giovedì 31 marzo 2011

Lettera aperta a Paolo Barnard

Lettera aperta a Paolo Barnard 31-03-2011

Premessa

Paolo è un giornalista che stimo, sia per i suoi lavori, sia per il tipo di persona che penso essere. Inoltre credo che i suoi ultimi approfondimenti siano fondamentali per capire bene il contesto in cui ci troviamo ad agire e a vivere.




Caro Paolo,

Ti scrivo questa lettera (che immagino leggeranno solo pochi aficionados) in risposta agli ultimi due aggiornamenti sul tuo sito (12° aggiornamento, parte prima e parte seconda).
In questi descrivi il tuo atteggiamento nelle varie conferenze che tieni o a cui intervieni.
Un atteggiamento che, sinceramente, considero controproducente per vari motivi, che elencherò nel corso della lettera.
Per iniziare vorrei utilizzare anch’io la metafora cinematografica, così come hai fatto negli articoli in questione. Il pezzo che propongo è tratto da “Il signore degli anelli – il ritorno del re”, il terzo della saga per intenderci. Il frammento si riferisce all’assedio di una città da parte delle truppe nemiche (per semplificare), le quali erano numericamente di gran lunga superiori ai soldati chiamati a difendere la città. Quando il sovrintendente della città vede le truppe del nemico schierate di fronte alle mura si abbandona alla paura e alla disperazione gridando alle sue truppe di salvarsi, abbandonare le mura e scappare. Prontamente il vecchio e saggio stregone della città zittisce in malo modo il sovrintendente e, prendendo in mano la situazione, richiama le truppe all’ordine e alla difesa della città, motivandoli e incitandoli a combattere.



Qui il frammento del film.
http://www.youtube.com/watch?v=qLpPAz0tz98&feature=related

Ora senza estremizzare, credo che nell’incontro in provincia di Pistoia venerdì 4 febbraio le tue parole ed il tuo atteggiamento abbiano avuto sul pubblico un effetto analogo a quello che il sovrintendente ha sortito tra le sue truppe, se non peggiore.
Tu stesso ti definisci “sterilizzatore di speranza”.

Personalmente credo che questo atteggiamento sia profondamente controproducente. Per un motivo molto semplice: la realtà che siamo chiamati ad affrontare è una realtà socio-costruita. Questo vuol dire che, eccetto la materia in sé, la realtà che esperiamo è determinata dal nostro comportamento.
Credo che questo punto, per quanto banale possa apparire ad alcuni, sia di fondamentale importanza perché permette di capire che senza gli altri (o “l’altro” in generale) non si può sperare di cambiare qualcosa o creare una realtà diversa.
Quindi ogni azione che facciamo nella direzione del cambiamento non può prescindere dall’analisi di come “l’altro” recepirà la mia azione, né dalle conseguenze che la mia azione avrà sull’altro (sempre guardando all’obiettivo: il cambiamento).
In quest’ottica il tuo atteggiamento nei confronti di quei poveracci – che cercavano delle soluzioni o quanto meno dei punti d’appoggio, come naufraghi in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi per non affogare – è controproducente.
Perché un soldato, per tornare alla metafora del film, è utile se è motivato, se crede in qualcosa, e se ha qualcosa per cui combattere; un soldato depresso e abbandonato alle proprie angosce non serve a nulla, se non al nemico.


Concordo con te, Paolo, e ti capisco, quando dici che quel poco di attivismo che c’è è male indirizzato perché si concentra su temi secondari (Santoro, Travaglio ecc.) senza vedere il quadro generale, e che per questo motivo è inutile se non addirittura dannoso. Concordo, ma non è annientando le speranze del prossimo che si rinforza (e tanto meno si crea) l’attivismo sperato (quello “giusto, giusto” per riprendere il tuo pezzo).
Serve gente motivata ad agire per un presente migliore, non disperata per un domani nero.

Per questi motivi credo che l’atteggiamento che hai sia controindicato, perché se da un lato i tuoi lavori sono fondamentali per l’aspetto conoscitivo, dall’altro sono demoralizzanti per il modo in cui li presenti.
Attenzione, non sto dicendo che dovresti metterla giù allegramente, o illudere il prossimo, dico che “se vogliamo affrontare dei titani di questa posta, bisogna organizzarsi completamente in un altro modo. Bisogna organizzare una resistenza altrettanto compatta, disciplinata, capillare, su tutti i territori nazionali”. Parole tue. Parole sacrosante.
Il punto è proprio questo, la creazione di quella resistenza.
Resistenza che dovrà essere formata da centinaia di migliaia di persone – se non di più, non so – e la cui formazione necessita di un’attenta analisi “dell’altro”: del suo comportamento, delle dimensioni che lo influenzano (motivazione, emozione, bisogni e desideri ecc.) e, di conseguenza, di come comunicare con lui nel miglior modo possibile (nell’ottica del fine che ci prefiggiamo).
Ovviamente questo non basta, ma credo che sia comunque necessario.
La comunicazione è il tuo pane quotidiano, lo so bene, ma credo che questa volta tu ti stia sbagliando.

La presa di coscienza non è sufficiente se non è accompagnata da un’analisi degli strumenti di cui si dispone per produrre il cambiamento. Dobbiamo concentrarci sulle possibili soluzioni del problema, sugli strumenti di cui disponiamo, sulla creazione di nuove soluzioni e di nuovi strumenti, su dibattiti e interrogazioni di esperti in quest’ottica. Altrimenti sapremo tutto del killer che ci sta per uccidere senza aver mai ragionato su come poterlo fare fuori.

Ci sarebbero tanti altri aspetti da trattare, ma non credo che sarebbe di una qualche utilità ammassarli tutti insieme ora.

Spero che questo sia solo il primo passo della tua strategia d’azione (far conoscere il vero potere), a cui presto seguirà il secondo, quello incentrato sugli strumenti e sulle possibili soluzioni.
“Poi per le soluzioni apriamo un altro capitolo. Ci sono.” (6° aggiornamento), lo credo anch’io, e spero al più presto di poterle discutere (per poi tentare di applicarle ovviamente) insieme a te e a tanti altri.


Ti ringrazio ancora per il lavoro che fai, è fondamentale.
Grazie.


Davide Baresi



P.S. Quanto espresso sopra sono opinioni personali, passibili di errori e di critiche (le quali sono anzi caldamente incoraggiate).
Spero che si aprano a breve dei dialoghi in tal senso (soluzioni e strumenti) e che in generale si incominci a ragionare e ad agire insieme, uniti dagli obiettivi comuni, smettendo una volta per tutte di fare come i capponi di Renzo.

lunedì 28 marzo 2011

Dalla ricerca arrivano le soluzioni - Batterie con +40% di autonomia

Un team dell’Università “La Sapienza” di Roma ha progettato una batteria per auto elettriche in grado di offrire il 40% di autonomia in più rispetto ai modelli attuali.

È un’evoluzione delle comuni batterie agli ioni di litio, ma rispetto a queste è molto più efficiente e sicura. La superbatteria realizzata dal team di ricercatori coordinati dal professor Bruno Scrosati - in collaborazione con Jusef Hassoun e con Yang-Kook Sun della Hanyang University di Seoul - servirà ad alimentare soprattutto le auto elettriche, grazie alle caratteristiche di elevata autonomia e di notevole stabilità termica.
Lo studio è stato pubblicato sull’autorevole rivista Journal of American Chemical Society.

In pratica - sottolinea Bruno Scrosati – queste batterie agli ioni di litio di ultima generazione raggiungono, con un pieno di elettricità, un'autonomia di 210 km contro i 150 delle batterie attualmente disponibili. Superiori anche le prestazioni in termini di potenza e capacità.
La nuova batteria si avvale della combinazione tra elettrodi nanostrutturati, uno di stagno-carbonio e l’altro di ossido di litio “drogato” con manganese nichel e cobalto
”.

Questa particolare combinazione elettrodica consente operazioni con centinaia di cicli di ricarica senza una riduzione della capacità e con un’efficienza di carica-scarica che si avvicina al 100%.

Inoltre i nuovi materiali sono abbondanti in natura e godono di una maggiore stabilità termica rispetto a quelli utilizzati nelle comuni batterie agli ioni di litio.
Ciò potrebbe assicurare un abbattimento dei costi che incidono sul prezzo delle batterie per auto elettriche (ancora piuttosto elevato) e ridurre i rischi derivanti da un eccessivo surriscaldamento, punto debole degli attuali alimentatori.

Tali prestazioni fanno presumere che la nuova batteria possa essere adottata come efficace sistema di propulsione per motori elettrici in auto ecologiche (ibride o elettriche), contribuendo così alla sostenibilità del nostro pianeta.

sabato 26 marzo 2011

Un esempio di Business Plan per un' Economia Alternativa - Ecoliving

Sempre in tema di soluzioni e possibili alternative.

"Macro Società Cooperativa ed Ecosphera, impresa sociale volta all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate che si occupa di servizi ecologici, hanno vinto un bando finanziato da Regione Emilia Romagna (Assessorato alla Scuola, Formazione Professionale Università e Lavoro), Unione Europea (Fondo Sociale Europeo) e Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, per sviluppare un business plan finalizzato alla realizzazione di un centro innovativo dell'economia alternativa.

Sono partner del progetto anche SEI international, Golden Book, Consorizio Solidarietà Sociale di Forlì-Cesena, Fedragri, Ass. Clan-Destino Forlì (promotori d’interesse), Ass. Movimento Impatto Zero (MIZ) cesena (promotori d’interesse), AICCON, Coop. IL CAMMINO di Forlì, Facoltà di Economia di BO, AITR turismo responsabile.


L'intento è quello di dare vita e gestire un centro, "Piazza Giardino", capace di riunire e stimolare attività di natura locale (km 0) commerciali, artigianali e di servizi, all'interno di una cultura di tutela dell'ambiente, del territorio e della salute, e di superamento dell'attuale sistema di consumo.

Si cercherà quindi di creare un circuito di imprese, enti, associazioni, singoli privati che collaboreranno allo sviluppo di uno spazio polivalente in grado di offrire un'ampia gamma di prodotti e servizi, e favorire scelte d'acquisto consapevoli, basate su informazioni complete e trasparenti sulle caratteristiche e la provenienza di prodotti e servizi, libere da manipolazioni pubblicitarie.
Particolare attenzione verrà data anche all'aspetto sociale di scambio di beni e servizi anche gratuiti.

Il centro dovrebbe essere realizzato in una prima fase presso un capannone di 1000 metri quadrati, circondato da un'ampia area parcheggio, che si trova tra Forlì e Cesena in via Giardino, allo svincolo della E45, una location chiave per la facile raggiungibilità e per la vicinanza rispetto ai principali capoluoghi di provincia dell'area (20 minuti da Forlì, Ravenna, Rimini, 40 minuti da Bologna e Pesaro). Inoltre, il capannone, messo a disposizione dalla Cooperativa Macro, si trova all'interno di un terreno di 5200 m/q, dei quali il 60% è edificabile secondo il piano regolatore.

L'idea di questo progetto nasce dalla volontà di vari soggetti, persone fisiche e imprese profit e non profit, di coniugare le varie esperienze sviluppate e consolidate nel proprio ambito di attività, a partire dalle caratteristiche comuni che li contraddistinguono: l'ecocompatibilità, il risparmio energetico, il consumo critico, le attività ad elevato valore sociale.

Il progetto è favorito dal particolare momento storico ed economico che stimola il recupero della tradizione cooperativa e associativa così radicata in Romagna.
In particolare, saranno valorizzate le esperienze e le competenze maturate dai promotori da anni presenti e attivi nel territorio.
Si prevede di realizzare il centro all'interno di una struttura ecocompatibile ad elevato risparmio energetico e di dotarlo di un supermercato alla spina, basato sulla vendita di prodotti sfusi, biologici, equo-solidali e a chilometro zero.


L'idea-progetto è giustificata da alcuni trend che si stanno verificando nei consumi dove, secondo il recente rapporto dell'Osservatorio dei Consumi, sempre più italiani dichiarano di comperare prodotti biologici e locali perchè più salubri e rispettosi dell'ambiente. Inoltre alcune esperienze quali negozi di detersivi alla spina o primi punti vendita di prodotti a km 0 stanno nascendo e crescendo bene all'interno del panorama italiano.


L'obiettivo è quindi di dotare la compagine sociale di uno strumento (Business plan) in grado di fornire un supporto di pianificazione e implementazione del progetto, verificando l'idea imprenditoriale di base nonché la sostenibilità delle diverse attività economiche che si vogliono implementare.

Il nuovo soggetto imprenditoriale che andrebbe a crearsi, includerebbe a vari livelli i partner iniziali nonché i membri della compagine, borsisti e non, che avranno realizzato lo studio di fattibilità. Esso si occuperebbe del coordinamento e dell'amministrazione del centro nel suo complesso, incluse quella degli spazi dedicati a eventi, convegni e meeting, e gestirebbe direttamente l'attività di core business del supermercato."

mercoledì 23 marzo 2011

Piccole soluzioni - Small save energy solutions

In tema di soluzioni... (piccole soluzioni).



Qui tutti i gadgets presentati nella competizione: (alcuni sono molto interessanti)

http://www.core77.com/competitions/GreenerGadgets/notables.asp



Home della competizione:
http://www.core77.com/competitions/GreenerGadgets/

lunedì 21 marzo 2011

PERCHÉ NON UNA BANCA PUBBLICA ?

DI VIVENC NAVARRO
vnavarro.org

L’articolo chiama l’attenzione sulla corrente popolare a favore dell’apertura di banche statali pubbliche sia a livello statale che federale, che sta avendo una gradita accoglienza negli Usa, tanto è vero che diversi governatori federali stanno dando spazio a progetti d’apertura di queste nuove banche per facilitare l’erogazione di credito. Questa nuova corrente è in crescendo negli Usa, dopo le catastrofi combinate dalle banche private messe anche a confronto con gli ottimi risultati ottenuti dalle banche pubbliche in quegli Stati che hanno già potuto appoggiarsi ad esse ed affrontare così meglio la crisi economica. L’articolo mette anche in risalto come le grandi cifre erogate per l’ipotetico salvataggio delle banche private, negli Stati Uniti come in Spagna, avrebbero potuto essere destinate all’apertura di questi nuovi istituti di credito.

C’è una notizia che sicuramente non avrete letto nei principali mass media informativi: la nuova corrente che assale gli Stati Uniti (epicentro della crisi finanziaria globale) e che, visti i risultati trova un grande sostegno popolare, propone la creazione di banche pubbliche sia a livello statale che federale.

Ciò è in parte dovuto alla grande disistima di cui gode attualmente la banca privata in quel Paese.

Secondo gli ultimi sondaggi sono le banche le istituzioni meno affidabili nella società americana. Nonostante le enormi erogazioni di fondi pubblici che le banche hanno ricevuto, è ancora difficile per le piccole e medie imprese, nonché per la maggior parte dei privati cittadini, ottenere credito bancario.

Anzichè fare uso dei fondi pubblici, come la stessa parola dice, per compiere una funzione sociale, in questo caso l’offerta di credito, le grandi banche hanno adoperato gli aiuti statali per continuare le loro solite speculazioni (causa tra l’altro della odierna crisi) e per aumentare ancora di più i premi e gli stipendi dei loro dirigenti. Ne consegue una logica e forte insoddisfazione della popolazione verso le banche.

La risposta positiva che si riscontra in quegli Stati che usufruiscono già di queste realtà bancarie, e un’altra ragione per la quale ci sono sempre un maggior numero di politici che, dietro pressione degli elettori, propongono l’ attuazione di queste banche statali pubbliche.

La più conosciuta fra tutte è la Banca Statale dello stato del North Dakota, fondata novantuno anni fa, il cui capitale d’inizio furono i ricavati delle tasse statali e che sono ancora oggi la sua principale fonte di liquidità.

Lo statuto interno della banca proibisce qualunque tipo d’investimento in attività speculative ed esige oltretutto la riconversione degli utili nel proprio territorio. E’ stata una delle banche con più profitti e meno afflitta dalla crisi finanziaria che devasta il Paese. E’ stata anche una delle poche banche a prevenire la bolla immobiliare evitando di conseguenza di praticare ipoteche spazzatura (i mutui subprime).

Così come scrive Ellen Brown nel suo libro Web of Debt, questa banca pubblica è la diretta responsabile del fatto che nel North Dakota non ci sia stato il deficit di credito che hanno avuto la maggior parte degli stati USA.

E’ questo l’esempio che altri stati stanno pensando d’imitare.

Si sono create così un’ondata di proposte governative che in stati come il Vermont, Virginia, Michigan e Washington cercano di mettere in pratica la realizzazione a tutti gli effetti di queste banche statali.

Tutto ciò in risposta al malessere generale della popolazione che non ne può più dell'odierno sistema bancario e dello spreco di fondi pubblici. Davanti a questo diversi parlamentari hanno proibito che i depositi dello Stato vengano impiegati dalle banche d’investimento (Investiments Banks) che altro non fanno che mettere a rischio il denaro pubblico coi loro investimenti speculativi.

L’altro fatto importante che non ha trovato eco nei maggiori mezzi d’informazione e persuasione spagnoli è l’inizio del sorgere di voci che negli Stati Uniti trovano una grande ricettività nell'opinione pubblica e persino in alcuni settori del Congresso Statunitense, ma non ancora carpiti dalle lobbies bancarie. Tra queste, c’è quella del premio nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, che in un recente articolo su The Nation, dichiarava che i 700.000 milioni di dollari spesi per aiutare le banche, avrebbero dovuto essere utilizzati per avviare una banca pubblica, evitando agli USA l’enorme problema di credito che oggi ha. Secondo Joseph Stiglitz questo capitale poteva significare la creazione di una banca pubblica, dalla quale sarebbe stato possibile realizzare un'attività creditizia di 7.000 milioni di dollari (seguendo così il criterio di sicurezza di 1 a 10, ancora più conservatore di quello di 1 a 30 che è la pratica bancaria più diffusa). Questo importo rappresenta una quantità molto più grande di quella di cui ha bisogno oggi il Paese. Stiglitz conclude nel suo articolo, che l’aiuto alle banche non è stato in realtà un mezzo per facilitare il credito, ma bensì un intervento statale il cui primordiale scopo era quello di salvare banchieri ed azionisti.

Queste notizie che non si sono lette nei più grandi mezzi d’informazione e persuasione spagnoli, sono molto importanti per la Spagna, dato che la stessa domanda dovrebbe essere fatta nel nostro Paese. Perché il governo spagnolo ha investito tanti soldi per riscattare le banche, con scarsi risultati nell’erogazione di credito? La popolazione, così come la piccola e media impresa (coloro che creano più posti di lavoro nel settore privato in Spagna), hanno grandi difficoltà a ottenere credito nonostante il fatto che il governo abbia investito somme enormi in aiuti alle banche. Sarebbe stato molto più efficace e solidale se lo Stato Spagnolo (con i soldi spesi ad aiutare i banchieri e i loro azionisti) avesse creato una banca pubblica, così come so per certo, il Sig. Stiligtz suggerì alle autorità spagnole e che a quanto pare, non ebbero nessuna risposta.

E il fatto di non aver tenuto conto del suggerimento è, ancora una volta, l’esempio lampante dell'importanza di cui godono le banche in Spagna (vera forza di potere nel nostro Paese) con a capo la Banca di Spagna, il cui governatore (nominato dal governo socialista) è il massimo esponente del pensiero liberista, pensiero che ha causato l'enorme crisi in atto, e che ancora oggi domina la cultura economica del Paese. La nazionalizzazione delle banche o la creazione di banche pubbliche è uno dei nostri più grandi tabù, uno dei tanti che abbiamo nella cultura politica ed informativa nel Paese, che dovrebbe sparire per poter consentire un vero e proprio dibattito sulla situazione bancaria spagnola, che contrariamente alla saggezza convenzionale che respira il Paese, avrebbe bisogno di attuare cambi radicali nei sistemi di proprietà, nei sistemi del governo e nelle sue funzioni.

Vicenç Navarro, cattedratico di Politiche Pubbliche. Università Pompeu Fabra. Professore di Public Policy nella The Johns Hopkins University.

Titolo originale: "¿Por qué no banca pública? "

Fonte: http://www.vnavarro.org
Link
16.04.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARISA CRUZCA

sabato 19 marzo 2011

I capitali privati si impongono sugli stati - il golpe è servito.

Oltraggio alla salma.
di Paolo Barnard


Infierire su un cadavere è un atto orrendo, oltre che un reato. Ma i tecnocrati europei lo stanno facendo sotto gli occhi impotenti di Giulio Tremonti, che sa tutto ma non può farci nulla, né ci dice nulla. La democrazia è stata assassinata dal Vero Potere qui in Europa con il Trattato di Lisbona e con l’Unione Monetaria – cioè con la fine della sovranità sia legislativa che economica degli Stati dell’Eurozona in cui noi oggi votiamo governi privi di potere reale – e ne ho lungamente parlato. Essa giace morta, con conseguenze troppo orribili da contemplare per i nostri figli, ma agli assassini della Commissione Europea e ai loro sottomessi del Consiglio Europeo non basta. Ora vi descrivo cosa stanno preparando per noi, ovvero il male che ci vogliono ancora infliggere, l’ennesimo golpe. E di nuovo vi dimostro che a decidere il nostro destino sono elites potentissime e a voi sconosciute. Se riuscirete a finire la lettura prima di urlare sarete stati forti.

Ma per darvi il giusto contesto di quanto noi cittadini siamo tenuti all’oscuro di cose a questo livello vitale di importanza, storiche persino, vi porto per un attimo alla puntata di Annozero di giovedì 10 marzo scorso. Forse l’avete vista: De Bortoli, Scalfari, Bertinotti e Tremonti, a discutere di crisi e di Europa, proprio il tema qui trattato. Prima serata Tv, nomi ad alti livelli di competenza politico-economica, un contenitore che dovrebbe essere dalla parte dei cittadini, e dunque il massimo dell’informazione al momento. Scalfari e De Bortoli con l’auricolare dei rispettivi suggeritori: Fiat/Bilderberg e De Benedetti/Bilderberg; Bertinotti che bofonchiava cose da sberle operaie in piena faccia; e poi Tremonti. Sul ministro mi soffermo. Lui sa tutto, e infatti di fronte all’inasprimento del golpe europeo che viene in queste ore preparato e di cui tratto in questo articolo, Tremonti ha già rilasciato la seguente dichiarazione: “Questo processo porterà a un colossale trasferimento di sovranità… le politiche di bilancio ora non sono più nelle mani dei governi nazionali” (EUbusiness.com, Reuters 01/2011). Non sono più nelle mani dei governi nazionali, e, preciso, sono nelle mani di una mafia di criminali economici che stanno uccidendo i diritti e il lavoro, e il nostro futuro. Ma lui, perché non parla qui da noi? Perché va da Santoro e dice solo i primi due quinti della verità? Permette a Travaglio di dire corbellerie come quella del denaro della corruzione come rovina economica italiana (come dire che le sigarette sono la fonte dell’effetto serra), e non dice quello che sa, che potrebbe letteralmente spellare vivi sia i suoi interlocutori sia la gente a casa. Non può? E’ complice? Non lo sappiamo, ma ecco quello che lui sa.

Sa che la Commissione Europea, avvallata dal Consiglio Europeo, vuole far precipitare il collasso degli Stati europei del sud e dell’est, fra cui noi italiani, mentre tiene anche sotto servitù persino i lavoratori tedeschi e francesi. Non gli basta che Roma o Lisbona o Atene e Bonn abbiano perso la sovranità legislativa e monetaria, non gli basta che la spirale di crisi dell’euro, studiata a tavolino, stia reclutando milioni di persone in quello che Marx chiamava “l’esercito di riserva dei disoccupati” che si litigano stipendi da insulto senza più protestare, e non gli basta aver già steso un velo di pece sul futuro dei nostri piccoli. Evidentemente l’agonia europea è troppo lunga e loro la vogliono sveltire. A questo fine hanno scritto un programma d’azione micidiale, un golpe, che imporranno dall’alto e che si compone di New Economic Governance; EU Semester; Excessive Imblace Procedure; Europe 2020 Strategy. Fermi, non staccate la spina…

Vi dovete rendere conto che il destino del vostro stipendio di insegnanti o infermieri o segretarie, o del vostro laboratorio artigianale, officina, negozio, azienda, di tutta la vostra economia, dei vostri diritti sociali e democratici, NON STA NEI TITOLI DEL CORRIERE SULLA POLITICA ITALIANA, ma nel linguaggio noioso di astrusi comunicati di burocrati olandesi, italiani, o francesi e tedeschi che voi neppure sapete che esistono. Non storcete il naso davanti a queste righe. Gli astrusi comunicati vi stanno schiavizzando in un golpe senza precedenti nella Storia d’Europa, su democrazie ormai morte.

(Per i lettori appena giunti a queste cose, riassumo in brevissimo come il Vero Potere ha già distrutto gli Stati d’Europa e per quali fini. Questa è la spirale perversa che fu pianificata fin dagli anni ’30 dello scorso secolo e che oggi è giunta a piena fruizione - i dettagli ne Il Più Grande Crimine:

- Agli Stati dell’Eurozona è stata sottratta la sovranità legislativa e monetaria con i Trattati di Maastricht e di Lisbona, che danno poteri immensi alla Commissione Europea di burocrati NON eletti.

- Quei Trattati hanno regole che hanno paralizzato gli Stati nella loro funzione di spendere a deficit per la piena occupazione e pieno Stato sociale dei cittadini. E in ogni caso l’euro non è più degli Stati, che lo devono chiedere in prestito ai capitali privati con limiti enormi di sovranità proprio nella spesa.

- Peggio, ai governi è stato inculcato il dogma dei taglia alla spesa a tutto campo, blocco o riduzione degli stipendi pubblici, e di tutti i servizi sociali.

- Il calo degli investimenti pubblici ha così sottratto ricchezza anche al settore privato, che di conseguenza taglia, licenzia o precarizza. C’è una deflazione dei redditi sia pubblici che privati.

- La deflazione dei redditi pubblici e privati crea un calo di domanda, cioè meno vendite e meno ricchezza che circola, ma questo costringe le aziende che non vendono a licenziare e precarizzare ancor più, innescando un circolo vizioso di calo di redditi, calo di domanda e ancora crisi di aziende e licenziamenti e deflazione dei redditi senza fine.

- Licenziamenti e calo dei redditi costringono però gli Stati a spendere in ammortizzatori sociali di ogni tipo, per cui ciò che essi avevano risparmiato dai tagli alle spese viene poi rispeso per gli ammortizzatori, cioè sempre peggio in termini di deficit e debito.

- A peggiorare ancora il deficit e il debito c’è appunto il fatto che gli Stati devono chiedere gli euro in prestito ai privati che ne decidono i tassi d’interesse. Questo fa sì che oggi il debito degli Stati dell’Eurozona sia un vero debito dovuto a grandi capitali esteri, che gli Stati possono ripagare solo tassandoci o facendo altro debito. I mercati sanno questo e hanno perso la fiducia negli Stati dell’Eurozona che sono visti come a rischio di fallimento. E più crolla la fiducia e più i mercati alzano i tassi per darci gli euro, e questo ci indebita sempre più, in una spirale senza fine di debito che causa sfiducia, sfiducia che causa debito e via così.

- Quella spirale costringe gli Stati a tagli pubblici sempre maggiori, quindi come detto sopra riparte la spirale del crollo dei redditi, crollo delle aziende, crollo dell’impiego, aumento spese per ammortizzatori e di nuovo riparte la spirale del debito e del deficit ecc. ecc. Un gorgo nero senza fondo che si chiama Crisi, quella che oggi stiamo vivendo, ma che come sopra dimostrato è stata voluta a tavolino.

- Stati ridotti in questo modo fruttano però ai grandi capitali del Vero Potere due cose: masse di lavoratori disperati per un lavoro e disposti ad accettare ogni precarizzazione indegna; e la svendita agli stessi capitali dei beni pubblici a due soldi ‘per far cassa di Stato’. Conclusione: il Vero Potere della grande industria franco-tedesca assume a costi del lavoro stracciati e può esportare in concorrenza con USA, Cina e India. Gli speculatori della finanza ci comprano le telefonie, l’acqua, la sanità, le autostrade, ecc. a prezzi stracciati perché Stati con economie in collasso non possono certo contrattare sui prezzi delle privatizzazioni. Tutto questo sotto la supervisione complice della Commissione Europea e del Consiglio Europeo.)



Spero che vi rendiate conto di cosa significa tutto questo. Un truffa immensa per arricchire poche elites, e dove il prezzo fu pagato, è pagato e sarà pagato solo dai cittadini che lavorano oggi in Stati che sono zimbelli privi di sovranità nella mani del capitale privato, quindi fine della democrazia. Noi, i nostri figli siamo in queste condizioni.

E su queste condizioni giunge oggi il golpe in preparazione di cui parlavo.



Golpe.

Cosa stanno facendo: la Commissione Europea, che ha potere sovranazionale in tutta la UE, sta pianificando 1) di sottrarre il bilancio degli Stati alle decisioni dei loro governi legittimi e dei loro parlamenti legittimi. 2) di interferire con forti poteri nelle politiche del fisco, dello Stato Sociale, del mondo del lavoro, delle retribuzioni, dei servizi essenziali ai cittadini degli Stati. 3) di punire con sanzioni enormi gli Stati che osano disubbidire al comando della Commissione. 4) di rendere ancora più soffocanti le regole dei Trattati che paralizzano la facoltà degli Stati di arricchire i propri cittadini e che sono una delle cause maggiori del collasso europeo. 5) di imporre la competitività come valore supremo delle politiche economiche degli Stati a costo di distruggere i redditi e tutto lo Stato Sociale, e persino le nazioni stesse, ma a esclusivo vantaggio del grande capitale finanziario e industriale. 6) e di far pagare i prezzi di questo golpe senza precedenti nella Storia d’Europa unicamente alle fasce basse dei lavoratori e dei giovani sottoccupati per intere generazioni.

Tutto questo sotto dettatura da alcune precise lobby finanziarie di poche centinaia di oligarchi (Vero Potere). Il risultato sarà quello descritto dal prof. Peder Nedergaard sul Danish Daily Politiken nel settembre del 2010: “Un effetto di condizionamento sulle economie degli Stati paragonabile a quello delle testate nucleari in campo militare”.

E ora, mi dispiace, ma devo essere tecnico e complesso, perché tali accuse richiedono prove dettagliate. Chi non se la sente rilegga la sintesi dei 6 punti qui sopra, che è già sufficiente a far comprendere la gravità del golpe.



La crisi economica del 2007-2011 ha dato alla Commissione Europea cioè che l’11 di Settembre diede a George W. Bush, cioè il pretesto per un attacco frontale senza precedenti a popoli senza colpa. Col pretesto di riportare ordine nelle finanza terremotate della UE, ma senza mai neppure sfiorare i veri colpevoli della crisi, la Commissione già dal 2009 si era messa all’opera per perfezionare il piano settantennale di sottomissione degli Stati, cioè distruzione della loro sovranità legislativa e monetaria, messa in schiavitù di milioni di lavoratori, distruzione del settore pubblico, e consegna nella mani del Vero Potere dei profitti derivanti. Aveva scritto in diversi rapporti delle idee, che furono sottoposte ai nostri governi nel Giugno del 2010, e da essi approvate in via preliminare. Quelle idee, si scoprirà poco dopo, erano state dettate quasi alla lettera da tre lobby finanziarie europee: il European Roundtable of Industrialists (ERT); la European Employers Association (EEA); e Business Europe (BE). Alle loro spalle altri giganti della lobbistica, come il LOTIS, il TABD, o l’International Capital Markets Association e molti altri. Primo obiettivo: impossessarsi dei bilanci degli Stati e poter interferire in essi senza alcuna considerazione per la sovranità degli elettori. A tal fine, e sempre con la scusa di porre un controllo a future crisi, ecco l’idea (questa già esecutiva):

Gli Stati membri della UE dovranno presentare entro l’Aprile di ogni anno alla Commissione e al Consiglio Europeo i loro bilanci per essere discussi, e questo PRIMA che la discussione avvenga nei parlamenti nazionali. Commissione e Consiglio presenteranno le loro raccomandazioni entro Luglio, e in autunno i governi poi dialogheranno coi relativi parlamenti. Questa procedura si chiama il European Semester.

Dunque già a questo punto si ravvede una perdita di sovranità enorme, ma il peggio deve ancora venire. Infatti, il cosa accadrà se il bilancio di, ad esempio, Italia non è gradito alla Commissione (formata da burocrati NON ELETTI) e al Consiglio Europeo è una delle parti forti del golpe. Di fatto verremo posti sotto amministrazione controllata, e puniti.



Amministrazione controllata.

Si tenga presente che un bilancio dello Stato non gradito alla Commissione significa unicamente non gradito agli speculatori e agli investitori delle lobby del Vero Potere sopraccitate, e non necessariamente sbagliato per il benessere invece di milioni d’italiani, francesi, spagnoli ecc. Questa parte della pianificazione prende il nome di Preventing Macroeconomic Imbalances. Prevede un ‘allarme preventivo’ che segnalerà alla Commissione i primi segni che loro ritengono critici in una economia di uno Stato, e poi prevede di conseguenza ampi poteri di intervenire in quella economia, come la richiesta che un’intera finanziaria dello Stato sia rivista per adattarsi ai dettemi dei burocrati europei. E di nuovo è il linguaggio astruso di costoro che nasconde pericoli micidiali, e va visto e capito. Parlano di ‘parametri’ che se violati faranno scattare l’allarme preventivo, e in questi includono due voci critiche: lo “spreco di risorse” e “livelli insostenibili di consumo”. Il problema è solo IN CHE MODO saranno interpretate quelle voci. Perché “spreco di risorse” può essere una spesa pubblica sociale essenziale per noi persone, in sanità o in previdenza o nella pubblica istruzione. E “livelli insostenibili di consumo” possono essere quelli che invece stanno proprio alla base di un circolo virtuoso economico dove i consumi alimentano occupazione e investimenti (come sosteneva John Maynard Keynes nella sua Theory of Effective Demand).

Ci sarà un ‘tabellone punti’ con i nostri voti, chi ha l’insufficienza viene… invaso. Gli ampi poteri di intervenire di cui parlavo includono la pretesa che lo Stato sotto accusa stili un suo programma di obbedienza alla Commissione con gli esatti tempi d’azione. Se non è diligente, può essere costretto a riscrivere il programma. Le materie su cui saremo esaminati e poi forse puniti, oltre a “spreco di risorse” e “livelli insostenibili di consumo” includono le politiche del lavoro, le tasse, i servizi sociali ai cittadini, i redditi. Insomma, tutto quello che ci tutela. Siamo sotto controllo stretto, e chi ci controlla, lo ricordo, non è mai stato eletto da nessuno e risponde direttamente alle lobby finanziarie (leggi sotto). Rivelatrici sono le parole di uno di quegli oscuri potenti burocrati, l’italiano Marco Buti, che nel Settembre 2010 ha detto al Die Welt “Quando gli stipendi nel settore pubblico danneggiano la competitività e la stabilità dei prezzi (cioè sono troppo alti, nda), allora quello Stato dovrà cambiare le sue politiche”.



Le sanzioni.

Chiare: se lo Stato non si allinea ed è membro dell’Eurozona, ci sarà una multa dello 0,2% del PIL, che in parole chiare significa miliardi di euro all’anno. Se è membro solo della UE, la Commissione potrà negargli i fondi europei, che alla fine sono gli stessi soldi. Ma la penalità di gran lunga più devastante non è esplicitata nei testi della Commissione. Si tratta del fenomeno di sfiducia che viene appiccicato alla nazione sotto accusa da tali verdetti, e che i mercati usano senza pietà per sottrarre investimenti in essa e per alzare i suoi costi per avere qualsiasi credito. Si innesca una spirale negativa che ne collassa l’economia e ne devasta di conseguenza posti di lavoro e benessere sociale. Una tragedia.



Chi ci tiene in pugno.

Chi mi ha letto in passato sa cosa sia la Commissione Trilaterale (gruppi di potere USA, UE, Giapppone che si riuniscono in privato dal 1973). A una riunione di questo gruppo tenutasi assai prima dell’attuale golpe, l’allora direttore della lobby European Roundtable of Industrialists (ERT), Daniel Janssen, dichiarò: “Da una parte stiamo riducendo il potere dello Stato e del settore pubblico in generale attraverso le privatizzazioni e la deregulation… Dall’altra stiamo trasferendo molti dei poteri delle nazioni a una struttura più moderna a livello europeo (la Commissione, nda)… che aiuta i business internazionali come il nostro”. Più sfacciato di così… Nel 2002, in un altro rapporto della ERT, si trovano gli esatti dettami che ispireranno l’amministrazione controllata (European Semester) di cui sopra, parola per parola: “Le implicazioni dei bilanci nazionali degli Stati devono essere esaminate dalla EU quando sono ancora a livello della pianificazione”. La lobby Business Europe (BE), si esprimeva nel Giugno del 2010 presso la Commissione con queste parole: “Noi chiediamo un meccanismo di imposizione delle sanzioni molto duro per assicurarsi l’obbedienza (degli Stati, nda)… e un sistema di penalizzazioni in caso di ripetute disobbedienze”. Parola per parola ciò che la Commissione e il Consiglio Europeo stanno pianificando. Ma non finisce qui. La BE rincarò la dose: “Chiediamo tagli alle spese (degli Stati, nda), e che siano riviste tutte le priorità dei governi”.

Vi rendete conto di quale umiliante posizione è riservata ai governi sovrani? Non per nulla Tremonti parlava di ”processo che porterà a un colossale trasferimento di sovranità… le politiche di bilancio ora non sono più nelle mani dei governi nazionali”. Ci si rende conto che la nostra vita è decisa dai diktat di queste lobby che nessuno controlla? Addirittura una di esse, il Trans Atlantic Business Dialogue (TABD) consegna alla Commissione una lista di priorità del business speculativo, e la Commissione si deve auto-apporre un voto sulla sua obbedienza a quei diktat (I Globalizzatori, P. Barnard, Report, 2000).



Impedire la ribellione.

Ci si chiede, e il pubblico che legge queste cose spesso si chiede, come sia possibile che almeno qualche governo non esploda in un grido di ribellione. Le risposte sono molte, ma in particolare per impedire quell’eventualità i criminali economici di cui ho parlato qui (e altrove) si sono inventati alcune micidiali regole dei Trattati europei che tutti noi nella UE abbiamo trasformato in leggi nazionali (con la ratifica, e senza che i cittadini ne sapessero nulla). Si chiamano Patto di Stabilità. E’ quella sciagurata ‘camicia di forza’ (così la si chiama in finanza) che ci obbliga a un deficit non superiore al 3% del PIL, a un debito non superiore al 60%, a bassa inflazione. Tradotto: IMPEDIRE CHE GLI STATI SPENDANO A DEFICIT PER IL PIENO STATO SOCIALE E LA PIENA OCCUPAZIONE, perché noi dobbiamo soffrire nelle mani dei privati e senza più tutele sui redditi. Questo significa. La ‘camicia di forza’ è stata definita una catastrofe economica per l’Europa da economisti del calibro dei Nobel Stiglitz e Krugmann, e da Roubini, Hudson, Parguez, dallo speculatore George Soros, da infiniti studi di macroeconomia, e persino dal Fondo Monetario Internazionale. Ma la Commissione non la discute, e anzi, nel golpe di cui tratto la sta inasprendo. Non trovo migliori parole per descrivere i futuri effetti dell’inasprimento del Patto di Stabilità di quanto scritto dalla European Trade Union Confederation nell’Ottobre 2010: “Le regole proposte dalla Commissione sono solo mirate ai tagli, tagli e tagli, ai salari, ai posti di lavoro, alle protezioni dai licenziamenti, alla previdenza, ai servizi. Saranno i lavoratori a pagare gli immensi costi della crisi… la Commissione sta applicando una politica di deflazione economica immensa” (esattamente la spirale descritta sopra nel riassunto). Va compreso che qualsiasi Stato compresso fra l’incudine del Patto di Stabilità e il martello dei mercati che con esso agiscono, non può assolutamente più nulla. Fine, sovranità e democrazia morte. Ed è veramente carino scoprire che il gruppo socialdemocratico, quello liberale, oltre ovviamente a quello conservatore del Parlamento europeo si sono levati nel marzo del 2010 a gran voce per difendere proprio i “tagli, tagli e tagli, ai salari, ai posti di lavoro, alle protezioni dai licenziamenti, alla previdenza, ai servizi… cioè gli immensi costi della crisi… la politica di deflazione economica immensa”, cioè l’inasprimento del Patto di Stabilità, la ‘camicia di forza’, con tutta la perdita di sovranità che esso comporta. Vero De Magistris? Vero Di Pietro? Proprio voi che qui fingete di difendere la Costituzione italiana (sottomessa ai Trattati) e la democrazia, poi a Strasburgo ce le distruggete…



La corsa dei topi.

Il mantra della Commissione e del Consiglio Europeo suona un’unica nota, ossessivamente, ed essa parla della competitività, sancita dal documento Europe 2020, parte del golpe. E’ una bella parola, all’orecchio del cittadino magari suona anche ok, ma che invece significa la spremitura all’osso di milioni di lavoratori europei. La ragione è semplice. Chiedetevi come può uno Stato essere competitivo, nel senso di crescere ma anche di tutelare i cittadini. Classicamente lo può essere se 1) può gestire la propria moneta svalutandola se necessario, alzando o abbassando i tassi. 2) usando la medesima per iniettare investimenti nella società, alzando i redditi, edificando liberamente infrastrutture, modernizzando, investendo in ricerca o formazione, innovando, così da attrarre anche capitali stranieri, cioè il modello sociale pubblico nordico (si leggano i dati del World Economic Forum che lo testimoniano). Ma se uno Stato è privo di sovranità legislativa (non può legiferare liberamente per fare quanto sopra) e monetaria (non ha neppure più il portafoglio), se non può più neppure decidere sul proprio bilancio autonomamente, se rischia punizioni devastanti all’accenno di disobbedienza, quale altra strada gli rimane per essere competitivo sui mercati? Solo una: svalutare il proprio costo del lavoro e deprimere i consumi. Cioè creare sacche di lavoro alla cinese in Europa, distruggere i sindacati (bè, lì c’è rimasto poco), e incassare disperatamente dalle privatizzazioni selvagge. Esattamente il sogno, e il profitto, del Vero Potere come descritto ne Il Più Grande Crimine nei dettagli e in riassunto anche sopra. Cioè un massacro ai redditi, ancor più precari nel lavoro, tagli alla previdenza, privatizzazione dei servizi essenziali, e “una massiccia trasformazione di scuola e università per servire gli interessi del big business” (CEO, Big Business as Usual, 03/2010), come peraltro già sancito da un altro Trattato sovranazionale, il GATS dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, diligentemente firmato dall’Italia ben prima di Berlusconi. Prendano nota qui, fra le altre cose, coloro che ancora si fanno trascinare in vacue manifestazioni di piazza contro la Gelmini, responsabile dei tagli così come il cassiere della banca sotto casa tua è responsabile dei tassi miserabili che ti dà.

Ecco come ciascuno di voi padri e madri di famiglia dovrebbe tradurre oggi la parola competitività.

Come sempre in questo golpe, i poteri della Commissione decretati da Europe 2020 sono quelli di intervenire nelle decisioni degli Stati sulla competitività prima ancora dei relativi parlamenti. E non si creda che i cittadini degli Stati più forti siano immuni da questo disastro. Contrariamente a quanto strombazzato dai De Bortoli e tromboni vari del Corriere, i tedeschi hanno negli ultimi 10 anni subito esattamente quanto detto sopra, avendo sofferto un crollo dei salari del 50% rispetto alla media europea, mentre li si spremeva al lavoro come limoni, cioè con una produttività su del 35% (studi di K. Brenke, W. Mosler, J. Halevi, R. Bellofiore).

In parole povere: competitivi forzati, spremuti come limoni, correre come topi, privi di sovranità, impotenti, sempre più precari, sempre meno diritti, e nel nome degli interessi di chi? Ora lo sapete.

La crisi finanziaria del 2007-2011 è solo servita come pretesto per questo nuovo golpe. Solo 5 anni fa un tentativo golpista identico rimase impantanato nel Consiglio Europeo per un soffio. Oggi la crisi greca, del tutto architettata a tavolino da Germania e Goldman Sachs più Moody’s e soci, ha dato la stura all’ignobile trama che vi ho illustrato. E vale la pena citare le parole di un eminente golpista italiano per concludere questo abominio: “Grazie crisi greca!” ha esclamato l’ex commissario europeo Mario Monti a una conferenza della Commissione nel gennaio scorso, proprio per dare il benvenuto all’ignobile trama di questo golpe (K. Haar, EuropeanVoice.com, 02/2011).



Di nuovo quel pollaio.

E’ una questione di vita o indecente sopravvivenza, di democrazia o dittatura reale. Dobbiamo assolutamente per prima cosa aprire gli occhi di chiunque ci possa ascoltare sul Vero Potere, sul Vero attacco alla repubblica costituzionale italiana, sulle Vere responsabilità nella morte del diritto al lavoro, sulla Vera mafia economica da porre al primo posto nella lotta per la sopravvivenza in Stati di diritto, su Il Più Grande Crimine (paolobarnard.info). I nostri connazionali ancora attivi sono stati chiusi in un pollaio dove alcuni falsari ‘paladini’ in politica o nei media li hanno convinti che il problema sono quei dieci metri quadri di letame, col galletto più sporco degli altri accusato di essere la causa della miseria degli altri polli… mentre fuori dal pollaio le infernali macchine per la macellazione dei polli lavorano 24 ore su 24 sterminandone masse immense. Queste sono le esatte proporzioni.

Il Vero Potere ha già ammazzato la democrazia e il lavoro, e noi al suo interno. Oggi infieriscono sulla salma. Buon anniversario della nascita di questo Paese liberato dalla servitù a poteri stranieri. Peccato che nella servitù sia tornato appieno.



* si ringrazia il Corporate Europe Observatory, Kenneth Haar e Olivier Hoedman per il preziosissimo aiuto.

martedì 15 marzo 2011

L'Islanda rivoluzionaria

Una nazione minuscola che ha avuto la forza di ribellarsi allo strapotere bancario. Una rivoluzione, che passa anche da un nuovo testo costituzionale, finalizzata a impedire che gli interessi del Paese vengano sacrificati a quelli delle oligarchie della finanza internazionale

di Alessio Mannino




Piccola e dimenticata, l’Islanda ci fa da monito. L’isola solitaria fra il Polo Nord e la Gran Bretagna, appena 300 mila anime, una piccola patria di pescatori, ha osato l’inosabile: ribellarsi alla plutocrazia globale.

Ecco la storia. Alla fine del 2008 la crisi finanziaria si abbatte come un ciclone sugli islandesi, che nell’ottobre decidono di nazionalizzare la banca più importante del paese, Landsbanki. Seguono a ruota la Kaupthing e la Glitnir. I debiti degli istituti falliti sono in gran parte con la City di Londra e con l’Olanda. La moneta nazionale, la corona, è carta straccia e la Borsa arriva a un ribasso del 76%. Il governo conservatore di Geir H. Haarden chiede l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che approva un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, integrato da altri 2 miliardi e mezzo di alcuni Paesi nordici. Le proteste popolari si susseguono in un crescendo che porta alle dimissioni del primo ministro nel gennaio 2009 e a elezioni anticipate nell’aprile successivo. Dalle urne esce vincitrice una coalizione di sinistra, che non riesce a frenare la caduta dell’economia. L’anno si chiude con una diminuzione del 7% del Pil.

Il nuovo esecutivo propone la restituzione dei debiti a Regno Unito e Olanda mediante il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro, somma che pagheranno tutte le famiglie islandesi mensilmente per i prossimi 15 anni al 5,5% di interesse. Nel gennaio 2010 il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiuta di ratificarla e dà soddisfazione al popolo che reclama un referendum sulla questione. Il risultato della consultazione che si tiene a marzo è schiacciante: il 93% dei votanti dice no. La ragione è semplice: perché dover pagare tutti gli effetti di una crisi di cui sono responsabili i banchieri, protetti e coccolati dall’Fmi e dal sistema finanziario che tiene sotto ricatto il paese? La rappresaglia non si fa attendere: l’Fmi congela immediatamente gli aiuti.




Solo a questo punto il governo di sinistra, coi forconi puntati davanti al parlamento, si decide al gran passo: denuncia e fa arrestare i bankers. L’Interpol emana un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. In questo clima da resa dei conti, lo scorso novembre si riunisce un’assemblea costituente per scrivere una nuova Costituzione che rifondi il piccolo Stato islandese sottraendolo allo strapotere del denaro virtuale. Il criterio con cui essa viene eletta vuol dare il segnale di un rinnovamento reale, profondo: si scelgono 25 cittadini senza appartenenza politica tra i 522 che hanno presentato la loro candidatura, per la quale era necessario solo essere maggiorenni ed avere l’appoggio di trenta persone. La nuova magna charta sta per essere presentata proprio in questo periodo.

Nulla si è saputo da noi di questa Rivoluzione d’Islanda. Pacifica ma dura e determinata. A rileggerne i punti fondamentali, nel paragone con l’immobilismo conservatore che vige dalle nostre parti c’è di che farsi venire un brivido lungo la schiena: dimissioni in blocco di un governo, nazionalizzazione delle banche, referendum perché il popolo decida sulle decisioni economiche fondamentali, carcere per i responsabili della crisi, riscrittura della costituzione da parte dei cittadini. L’unica ombra che grava sul corso politico dell’isola è la richiesta di ingresso nell’Unione Europea. Perché voler buttare nel gelido mare del Nord tutto il magnifico lavoro fatto finora, esempio per gli uomini liberi d’Europa, per aderire a un superstato controllato da banchieri e manager delle multinazionali? Perché i fieri islandesi non provano a perseverare nella retta via, imitando i loro ovini e cavalli, lasciati liberi di in ampi pascoli senza recinti e senza cani da guardia?

Alessio Mannino

Tratto da: www.ilribelle.com

sabato 12 marzo 2011

Fusione fredda: Due fisici svedesi si interessano al reattore di Focardi e Rossi

Sempre in tema soluzioni..





Come (poco) noto, il 14 Gennaio c'è stata una novità importantissima nel settore della produzione di energia "pulita", l'e-cat, il reattore "nucleare" di Focardi&Rossi è stato presentato ad una selezionata platea di persone della quale facevano parte anche alcuni ricercatori dell'università e dell'INFN. La dimostrazione ha presentato questo dispositivo in grado di fornire energia (sotto fonte di calore) circa 20 volte più di quella immessa in ingresso. Una cronaca dettagliata di ciò chè è avvenuto ci è stata fornita da Daniele Passerini sul suo blog [1], e sono disponibili anche i filmati sul sito di degli interessati. [2]

Nonostante la portata (potenzialmente) epocale dell'evento ...


...che permetterebbe di risolvere in maniera definitiva la produzione di virtualmente infinita energia pulita a costi trascurabili, ufficialmente la notizia non ha avuto forte eco se non nel circuito degli interessati, principalmente su Internet.

In generale infatti la comunità scientifica rimane scettica e non ritiene nemmeno necessario approfondire il discorso reputandolo grosso modo un tentativo di frode da parte di un imprenditore senza scrupoli.

E' possibile cogliere però qualche timido segnale di apertura, ed è il caso di due professori di fisica svedesi che nonostante non abbiano ancora tutti gli elementi per poter giudicare si definiscono possibilisti perchè reputano serio il modo con cui è stato portato avanti lo sviluppo ed i fisici che hanno espresso parere positivo sul risultato (i fisici Levi e Focardi). Sul sito nyteknik.se è disponibile un'articolo con i dettagli della loro intervista[3], di cui è disponibile la traduzione italiana dal prontissimo Daniele[4].

Noi presentiamo invece il video di una parte dell'intervista, sottotitolato in italiano, sperando che questo possa aiutare i più scettici a vincere i timori ed interessarsi più da vicino alla fusione fredda, ricordando che le prese di posizione a priori certamente non aiutano la scienza.

Fonte: Il blog di Dusty sul Portico Dipinto.

Riferimenti:
1. Web rassegna stampa esperimento fusione fredda metodo Rossi Focardi (Bologna, 14/01/10): http://22passi.blogspot.com/2011/01/web-rassegna-stampa-dellesperimento-di.html
2. Conferenza stampa di Focardi e Rossi del 15 Gennaio: http://www.journal-of-nuclear-physics.com/?p=360
3. Cold Fusion: “You have to embrace this”: http://www.nyteknik.se/nyheter/energi_miljo/energi/article3111124.ece
4. La comunità scientifica apre all'E-Cat di Rossi: http://22passi.blogspot.com/2011/03/due-eminenti-fisici-svedesi.html


I video della dimostrazione del 14 Gennaio:

Energy Catalyzer Bologna University Test 1/3

Energy Catalyzer Bologna University Test 2/3

Energy Catalyzer Bologna University Test 3/3

giovedì 10 marzo 2011

La Res Publica deve morire, e non è una famiglia. - Paolo Barnard

La Res Publica deve morire, e non è una famiglia.





Dovevano innanzi tutto paralizzare gli Stati moderni con moneta sovrana nella loro unica funzione legittima, che era e ancora sarebbe quella di spendere a deficit per creare benessere fra i cittadini, cioè piena occupazione e pieno Stato Sociale. Dovevano farlo perché se no gli Stati e i cittadini sarebbero diventati troppo potenti, nel Nord del mondo come nel Sud, e questo le oligarchie finanziarie private non potevano permetterlo. Avete già letto ne Il Più Grande Crimine e Aggiornamenti cosa hanno ordito per ottenere ciò, ovvero come hanno annientato la sovranità sia legislativa che monetaria degli Stati e marginalizzato i cittadini, ponendo fine alla democrazia e conquistando il controllo economico del pianeta a nostro discapito. Ma la cosa che continua a mesmerizzarmi è la semplicità geniale dei due pilastri fondanti di quell’epocale piano sciagurato. Vale la pena illustrarli nei dettagli poiché il vederli da vicino vi renderà ancora più immediata la comprensione di tutto ciò che ho finora scritto su questo tema. E non ultimo vi renderà molto più facile spiegarne i contenuti più controversi al pubblico.

Hanno preso due concetti in apparenza puliti, lampanti, cristallini, cioè che:

La Repubblica è Res Publica, cioè la cosa di tutti, ovvero lo Stato è dei cittadini ed è i cittadini, e questi sono lo Stato.

Il buon bilancio familiare è quello dove prima di spendere si risparmia, dove si guadagna più di quanto si spende, e dove è considerato disastroso il contrario, cioè spendere più di quanto si guadagna, cioè indebitarsi. Uno Stato è esattamente come una famiglia, è virtuoso se guadagna più di quanto spende, ed è indegno se si indebita.

Chi mai può dubitare di quanto scritto sopra? Res Publica: sono 2000 anni che questo concetto è la base stessa del convivere civile. Lo Stato deve guadagnare di più di quanto spende: ma lo capirebbe anche un tordo che è la via economica per eccellenza. No?

No, sbagliato, tutto sbagliato. Anzi, catastroficamente sbagliato. Anzi, costruito apposta per ingannarci, e per arrivare proprio alla distruzione degli Stati moderni nella loro unica funzione legittima, che è, ripeto, di spendere una moneta sovrana a deficit per creare piena occupazione e pieno Stato Sociale.

Il concetto di Res Publica sarebbe dovuto morire nell’istante in cui Nixon nel 1971 sancì la creazione definitiva del denaro moderno, quello libero da vincoli con le riserve d’oro e quindi in grado di essere creato dal nulla dagli Stati e senza limiti. Prima di ciò infatti gli Stati non potevano spendere liberamente, perché in teoria per ogni lira o dollaro o marco ecc. che mettevano in circolazione, ci doveva essere una pari quantità di oro nei forzieri nazionali. Perché? Perché la legge stabiliva che i cittadini avevano diritto in qualsiasi momento di portare i soldi in banca ed esigere in cambio pezzetti d’oro, letteralmente. Quindi l’oro equivalente ai soldi circolanti doveva sempre esserci, ma non era facile procurarselo, per cui gli Stati non potevano decidere spese improvvise a piacimento. Nixon disse basta, e sganciò il dollaro dall’oro, per cui l’America poteva a quel punto emettere denaro senza limiti, proprio inventandoselo di sana pianta. Le altre nazioni ricche fecero altrettanto (è più complessa la cosa, ma di fatto fu così). Nacque la moneta moderna. I grandi capitali privati tremarono, panico.

Pochi comprendono l’importanza epocale di quella mossa. Cambiò la storia dell’economia e il senso stesso di Stato dopo oltre due millenni. Prima, Stato e cittadini erano veramente nella stessa barca: era vero che se lo Stato pasticciava col denaro spendendo troppo, sia i cittadini che lo Stato potevano fare bancarotta (correvano in banca a richiedere oro in cambio dei soldi circolanti, ma se l’oro non era sufficiente… bang!); era vero che lo Stato doveva tassare i cittadini per riprendersi il denaro al fine di spenderlo, perché non poteva certo crearlo dal nulla a piacimento visto il vincolo con l’oro; ed era vero che se i cittadini evadevano le tasse lo Stato poteva trovarsi al verde, con il collasso delle sue funzioni. Dunque era vera la Res Publica, ovvero la condotta fiscale dello Stato era legata direttamente al destino dei cittadini, e viceversa. Ma dal momento in cui allo Stato fu concesso di possedere una moneta sovrana svincolata da tutto, tutto cambiò. Da quel momento lo Stato si separò dalla cittadinanza ed ebbe in mano uno strumento inedito con cui governare: poteva emettere denaro inventandoselo, poteva quindi spendere con pochi limiti. In parole semplici: lo Stato divenne una cosa tutta sua con un suo portafoglio (cioè la moneta inventata dal nulla e quasi senza limiti) libero da noi cittadini. Noi cittadini non fummo più lo Stato. Quest’ultimo poteva perciò decidere di investire nelle infrastrutture nazionali, nei posti di lavoro, nello Stato Sociale, nella produttività privata tanto quanto voleva, arricchendoci. Oppure poteva decidere di fare l’opposto, di tassarci sottraendoci denaro e quindi di impoverirci un poco o anche tanto. Ricordo qui quanto spiegato nei dettagli ne Il Più Grande Crimine, e cioè che quando questo tipo di Stato spende a debito, esso accredita conti correnti dei cittadini aumentandoli, oppure gli offre titoli di Stato che non fanno altro che spostare il denaro dei cittadini da un conto corrente dove guadagna l’1% a uno dove guadagna il 4, il 5 o il 6%. Perciò, la spesa a debito dello Stato arricchisce sempre i cittadini, che non la devono mai ripagare, perché il debito dello Stato è contratto solo con se stesso e viene onorato dal medesimo semplicemente emettendo di nuovo il suo denaro (Keynes, Commons, Robinson, Samuelson, Minsky, Godley, Wray, et al.)

Chiaramente due entità separate, Stato e cittadini; il primo con una funzione di ‘levatrice’ dei secondi, e questi ultimi con il potere di legittimare la propria levatrice democraticamente. E cosa avrebbe fatto la cittadinanza fossa mai stata informata di questa reale funzione dello Stato? Ovvio, avrebbe decretato democraticamente che sì, lo Stato doveva spendere il suo denaro a deficit per creare il benessere pubblico, di noi tutti. Quasi senza limiti. Ma questo avrebbe decretato anche un’altra cosa: la fine per sempre del potere dei grandi capitali privati di dominare l’economia, cioè il mondo, poiché essi avrebbero da quel momento dovuto sempre competere con un potere assai più forte e illimitato, quello degli Stati come 'levatrici' nell'interesse dei cittadini. Marchionne blatera il suo “investimento sì o investimento no”? E chissenefrega, in uno Stato a moneta sovrana che svolgesse le sue funzioni legittime il signor Marchionne sarebbe stato invitato a proseguire a passi lunghi e ben distesi verso la frontiera, dove un solerte finanziere avrebbe magari aggiunto una buona pedata nel suo didietro, e la forza lavoro licenziata dalla Fiat sarebbe stata impiegata dal programma di Stato di Piena Occupazione dotato di un budget confronto a cui l’investimento di Marchionne è una paghetta (Wray, 1998-2011). Le banche giocano sporco e ci trascinano nel baratro finanziario? Bene, le si nazionalizza, i manager si spediscono nelle nazionali galere, e con la vendita degli asset bancari più una buona iniezione di denaro dello Stato si salvano i correntisti, poi le aziende assetate di credito e i cittadini creditori/debitori truffati (cioè si fa tutto quello che ha fatto il governatore della Banca Centrale americana Ben Bernanke, cambiando però il finale per i manager e i destinatari dei trilioni di dollari di Stato che Ben ha prontamente emesso dal nulla senza che per questo crollasse l’America).

State capendo quale era il problema? Perdonate al giornalista un momento di gergo, per essere proprio chiaro: la separazione fra Stato a moneta sovrana che spende a deficit per i cittadini, e i cittadini che dall’altra parte lo legittimano guadagnando in attivo da quella spesa, cioè la morte dell’idea di Res Publica, avrebbe fottuto il potere finanziario speculativo (Vero Potere) come mai prima nella Storia dell’umanità. E questo non doveva essere permesso, mai e poi mai. Ma proprio mai. E fu così che il mantra che lo Stato siamo noi e che se lo Stato s’indebita anche noi di conseguenza ci indebitiamo, fu trapanato nel cranio di ogni singolo politico, economista, docente, tecnocrate, dirigente, cittadino/a, da coloro che ho descritto ne Il Più Grande Crimine, ma che qui specificherò meglio.

Lo stesso è accaduto con l’assurdo concetto secondo cui uno Stato è esattamente come una famiglia, e deve spendere o risparmiare come la famiglia. Sappiamo che questo, nel caso di Stato a moneta sovrana moderna, è del tutto falso. Ne Il Più Grande Crimine trovate la piena spiegazione tecnica del perché, al contrario, lo Stato con propria moneta deve spendere a deficit e non ha quasi limiti di debito. Ma di nuovo badate all’insidia insita nel concetto Stato=famiglia: paralizzare le casse governative nella loro funzione di spesa a deficit pro cittadini attraverso una vera e propria PsyOp, che nel gergo dei servizi segreti sta a significare Operazione Psicologica di manipolazione di massa. Vengono comunemente impiegate dal dopoguerra, e i casi più noti furono quelli associati al ‘pericolo rosso’ in Italia e in America Latina, alla Guerra al Terrorismo, ma anche all’economia. Nessuna teoria del complotto, al contrario, sono operazioni sofisticatissime citate in infiniti documenti declassificati oggi consultabili nei National Security Archives di Washington. Nel caso in questione si usò il concetto di cui sopra che è di micidiale penetrazione, perché risuona assolutamente plausibile alle orecchie non solo dei politici, ma anche di tutti i cittadini. Ripeto: lo Stato è come una famiglia, deve guadagnare di più di quanto spende, e non deve spendere di più di quanto guadagna se no s’indebita, e questo è un disastro, ci dissero. Logico, no?

Ma se una crisi colpisce il Paese e ci porta la disoccupazione giovanile al 29% come oggi in Italia? Peccato. Lo Stato potrebbe inventarsi sia i posti di lavoro che gli stipendi per quei poveri ragazzi… ma no! Perché la ‘famiglia’ non può dare tutta la paghetta che gli pare ai figli, c’è un limite. Peccato davvero se un terremoto devasta l’Aquila trasformando un gioiello italiano in uno spettro conficcato nel mezzo del Paese con la rovina finanziaria di migliaia di persone in lutto. Lo Stato potrebbe inventarsi tutto il denaro per una piena ricostruzione abitativa, lavorativa, artistica, psicologica e senza Clooney o il G8… ma no! Perché la ‘famiglia’ ha limiti di budget, anche quando si versano le lacrime. E così per gli ospedali, le scuole, l’università, i parchi, i musei, le pensioni, ecc. ecc. Tanti hanno per cinquant’anni rinunciato a tantissimo, ingoiato a volte tragedie immense, perché convinti che in effetti questo nostro Stato è come noi, e come noi deve tutte le sere fare i conti sul tavolo di cucina sperando di non dover dire ai proprio figli “non ce n’è più, questo mese niente pizza fuori”, che però nella realtà di una nazione significa rinunce che troncano destini per sempre. Ma non era vero, lo Stato con propria moneta non deve mai bilanciare i conti, non è una famiglia.



Ora, dovete sapere chi sono gli uomini che hanno saputo trapanare nel cervello di tutti quelle falsità micidiali, con lo scopo, ripeto, di distruggere la prerogativa dello Stato di tutelare i propri cittadini, a favore invece del potere dei capitali speculativi di sottomettere i cittadini. Sono economisti, si chiamano Lucas, Sargent, Wallace della scuola economica dei NEW CLASSICALS; sono Wanniski e Gilder dei SUPPLY SIDERS; è Mankiw dell’ala conservatrice dei NEW KEYNESIANS; e c’è Greenspan, l’ex Deus ex Machina della FED americana. Si tratta di microeconomisti che hanno invaso il reame della macroeconomia, cioè, semplificando, gente che era esperta di bilanci familiari o poco più e che ha imposto le proprie teorie ai macrosistemi degli Stati. Ovviamente non per errore. Le loro idee, sponsorizzate dai miliardi del grande capitale finanziario, hanno vinto dopo gli anni ’60 la battaglia per il dominio dei ministeri delle finanze dei nostri Stati, delle cattedre di economia che poi sfornano i dirigenti e i tecnocrati, hanno convinto anche noi, e ci hanno tolto l’unico strumento che avevamo per tutelarci: lo Stato separato dai cittadini che spende a deficit per il nostro benessere.

Potevamo avere un’altra vita, non l’abbiamo avuta, un altro Stato, non l’abbiamo avuto. Chi di noi ha vissuto e sofferto terribilmente per la continua incertezza, penuria di mezzi, insicurezza, umiliazione nel lavoro, disoccupazione, esclusione sociale, abbandono sanitario, lo deve all’inganno della “Res Publica che è come una famiglia”. Ora lo sapete, divulgate.

sabato 5 marzo 2011

UNA FATTORIA PER IL FUTURO - PERMACULTURA - SUB ITA (Integrale)

In tema di soluzioni...



Rebecca Hosking, nota documentarista naturalista inglese, affronta il tema della dipendenza dagli idrocarburi fossili delle filiere agro-industriali contemporanee.

Video di grande impatto, narra in forma autobiografica il percorso della stessa autrice alla ricerca di un nuovo modello produttivo della sua fattoria alla luce dell'imminenza del picco del petrolio.

Fantastiche riprese di fattorie sostenibili indipendenti dall'agrochimica e dai combustibili fossili (esempi di permacultura, agricoltura verticale, orti-giardini giardini-foresta,). Interviste a Colin Campbell, Richard Heinberg, Patrick Whitefield, Chris Dixon, Martin Crawford ed ai figli di Arthur Hollins. Sullo stesso tema si consiglia la lettura del documento del Post Carbon Institute "La transizione agroalimentare: verso un modello indipendente dai combustibili fossili" scaricabile al seguente link: www.transitionitalia.it/dohttp://www.blogger.com/post-create.g?blogID=659062515384348731wnload/la_transizione_agroalimentare.pdf

Si ringraziano per la traduzione in italiano:
Agnese Aloise - Stefania Bottacin - Evelina Dezza - Michele Flammia - Deborah Rim Moiso - Dario Tamburrano - Giulio Vignoli che hanno liberamente collaborato in rete.

Guarda l'esperienza cubana in tema di peak oil, e permacultura