack come ospite d’onore. Allora il soggetto era la scienza e la sua storia, in quell’aula si respirava un’atmosfera unica mentre venivano rievocate le lotte fondamentali dell’uomo per affermare la sua libertà, scevra da ogni tipo di condizionamento e vincolo.
Come allora anche Lunedì l’atmosfera rievocava un passato fiero di lotta, anche in questo caso per l’affermazione della libertà dell’individuo attraverso il riconoscimento dei suoi diritti.
Ideatore di questo evento non è il mondo accademico, ma quello del lavoro, un sindacato in particolare: la FIOM – Federazione Impiegati Operai Metallurgici.
Grazie a questo sindacato e alle lotte che lo vedono protagonista – una per tutte quella di Pomigliano – la funzione del sindacato come strumento sta recuperando la sua dignità. Negli ultimi anni, infatti, la funzione dei sindacati è cambiata radicalmente. Il loro lavoro non riguarda più la promozione di nuovi diritti o la loro conservazione, ma una costante concertazione su quanto i diritti acquisiti nelle lotte del passato vadano ridotti.
Tra gli ospiti erano presenti Gert Bauer, segretario generale della IGM Reutilmgem – il sindacato tedesco dei metalmeccanici; Massimo Roccella, professore ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università di Torino; Vauro Senesi, giornalista e vignettista del Manifesto, noto soprattutto per le sue vignette nel programma televisivo di RAI 2 “Annozero”; Maurizio Landini, Segretario Generale FIOM-CGIL Nazionale.
L’intervento conclusivo di Landini ha toccato temi fondamentali quali le recenti crisi economiche e l’eccessivo laissez faire degli Stati in materia, con particolare riferimento alla condizione italiana. Un discorso degno di nota, soprattutto quando ricorda che la FIOM non è isolata; che le lotte di cui si fa capo non si rivolgono solo agli operai iscritti ma a tutta la società, al fine di garantire tutti i diritti dell’individuo e non solo quelli del lavoro.
E’ proprio su questo tema, i diritti, che il 16 Ottobre a Roma la FIOM non sarà sola: nella manifestazione, infatti, sarà presente anche il mondo della scuola per il diritto allo studio e contro i tagli dei fondi pubblici.
Il 16 a Roma non verranno solo mosse delle critiche ma verranno proposte delle alternative, cosa che spesso viene dimenticata. Alternative che vedono al centro l’essere umano e i suoi diritti, e proposte che chiedono una maggiore presenza di quello Stato che in tempi recenti si è dimostrato spettatore impotente del decadente spettacolo generato da quell’astratto e non meglio definito soggetto che chiamiamo “mercato”.
La manifestazione vedrà studenti e operai sfilare insieme, dunque - come dovrebbe essere - nella lotta per i diritti dell’individuo, una rivendicazione dell’importanza dell’essere umano sopra ogni altra cosa, sia esso il profitto o l’economia stessa. Fatto, questo, significativo in quanto simbolo di una diversa concezione della società: unita, capace di manifestare concretamente il proprio dissenso e di proporre delle alternative, consapevole che il benessere di ogni singola sua parte è la premessa per il benessere collettivo.
L’augurio conclusivo, dell’assemblea di Lunedì è stato quello che la manifestazione del 16 Ottobre possa segnare il punto di svolta per una società migliore. Ce lo auguriamo tutti.
Davide Baresi
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mercoledì 8 settembre 2010
MALCOLM X: THE HOUSE NEGRO AND THE FIELD NEGRO
Discorso molto attuale!
I'M A FIELD NEGRO!
I'M A FIELD NEGRO!
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lunedì 6 settembre 2010
Discorso tipico dello schiavo - Silvano Agosti
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lunedì 16 agosto 2010
Interessante documentario: La guerra alla democrazia - di John Pilger
domenica 1 agosto 2010
Giuliano Preparata sul Business della Ricerca Scientifica
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venerdì 23 luglio 2010
CONTRO ADAM SMITH E L'ELOGIO DELLA COMPETIZIONE: L' "EQUILIBRIO DI NASH" E L' "OTTIMO PARETIANO"
Il dilemma del prigioniero fornisce un valido spunto per confrontare i due concetti di equilibrio di Nash e ottimo di Pareto, e per comprenderne l'applicazione in economia. Riprendendo quanto illustrato nella definizione matematica dell'equilibrio di Nash, vediamo la loro applicazione al caso del dilemma del prigioniero. Le possibili scelte per due prigionieri in celle diverse non comunicanti sono parlare (accusando l'altro) o non parlare.
* Se entrambi non parlano avranno una pena leggera;
* Se entrambi parlano, accusandosi a vicenda, avranno una pena un po' più pesante;
* Se faranno scelte diverse, quello che parla avrà la libertà e l'altro avrà una pena molto pesante.
Se entrambi conoscono queste regole e non prendono accordi, la scelta che corrisponde all'equilibrio di Nash è di parlare, per entrambi. Da questo esempio si vede che la teoria nei casi reali non è sempre la soluzione migliore (o talvolta non è sufficientemente realistica).
Entrambi i giocatori hanno a disposizione le stesse strategie (due) e gli stessi pay-off (2x2) che sono (indicheremo per brevità confessa con c e non confessa con n e gli anni di carcere col segno meno poiché rappresentano perdite e quindi guadagni negativi):
* Strategie: Si = (c,n)
* Pay-off:
ui (c,c) = -6
ui (c,n) = 0
ui (n,c) = -7
ui (n,n) = -1
Si deduce immediatamente che, per entrambi, la strategia dominante è confessa, infatti
ui (c,c) > ui (n,c)
e
ui (c,n) > ui (n,n)
quindi qualunque sia la scelta dell'avversario, scegliere confessa garantisce sempre un guadagno maggiore rispetto a scegliere non confessa. È immediato riconoscere come la combinazione di strategie dominanti confessa-confessa soddisfi la disuguaglianza che definisce l'equilibrio di Nash, infatti per entrambi i giocatori
ui (c,c) > ui (n,c)
(per il secondo giocatore la disuguaglianza è soddisfatta invertendo l'ordine delle strategie). In sostanza, posto che il secondo giocatore confessi, il primo deve scegliere anch'esso confessa, e non può aumentare il proprio guadagno cambiando solo la sua strategia: il suo pay-off nel caso non confessa-confessa è minore di quello che otterrebbe giocando l'equilibrio. confessa-confessa è inoltre l'unico equilibrio del gioco, infatti nessun'altra combinazione di strategie soddisfa la disuguaglianza.
La soluzione del gioco è quindi che entrambi confessano, ottenendo 6 anni di carcere ciascuno.
L'aspetto tuttavia più interessante del dilemma del prigioniero è il seguente: tutte le combinazioni di strategie, ad eccezione dell'equilibrio di Nash, sono ottimi paretiani. Infatti, presa una qualunque di queste combinazioni, non è possibile trovarne un'altra che comporti per almeno uno dei due giocatori una riduzione degli anni di carcere senza che aumentino quelli dell'altro. Questo concetto non è invece applicabile all'equilibrio confessa-confessa: la combinazione non confessa-non confessa porta ad una riduzione degli anni di carcere per entrambi i giocatori (un anno ciascuno invece di 6) e poiché
ui (n,n) > ui (c,c)
per ogni i, (c, c) non è una soluzione Pareto-ottimale.
L'ottimo paretiano è un concetto di grande importanza in economia: l'obiettivo del mercato è quello di giungere sempre ad un ottimo di Pareto, cioè ad una situazione nella quale, indipendentemente dall'effettiva allocazione delle risorse, non sia possibile trovare un'altra allocazione che porti ad un incremento della ricchezza di alcuni senza sottrarre ricchezza ad altri. La ragione dell'importanza dell'ottimo di Pareto è intuitiva: se esiste una soluzione che comporta un incremento del guadagno di qualcuno senza che nessuno subisca delle perdite, vuol dire che esistono delle risorse che non sono state allocate, e che quindi verrebbero disperse. Nel caso dell'ottimo paretiano, infatti, l'ulteriore arricchimento di qualcuno passa necessariamente per l'impoverimento di qualcun altro. Il dilemma del prigioniero mette in luce un concetto cardine dell'economia: l'ottimo di Pareto è razionale dal punto di vista collettivo, ma non lo è affatto dal punto di vista individuale; in sostanza, se gli N agenti di un gioco (e quindi, per estensione, di un mercato) agiscono secondo la razionalità individuale, cioè col solo fine di massimizzare il proprio profitto personale, non è detto che essi raggiungano un ottimo di Pareto, ed in tal caso le loro azioni comportano una dispersione di risorse.
Il confronto tra equilibrio di Nash e ottimo paretiano smentisce quindi quanto sostenuto da Adam Smith, ritenuto, fino a prima della formulazione della teoria dell'equilibrio, il "padre dell'economia moderna". Egli infatti riteneva che se ogni componente di un gruppo persegue il proprio interesse personale, non può che accrescere la ricchezza complessiva del gruppo. Oggi invece sappiamo che se ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, il risultato cui si giunge è un equilibrio di Nash ma non necessariamente un ottimo di Pareto: è quindi possibile (e, si è poi dimostrato molto frequente) che se ogni agente fa solo il proprio interesse personale, si giunga ad un'allocazione inefficiente delle risorse. Nel caso del dilemma del prigioniero, ciò è evidente: il valore minimo possibile di anni di carcere è 0 per il singolo e 2 per il gruppo, ma se entrambi scelgono la propria strategia dominante, ne ottengono 6 (12 totali per il gruppo).
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lunedì 12 luglio 2010
Benito Livigni al V° Congresso di Senza Bavaglio
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sabato 26 giugno 2010
Documentario: La Rivoluzione della Canapa 1 di 8
Quello che "stranamente" non sappiamo, o che comunque non ci dicono.
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venerdì 11 giugno 2010
sabato 8 maggio 2010
Umberto Galimberti: IL VERO VOLTO DEL CAPITALISMO
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sabato 3 aprile 2010
I GUARITORI E IL CALCOLO DELLE PROBABILITA' - perchè chi si è sottoposto alle loro terapie dice che funzionano?
I guaritori e il calcolo delle probabilità
Il seguente brano vuole mostrare come dalla parte dei presunti guaritori giochi, oltre alla “faciloneria” dei soggetti che si sottopongono a tali presunte “terapie”, anche la statistica e il calcolo delle probabilità.
Come premessa dobbiamo definire il tipo di problemi per i quali i “faciloni” si rivolgono ai “guaritori”, e dobbiamo attribuire la probabilità che quel problema si risolva il giorno seguente per ragioni estranee all’intervento del “guaritore”.
Per quanto riguarda il tipo di problemi, possiamo individuare nei problemi fisici di lieve entità la ragione principale per cui i “faciloni” si rivolgono ai “guaritori”. Problemi quali forti mal di testa, dolori articolari, muscolari, lievi problemi respiratori o anche lievi problemi di origine psicologica quali stati depressivi, sono altamente frequenti nella popolazione e solitamente non molto duraturi. Proprio la specialità dei “guaritori”: la maggior parte di loro ammette infatti con molta “umiltà” di non poter guarire le persone dal cancro, ma di poter agire su tutta una serie di problemi e fastidi minori.
Per rendere maggiormente comprensibile l’esempio attribuiamo all’eventualità che il problema si risolva il giorno successivo per cause estranee all’eventuale intervento del nostro “guaritore” una probabilità del 50% (come se si trattasse del lancio di una moneta: nel 50% dei casi uscirà testa e il soggetto il giorno dopo non avrà più quel problema, nell’altro 50% uscirà croce e il soggetto l’indomani patirà ancora quel disturbo).
Il soggetto del nostro esempio è il Sig. Ettore, un vivace signore di 60 anni, dall’aspetto giovanile amante della compagnia e del buon vino.
Il Sig. Ettore, dopo il convivio della sera prima, si alza il Lunedì mattina con un forte mal di testa che proprio non riesce a spiegarsi. Inizialmente ipotizza che sia dovuto al simposio domenicale, ma al perdurare del problema fino a tarda sera l’ipotesi vacilla. Si convince allora che un buon riposo possa risolvere tutto. Affrancato da questa convinzione si corica presto per godere appieno del sonno ristoratore.
Purtroppo per lui la mattina seguente i sintomi non migliorano. La cosa si ripete anche il giorno successivo fino a quando, il Mercoledì mattina, decide di chiamare un suo amico per prendere appuntamento da questo “guaritore” perché proprio non ne può più. Durante la giornata di Mercoledì il mal di testa non migliora, neanche con l’aiuto di aspirine e simili, e il nostro amico aspetta con impazienza l’appuntamento dell’indomani.
Siamo a Giovedì, e il Sig. Ettore si reca speranzoso a casa del “guaritore”.
Sin dall’inizio della seduta quest’ultimo premette che non fa miracoli, e che affinché questo genere di terapie possa produrre un effetto, solitamente si richiede una serie di 10 “sedute”. Il nostro amico, non avvezzo ad argomenti quali energie sottili, Prana, Chi &co. accetta di buon grado, pur di risolvere quel fastidioso problema.
Prima di procedere oltre con l’esempio, è meglio fare un punto della situazione.
Come premesso la probabilità che il problema si risolva il giorno dopo è del 50%, questo implica che Ettore ha il 50% di probabilità (lo 0,5) di svegliarsi il Martedì mattina senza più alcun mal di testa. La stessa cosa si dica per il Mercoledì ed il Giovedì mattina, il giorno dell’incontro col “guaritore”. Da un rapido calcolo possiamo dire che le probabilità che Ettore si svegli il Mercoledì mattina senza alcun disturbo è dello 0,25 (0,5 x 0,5) o 25%, mentre il giorno dopo, Giovedì, sarà dello 0,125 o 12,5%.
Ora la cosa importante da evidenziare è che se il Sig. Ettore risolve il suo problema prima dell’incontro col “guaritore” dirà al suo amico di annullare l’appuntamento in quanto il problema “per fortuna” si è risolto da solo. In questo modo le “abilità” del presunto guaritore non verranno messe sotto esame.
Quest’eventualità si verificherà nell’ 87,5% dei casi (50% + 25% + 12,5%).
Che cos’accadrà nel restante 12,5%? Riprendiamo l’esempio.
Siamo a Giovedì ed Ettore si sta sottoponendo alla prima delle 10 sedute “terapeutiche”. Dopo un’oretta o poco più di rilassamento sul lettino del “terapeuta”, mentre questi era intento nelle sue pratiche, Ettore viene congedato con un bel sorriso e il portafoglio alleggerito di un’”offerta” (un particolare degno di nota a fini fiscali).
A questo punto arriviamo a Venerdì, e anche qui avremo il 50% di probabilità che Ettore si svegli senza più alcun disturbo. Se questo non si verifica il sig. Ettore penserà che effettivamente, come gli era stato detto, quelle “cose” per far effetto devono essere ripetute con una certa regolarità e per un certo periodo. Il giorno stesso, quindi, si recherà speranzoso dal “terapeuta/guaritore” esponendogli gli eventuali leggeri miglioramenti o peggioramenti, per poi sottoporsi nuovamente alla terapia.
(Anche per gli eventuali miglioramenti o peggioramenti le possibili spiegazioni che possono essere date dal “guaritore” sono infinite. Per esempio, un leggero miglioramento sarà interpretato come i primi effetti della terapia, mentre un peggioramento sarà attribuito a quelle “energie” che erano in noi assopite o mal indirizzate e che la terapia ha risvegliato o corretto, causando una reazione all’interno dell’organismo, segno che la terapia sta lavorando. Della serie “il banco vince sempre”).
Nell’ipotesi in cui, invece, Ettore si è svegliato il Venerdì mattina senza più alcun disturbo, immediatamente il nostro amico attribuirà tutto il merito al “guaritore”, senza esitare un secondo. A questo punto non è detto che tutte e 10 le sedute abbiano luogo, probabilmente, vista l’inaspettata efficacia, il Sig. Ettore si sottoporrà solo a 3 o 5 sedute, tanto per essere sicuri che l’effetto delle terapie non sia temporaneo.
Gli stessi ragionamenti verranno messi in atto l’indomani di ogni “seduta terapeutica” (nel nostro esempio Ettore si sottopone ad una seduta ogni giorno per dieci giorni).
E nella remota eventualità in cui dopo tutte e dieci le sedute (dopo dieci giorni quindi) il problema non si sia ancora risolto? Possiamo dire che l’efficacia di quelle sedute terapeutiche è paragonabile all’efficacia di un quotidiano pisolino di un’oretta?
Assolutamente no, infatti anche in quest’evenienza il presunto “guaritore” cadrà in piedi!
Infatti, attribuirà alla mancata efficacia delle proprie pratiche un’inaspettata profondità del problema che, di conseguenza, necessiterà di ulteriori sessioni terapeutiche per poter essere risolto. Probabilmente, per rendere l’offerta più appetitosa, il nostro “terapeuta” proporrà l’introduzione di nuove tecniche terapeutiche in aggiunta a quelle precedenti per affrontare meglio il problema.
(Lo so, viene spontaneo domandarsi “perché tira fuori queste nuove tecniche solo ora, e non le ha applicate sin dall’inizio?” Purtroppo in quelle occasioni non si da molto ascolto alla nostra razionalità, anche perché in quel caso dovremmo ammettere di aver commesso un banale errore fidandoci delle presunte capacità terapeutiche di uno sconosciuto, e ammettere i nostri errori è una delle cose che ci riesce peggio).
Vediamo ora qual’ è l’efficacia del nostro terapeuta dal punto di vista dei soggetti che si sono sottoposti alle terapie.
Come abbiamo visto in precedenza solo nel 12,5% dei casi il nostro amico Ettore si sarebbe sottoposto a tali terapie in quanto solo con quella probabilità un lieve problema come quelli descritti all’inizio si sarebbe protratto sino al quarto giorno.
Prima di procedere oltre è meglio var vedere la questione da un’altra prospettiva, per facilitarne la comprensione.
Dire infatti che il Sig. Ettore ha solo il 12,5% delle probabilità di andare dal terapeuta, equivale a dire che su 1'000'000 un milione di soggetti svegliatisi il Lunedì mattina con un forte mal di testa, solo 125’000 patiranno ancora quel problema il Giovedì e di conseguenza andranno dal “terapeuta”.
Quindi il totale di soggetti che si sottopone a terapia (e che potrà testare l’efficacia del guaritore) è di 125’000.
Ora, come abbiamo premesso, il 50% di loro risolverà il problema il giorno seguente (Venerdì). Quindi (125’000 diviso due è uguale a 62’500) 62’500 soggetti crederanno di essere guariti grazie ad una sola seduta di terapia.
La cosa si ripete per tutti e dieci i giorni di terapia, e dallo schema seguente si può evincere come nel nostro caso la probabilità di non aver risolto il problema dopo i 10 giorni di “terapia” sia pari allo 0.0122% ovvero 122 persone su un milione.
Gio Ven Sab Dom Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
Giorni di terapia: 1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10°
Soggetti non guariti: 125000 62500 31250 15625 7812 3906 1953 976 488 244 122
Soggetti guariti l'indomani: 62500 31250 15625 7813 3906 1953 977 488 244 122
Probabilità %: 12,5 6,25 3,125 1,5625 0,7813 0,3906 0,1953 0,0977 0,0488 0,0244 0,0122
Da questo semplice esempio possiamo vedere come ben 124'878 persone su 125'000 (ovvero il 99,9024%) crederanno di esser guarite grazie all’intervento del “terapeuta” (mentre in realtà il problema si è risolto per altre cause).
Ovviamente questo è solo un esempio, e molti aspetti sono stati semplificati per rendere la cosa più chiara e comprensibile, ma dovrebbe comunque farci riflettere sulla facilità con cui degli eventi casuali possano essere invece attribuiti a determinate cause o essere soggettivamente caricati di significato.
Con questo non voglio dire che tutti i terapeuti o presunti guaritori siano dei criminali, molti di loro sono in buona fede, e alcuni, chissà, hanno veramente delle sconosciute capacità guaritrici.
Ciò nondimeno dobbiamo ricordarci, ogni volta che ci avviciniamo a tali argomenti, di procedere cautamente, in modo razionale e consapevole, cercando sempre delle basi oggettive o delle prove su cui basare le nostre scelte, i nostri giudizi e credenze.
mercoledì 17 marzo 2010
TRE RIFLESSIONI FONDAMENTALI
Bellissimo documentario di Naomi Klein e Avi Lewis sulla crisi argentina di fine 2001.
Il documentario analizza in modo lucido le cause di tale crisi e le conseguenze che essa ha portato nel paese.
Effettivamente viene da chiedersi quale valore possa avere un documentario che tratta di eventi avvenuti nove anni fa se non quello storico... Personalmente credo che di valore ne abbia parecchio, in quanto ci sono importanti osservazioni e lezioni che possono essere apprese da esso e tornare molto utili.
Senza volermi addentrare in un'analisi dettagliata della crisi e del documentario (cosa che renderebbe questo post illeggibile) vorrei comunque fare tre riflessioni.
PREMESSA
Come detto l'importanza del documentario risiede nella possibilità che ci viene data di poter imparare dall'esperienza (e inevitabilmente dagli errori) dei nostri amici argentini.
PRIMA RIFLESSIONE
1- La prima cosa che mi ha colpito, e che vorrei condividere (con i miei numerosissimi lettori, s'intende..), è stata l'incapacità del popolo argentino di cambiare radicalmente quel sistema che si è dimostrato empiricamente fallimentare oltre che arrogantemente ingiusto (senza parlare dell'aspetto morale logicamente..) e che ha permesso il verificarsi della crisi stessa.
Questa incapacità mi è sembrata palese soprattutto nella parte del documentario in cui i lavoratori della Forjia San Martin dovettero aspettare il permesso di un giudice per poter iniziare la produzione nella "loro" fabbrica (fabbrica occupata dai lavoratori).
Da questo episodio si capisce come quei lavoratori non avessero capito che tutte le parti del "sistema" devono essere cambiate, e che non basta quindi criticare ed opporsi al solo sistema economico e politico per poter avere dei veri cambiamenti.
Se è vero infatti che il sistema economico-finanziario(-monetario) influenza fortemente (per non dire produce) il sistema politico, è altrettanto vero che il sistema politico influenza pesantemente il sistema legislativo-giudiziario (che a sua volta "legittima" l'eventuale uso (spregevole) della forza (polizia/esercito) contro il popolo).
Diventa quindi inutile combattere il sistema economico e politico se poi, quando si ha la concreta possibilità di cambiarli, si accettano le leggi (sistema legislativo) che essi hanno prodotto, trovandosi quindi costretti a giocare secondo le loro regole.
SECONDA RIFLESSIONE
2- Altra riflessione che credo sia degna di nota, riguarda l'impreparazione del popolo argentino di prendere in mano le redini della situazione per poter poi impostare il cambiamento concreto.
Sembra infatti che la "massa" possa essere molto compatta ed agire in modo abbastanza organizzato se c'è qualcosa/qualcuno a cui opporsi o da criticare. Quando invece questo qualcosa/qualcuno viene meno, sembra che ciò che potremmo definire "horror vacui" prenda il sopravvento, producendo una disintegrazione di quel "soggetto" che riusciva prima ad agire come "uno" producendo delle azioni efficaci.
Il venir meno di un "nemico comune" porta quindi alla disorganizzazione e alla nascita di varie organizzazioni che non riescono più a comunicare in modo efficace e trovare un obiettivo comune.
Questo a mio avviso dovrebbe insegnarci che la lotta al "sistema" non va costruita sulla critica e sull'opposizione allo "status quo", quanto piuttosto sull'elaborazione e propaganda della realtà alternativa che potremmo costruire se solo lo volessimo. Questa impostazione comportamentale si è rivelata empiricamente efficace, come dimostrano gli esempi di Gandhi, John Lennon, Martin Luther King, Malcom X e molti altri... ("efficaci" nella misura in cui hanno costretto il "sistema" ad eliminarli fisicamente per evitarne le conseguenze..).
Devo fare due precisazioni a quanto appena detto:
1)La critica e l'opposizione al "sistema" ricoprono comunque un ruolo importantissimo nel tentativo di informare le masse (o il popolo, come volete).
2) Non si può sperare di cambiare qualcosa se non si crea un movimento (o organizzazione, chiamatela come volete) che comprenda al suo interno tutte le critiche al "sistema" e tutte le volontà di cambiamento presenti nella società (che spesso, purtroppo, si concretizzano in mille e più organizzazioni minori, per questo motivo inefficaci), che sia estremamente organizzato e disciplinato (non nel senso militare logicamente), e profondamente radicato sul territorio, agendo (punto fondamentale) comunque come unico soggetto (generando quindi azioni efficaci).
TERZA RIFLESSIONE
3- Un'ultima riflessione (mi scuso per la lunghezza del post. Se siete arrivati fin qui vuol dire che non vi siete fatti scoraggiare dalla lunghezza del post, e vi ammiro per questo), di carattere più pragmatico rispetto alle due precedenti, riguarda il dilemma tra creare un referente politico o meno del supposto "movimento" o "organizzazione".
Premetto che sono al corrente degli interessi che muovono la politica (da me paragonata ad "..uno spettacolo di marionette... tutto molto movimentato e colorito, ma i fili li tira qualcun altro.") e di conseguenza disilluso sulla possibilità che tramite essa si possa produrre il cambiamento che ci auspichiamo e per cui ci attiviamo.
Devo comunque ammettere, per onestà intellettuale, che se quel grande movimento del popolo argentino avesse prodotto in seguito alla crisi un nuovo soggetto politico, in quel modo si sarebbero potuti produrre sostanziali cambiamenti a livello di sistema legislativo-giudiziario (leggi nuove) con importanti conseguenze a livello politico (livello teoricamente già risolto con la nascita del nuovo soggetto, ma si sa.. la prudenza non è mai troppa) e a livello economico-finanziario (oltre che monetario ovviamente). Il tutto in modo "legittimo" appunto, senza dover quindi dover fronteggiare forze di polizia/esercito, eventualità che produrrebbe guerre civili o rivoluzioni sanguinose.
Dal documentario si noterà inoltre come il non verificarsi di questa possibilità abbia portato in Argentina al ritorno delle stesse facce e forze politiche che hanno permesso il verificarsi della crisi stessa.
Quest’ultimo punto riguarda l'eterno dilemma riguardante la possibilità di cambiare la realtà dall'interno del sistema o dall'esterno di esso.
Personalmente non credo che una delle due sia giusta e l'altra sbagliata. Credo, infatti, che quel "movimento/organizzazione" ipotizzato nella seconda riflessione debba perseguire tutte le strade possibili che possono aiutare il concretizzarsi della realtà alternativa proposta. Di conseguenza credo che quell'unico e "omnicomprensivo" "movimento/organizzazione" debba perseguire entrambe le strade in modo tale da pervadere come un virus ogni aspetto del "sistema", combattendolo a tutti i livelli (tranne quello militare ovviamente, sarebbe utopia) e quindi in modo efficace.
Se siete arrivati fin qui a leggere sarò felice di offrirvi una birra o una cena per ringraziarvi e logicamente poter avere un costruttivo dibattito su questi temi :)
Grazie
Il documentario analizza in modo lucido le cause di tale crisi e le conseguenze che essa ha portato nel paese.
Effettivamente viene da chiedersi quale valore possa avere un documentario che tratta di eventi avvenuti nove anni fa se non quello storico... Personalmente credo che di valore ne abbia parecchio, in quanto ci sono importanti osservazioni e lezioni che possono essere apprese da esso e tornare molto utili.
Senza volermi addentrare in un'analisi dettagliata della crisi e del documentario (cosa che renderebbe questo post illeggibile) vorrei comunque fare tre riflessioni.
PREMESSA
Come detto l'importanza del documentario risiede nella possibilità che ci viene data di poter imparare dall'esperienza (e inevitabilmente dagli errori) dei nostri amici argentini.
PRIMA RIFLESSIONE
1- La prima cosa che mi ha colpito, e che vorrei condividere (con i miei numerosissimi lettori, s'intende..), è stata l'incapacità del popolo argentino di cambiare radicalmente quel sistema che si è dimostrato empiricamente fallimentare oltre che arrogantemente ingiusto (senza parlare dell'aspetto morale logicamente..) e che ha permesso il verificarsi della crisi stessa.
Questa incapacità mi è sembrata palese soprattutto nella parte del documentario in cui i lavoratori della Forjia San Martin dovettero aspettare il permesso di un giudice per poter iniziare la produzione nella "loro" fabbrica (fabbrica occupata dai lavoratori).
Da questo episodio si capisce come quei lavoratori non avessero capito che tutte le parti del "sistema" devono essere cambiate, e che non basta quindi criticare ed opporsi al solo sistema economico e politico per poter avere dei veri cambiamenti.
Se è vero infatti che il sistema economico-finanziario(-monetario) influenza fortemente (per non dire produce) il sistema politico, è altrettanto vero che il sistema politico influenza pesantemente il sistema legislativo-giudiziario (che a sua volta "legittima" l'eventuale uso (spregevole) della forza (polizia/esercito) contro il popolo).
Diventa quindi inutile combattere il sistema economico e politico se poi, quando si ha la concreta possibilità di cambiarli, si accettano le leggi (sistema legislativo) che essi hanno prodotto, trovandosi quindi costretti a giocare secondo le loro regole.
SECONDA RIFLESSIONE
2- Altra riflessione che credo sia degna di nota, riguarda l'impreparazione del popolo argentino di prendere in mano le redini della situazione per poter poi impostare il cambiamento concreto.
Sembra infatti che la "massa" possa essere molto compatta ed agire in modo abbastanza organizzato se c'è qualcosa/qualcuno a cui opporsi o da criticare. Quando invece questo qualcosa/qualcuno viene meno, sembra che ciò che potremmo definire "horror vacui" prenda il sopravvento, producendo una disintegrazione di quel "soggetto" che riusciva prima ad agire come "uno" producendo delle azioni efficaci.
Il venir meno di un "nemico comune" porta quindi alla disorganizzazione e alla nascita di varie organizzazioni che non riescono più a comunicare in modo efficace e trovare un obiettivo comune.
Questo a mio avviso dovrebbe insegnarci che la lotta al "sistema" non va costruita sulla critica e sull'opposizione allo "status quo", quanto piuttosto sull'elaborazione e propaganda della realtà alternativa che potremmo costruire se solo lo volessimo. Questa impostazione comportamentale si è rivelata empiricamente efficace, come dimostrano gli esempi di Gandhi, John Lennon, Martin Luther King, Malcom X e molti altri... ("efficaci" nella misura in cui hanno costretto il "sistema" ad eliminarli fisicamente per evitarne le conseguenze..).
Devo fare due precisazioni a quanto appena detto:
1)La critica e l'opposizione al "sistema" ricoprono comunque un ruolo importantissimo nel tentativo di informare le masse (o il popolo, come volete).
2) Non si può sperare di cambiare qualcosa se non si crea un movimento (o organizzazione, chiamatela come volete) che comprenda al suo interno tutte le critiche al "sistema" e tutte le volontà di cambiamento presenti nella società (che spesso, purtroppo, si concretizzano in mille e più organizzazioni minori, per questo motivo inefficaci), che sia estremamente organizzato e disciplinato (non nel senso militare logicamente), e profondamente radicato sul territorio, agendo (punto fondamentale) comunque come unico soggetto (generando quindi azioni efficaci).
TERZA RIFLESSIONE
3- Un'ultima riflessione (mi scuso per la lunghezza del post. Se siete arrivati fin qui vuol dire che non vi siete fatti scoraggiare dalla lunghezza del post, e vi ammiro per questo), di carattere più pragmatico rispetto alle due precedenti, riguarda il dilemma tra creare un referente politico o meno del supposto "movimento" o "organizzazione".
Premetto che sono al corrente degli interessi che muovono la politica (da me paragonata ad "..uno spettacolo di marionette... tutto molto movimentato e colorito, ma i fili li tira qualcun altro.") e di conseguenza disilluso sulla possibilità che tramite essa si possa produrre il cambiamento che ci auspichiamo e per cui ci attiviamo.
Devo comunque ammettere, per onestà intellettuale, che se quel grande movimento del popolo argentino avesse prodotto in seguito alla crisi un nuovo soggetto politico, in quel modo si sarebbero potuti produrre sostanziali cambiamenti a livello di sistema legislativo-giudiziario (leggi nuove) con importanti conseguenze a livello politico (livello teoricamente già risolto con la nascita del nuovo soggetto, ma si sa.. la prudenza non è mai troppa) e a livello economico-finanziario (oltre che monetario ovviamente). Il tutto in modo "legittimo" appunto, senza dover quindi dover fronteggiare forze di polizia/esercito, eventualità che produrrebbe guerre civili o rivoluzioni sanguinose.
Dal documentario si noterà inoltre come il non verificarsi di questa possibilità abbia portato in Argentina al ritorno delle stesse facce e forze politiche che hanno permesso il verificarsi della crisi stessa.
Quest’ultimo punto riguarda l'eterno dilemma riguardante la possibilità di cambiare la realtà dall'interno del sistema o dall'esterno di esso.
Personalmente non credo che una delle due sia giusta e l'altra sbagliata. Credo, infatti, che quel "movimento/organizzazione" ipotizzato nella seconda riflessione debba perseguire tutte le strade possibili che possono aiutare il concretizzarsi della realtà alternativa proposta. Di conseguenza credo che quell'unico e "omnicomprensivo" "movimento/organizzazione" debba perseguire entrambe le strade in modo tale da pervadere come un virus ogni aspetto del "sistema", combattendolo a tutti i livelli (tranne quello militare ovviamente, sarebbe utopia) e quindi in modo efficace.
Se siete arrivati fin qui a leggere sarò felice di offrirvi una birra o una cena per ringraziarvi e logicamente poter avere un costruttivo dibattito su questi temi :)
Grazie
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venerdì 12 marzo 2010
Le mammografie provocano il cancro al seno
Alcuni sostengono che il fatto di non sottoporsi annualmente mammografia comporti che innumerevoli donne riceveranno una virtuale condanna a morte, in quanto i loro tumori del seno non verranno scoperti. Quel che tuttavia viene raramente discusso in merito alle mammografie è che i test potrebbero di fatto provocare numerosi casi di cancro al seno.
Un nuovo studio, presentato in occasione del convegno annuale della Radiological Society of North America (RSNA), conclude che le radiazioni a basso dosaggio derivanti dalla mammografia annuale aumentano il rischio di cancro al seno in donne con predisposizione genetica famigliare. Tale aspetto desta particolare preoccupazione in quanto le donne ad alto rischio di cancro al seno vengono indotte a iniziare le mammografie in più giovane età - intorno ai 25 anni - a significare che queste donne vengono esposte a maggior quantità di radiazioni da mammografia prima e per un maggior numero di anni rispetto alle donne che non presentano cancro al seno nel rispettivo albero genealogico. Marijke C. Jansen-van der Weide, Pdh, epidemiologa presso il Dipartimento di Epidemiologia e Radiologia del centro medico universitario Groningen , Olanda, in una dichiarazione ai media ha affermato: “Per le donne a elevato rischio di cancro al seno lo screening è assai importante tuttavia, allorquando si consideri la mammografia per screening di giovani donne, in particolare di età inferiore ai 30 anni, sarebbe necessario assumere un atteggiamento assai prudente. Per di più, la ripetuta esposizione a radiazioni in bassa dose aumentano il rischio di cancro al seno tra queste giovani donne già di per sé ad alto rischio, quindi un approccio cauto è giustificato.” Se siete abbastanza ingenue da farvi irradiare ogni anno il seno, allora non rimanete stupite o sconvolte se un giorno ci troveranno annidato un tumore.
(Fonte: Natural News, 2 Dicembre 2009, http://tinyurl.com/yamx7c8)
Tratto dalla rivista “Nexus New Times”
martedì 9 marzo 2010
Ignorata cura per l’HIV
Il Dr. Gero Hutter, in forza al dipartimento di ematologia, Oncologia e Trasfusioni del Charity University Hospital di Berlino, Germania, ha elaborato un innovativo trattamento per eliminare tutte le tracce di HIV nei pazienti.
La cura è stata descritta per la prima volta dei medici tedeschi nel febbraio 2008, in occasione della XV convegno annuale su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche tenutosi a Boston, USA. Il New England Journal of Medicine ne ha pubblicato un rapporto sul numero del 12 febbraio 2009.
Il caso della cura in questione riguardano un quarantenne statunitense impiegato professionalmente a Berlino, il quale era positivo all'HIV da un decennio. L'infezione da HIV veniva tenuta sotto controllo da quattro anni tramite un regime di trattamento convenzionale. Tuttavia, allorquando il paziente ha sviluppato una leucemia, Hutter, invece di optare per il donatore più compatibile, ha intenzionalmente scelto un donatore di cellule sterminali il quale aveva una mutazione genetica nota come CCR5-delta32.
Hutter rammentava una ricerca esaminata per la prima volta nel 1996, nel cui contesto si rilevò che alcuni omosessuali dell'area di San Francisco non venivano infettati da HIV a dispetto di attività sessuali a rischio. In seguito si scoprì che gli uomini in questione avevano tutti la mutazione genetica CCR5-delta32.
Il trapianto di cellule sterminali sul paziente ha avuto successo, anche se egli ne ha dovuto subire un secondo (dal medesimo donatore) quando si è verificata una recidiva della leucemia.
Da due anni il paziente non assume farmaci contro l’HIV, non è manifesta tracce rilevabili nel sangue, ossa, intestino o linfonodi e presenta un conteggio normale delle cellule-T.
(Fonte: BaldwinCountyNow.com, 27 maggio 2009, http://tinyurl.com/kvt5hg)
Tratto dalla rivista “Nexus New Times”
lunedì 8 marzo 2010
Contraffatto documento sul nucleare iraniano
L’intelligence statunitense ha tratto la conclusione che il documento pubblicato in data 14 dicembre dal londinese Times, che a quanto risulta descrive un piano iraniano per la sperimentazione su quello che il quotidiano definisce un “iniziatore di neutroni” per un'arma atomica, secondo un ex agente della CIA è una montatura.
Philip Giraldi, dal 1976 al 1992 agente dell'antiterrorismo della CIA, sostiene che gli Stati Uniti non hanno avuto nulla a che fare con la contraffazione di tale documento e che il principale sospetto è Israele. Le fonti non escludono un ruolo svolto dai britannici nella vicenda.
Non è la prima volta che Giraldi ha ricevuto dalle proprie fonti dell'intelligence una soffiata su documenti contraffatti. Nel 2005, Giraldi ha identificato Michael Ledeen, ex consulente di estrema destra del Consiglio per la Sicurezza Nazionale del Pentagono, come l'autore di una lettera contraffatta che dava a intendere di dimostrare l'interesse dell’Iraq verso l'acquisto di uranio dal Niger, lettera utilizzata dall'amministrazione di Gorge W. Bush per sostenere la propria tesi che Saddam Hussein avesse un programma attivo concernente armamenti nucleari.
Giraldi ha inoltre identificato funzionari dell’Office of Special Plans i quali hanno contraffatto una lettera che si pretendeva scritta da Tahir Jalil Habbush al-Tikriti, direttore dell'intelligence di Hussein, in cui si faceva riferimento a un'operazione dell'intelligence irachena per organizzare una spedizione non meglio identificata dal Niger.
(Fonte: Inter Press Service, 28 Dicembre 2009, http://tinyurl.com/y8q9c95)
Tratto dalla rivista “Nexus New Times”
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sabato 6 marzo 2010
Buon profeta Jonathan: perché mangiare carne è una follia
Buon profeta Jonathan
di Umberto Veronesi
Il grande oncologo spiega perché mangiare carne è una follia
Roberto Saviano ha 31 anni, Jonathan Safran Foer ne ha 32. L'autore italiano di 'Gomorra' e l'autore americano di cui sta ora per uscire anche in Italia l'appassionato 'Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?' che ha già suscitato in America violente polemiche, a mio giudizio hanno in comune la rara capacità di fare gli scrittori entrando nel vivo di realtà scomode. Forse bisogna pensare ad Emile Zola, per trovare un precedente. Apparentemente si occupano di cose molto diverse, perché Saviano fa un reportage sulla società egemonizzata dalla camorra, mentre Safran Foer fa un'inchiesta sul mondo semisconosciuto degli allevamenti di animali da carne, ma entrambi ci comunicano l'esistenza di nuclei di 'non-mondo', dove la violenza di un modello di profitto (illegale il primo, formalmente legale il secondo) cancella in qualche modo l'idea di umanità.
Perché? Perché tutto diventa una macchina per far soldi, e se alla camorra non importa svuotare la democrazia, all'industria della carne non importa svuotare le prospettive di sopravvivenza del nostro pianeta. I dati a nostra disposizione sono sinistramente chiari, e non è inutile ricordarli. Nel 1800 la popolazione mondiale era di 900 milioni di individui, poi c'è stata una crescita accelerata.
Nel 1900 la popolazione era già quasi raddoppiata, con 1 miliardo e 600 milioni di persone. Ora siamo arrivati a quasi 7 miliardi, e si presume che nel 2025, cioè tra appena quindici anni, sulla Terra ci saranno 10 miliardi di uomini. Che fare?
I Paesi del Terzo Mondo sospettano le nazioni del benessere di voler imporre la denatalità, e io, per conto mio, sono convinto che bisogna ben guardarsi da tentazioni demografiche odiose. Sono però altrettanto convinto che siamo ormai arrivati a un punto di rottura, e che - oggi, e non domani - bisogna fare una scelta tra il nutrire gli uomini e nutrire gli animali per consumarne la carne. Altrimenti sarà la fame, e insieme con la fame, la guerra. Non dimentichiamo poi un'altra sciagura che sovrasta il nostro pianeta, cioè il progressivo riscaldamento dell'atmosfera, che può arrivare a sconvolgere gli equilibri, con conseguenze inimmaginabili. L'allevamento industriale di animali da macello è il primo responsabile del riscaldamento terrestre, ed è tra le prime due o tre cause di tutti i problemi ambientali più gravi, come l'inquinamento dell'aria e dell'acqua e la distruzione delle foreste. E allora?
Allora bisogna prendere la decisione, motivata e razionale, di cambiare modello. Non è impossibile. Gli scienziati sono d'accordo che la fame nel mondo non è una questione di produzione, ma di distribuzione delle risorse. Tecnicamente sarebbe possibile nutrire tutta l'umanità se si fa la scelta vegetariana. Volete un dato convincente? Un chilo di carne sulla nostra tavola ha richiesto 20 mila litri di acqua, proprio quel cosiddetto 'oro azzurro' che oggi noi impieghiamo (e sprechiamo) con la massima tranquillità e indifferenza, e che domani potrebbe addirittura venir razionato su scala mondiale, come sanno già a loro spese quelle aree del pianeta dove l'acqua è rara e preziosa.
Io, cresciuto in una cascina dove vedevo pulcini e vitellini e non mi sapevo adattare all'idea che poi venissero uccisi, sono vegetariano per scelta etica, e non posso impedirmi di vedere dietro una bistecca o una salsiccia le sofferenze e la morte di creature viventi. E c'è dell'altro, puntualmente presente nella non-fiction di Safran Foer, in realtà una superba inchiesta sul campo che mostra tutti gli orrori degli allevamenti e delle macellazioni: gli americani consumano ogni anno quattro milioni di chili di antibiotici, mentre per trattare gli animali da macello ne vengono impiegati trentotto milioni di chili, il che significa in pratica, per la legge della catena alimentare, che si consuma carne inzeppata di antibiotici, con quali risultati per la salute umana è facile immaginarlo, a partire dalla selezione di ceppi di germi resistenti agli antibiotici stessi.
Chiudo con un'annotazione. Il loro nome è animali, ma noi non gli riconosciamo l'anima, qualunque cosa essa sia. Riconosciamogli almeno la capacità di esseri 'senzienti'. Esseri vivi e palpitanti, che sentono il disagio, il dolore, la paura, l'angoscia. Non facciamoli nascere per farne delle 'cose'. Sottomesse all'inaudita violenza con cui noi trattiamo ciò che secondo noi origina dal nulla e ritorna nel nulla, e che perciò ci sentiamo autorizzati, senza rimorso e anzi placidamente, a manipolare e a distruggere a nostro piacimento.
(22 febbraio 2010)
(from: http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2121472/&print=true)
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