In quell'occasione la comunità scientifica ha discusso le caratteristiche, i limiti e le potenzialità dell'impresa cooperativa; uno strumento, ancora relativamente sconosciuto al grande pubblico, che potrà rappresentare - se ben utilizzato - la soluzione ai problemi posti dall'attuale crisi e la base per la costruzione di un nuovo modello socio-economico.
Indice: (data di pubblicazione)
1. Gli obiettivi della conferenza (28/6)
2. L’importanza delle cooperative
2.1. Gli insegnamenti della storia (30/6)
2.2. La dimensione del settore cooperativo (2/7)
2.3. L’impatto economico delle cooperative (4/7)
2.4. Il valore sociale delle cooperative (6/7)
3. Gli ostacoli allo sviluppo cooperativo
3.1. I limiti della legislazione cooperativa (8/7)
3.2. Una regolazione inadeguata dei mercati (8/7)
3.3. Le incertezze delle politiche di sostegno (10/7)
3.4. Le pratiche di gestione e di governance incoerenti (10/7)
4. Comprendere le cooperative
4.1. I limiti della teoria economica convenzionale (12/7)
4.2. I nuovi sviluppi teorici (14/7)
5. Le tendenze in atto e le sfide (16/7)
6. Conseguenze operative (18/7)
6.1. Introdurre regolamentazioni e politiche di sostegno adeguate
6.2. Sviluppare pratiche di governance e di gestione coerenti
6.3. Promuovere la visibilità delle cooperative
7. Riferimenti bibliografici (18/7)
Prima parte:
1. Gli obiettivi della conferenza
Le imprese cooperative sono organizzazioni importanti. In tutti i paesi, le cooperative
contribuiscono allo sviluppo economico, sostengono la crescita occupazionale e favoriscono una più equilibrata redistribuzione della ricchezza. Inoltre, grazie all’impegno materiale e intellettuale dei cooperatori esse realizzano diverse attività innovative, in particolare con riguardo all’offerta di nuovi servizi di interesse generale e di prodotti che migliorano la qualità della vita di intere comunità, anche in settori tecnologici di punta.
Il ruolo e l’importanza delle cooperative sono diventati più evidenti in seguito alla crisi finanziaria ed economica globale. Nella maggior parte dei paesi, le cooperative hanno risposto alla crisi meglio delle imprese di capitali. La capacità di ripresa delle cooperative comincia a essere riconosciuta, e sia gli opinion maker che i policy maker appaiono oggi più interessati che in passato a capire il ruolo che le cooperative possono svolgere per affrontare le drammatiche conseguenze della crisi globale e per riformare il sistema che ha contribuito a generarla. Questa crescente consapevolezza è confermata anche dall’attenzione che le cooperative e le loro organizzazioni stanno ricevendo da parte dei media, delle istituzioni internazionali e dei social networks.
Ciò nonostante, le cooperative non hanno ancora ottenuto tutta l’attenzione che meritano, soprattutto a seguito del diffuso conformismo nell’interpretare il funzionamento dell’economia, malgrado la crescente incapacità della teoria economica convenzionale di spiegare i principali fenomeni che caratterizzano le società contemporanee.
Fin dalla metà degli anni Settanta, infatti, e in particolare a seguito del crollo dei regimi socialisti, un forte e crescente “fondamentalismo di mercato”, proveniente da New York e Washington, ha influenzato profondamente la politica economica in tutto il mondo (Ferri, 2012). Questo “fondamentalismo” propone una visione secondo cui il miglior modo di promuovere il progresso umano è tramite meccanismi di allocazione delle risorse fondati su mercati auto-regolati e popolati da agenti razionali.
Inoltre, esso considera l’impresa di capitali la forma ideale di organizzazione della produzione di beni e servizi e misura l’efficienza esclusivamente attraverso la capacità delle imprese di creare valore per i loro azionisti, cioè massimizzando i profitti (Ferri, 2012).
Le principali implicazioni di questo approccio sono state l’adozione di politiche di liberalizzazione e di privatizzazione orientate a dare più spazio al mercato, e la sottovalutazione di tutte le forme imprenditoriali diverse dall’idealtipo dell’impresa for-profit. Di conseguenza, le cooperative sono state considerate degli “incidenti”, o delle eccezioni o, al più, delle organizzazioni transitorie destinate a scomparire a seguito della piena affermazione del mercato. Sono pochi gli osservatori che, al contrario, vedono nelle cooperative un tipo specifico di organizzazione produttiva che popola il sistema economico allo stesso titolo delle imprese di proprietà di capitali (Grillo, 2012).
Il predominio di questa interpretazione riduttiva ha affievolito l’interesse dei policy maker e dei ricercatori per le cooperative.
L’attenzione ad esse dedicata non è stata proporzionale alla loro importanza e gli studi finora realizzati risultano piuttosto limitati se confrontati con la vastità delle ricerche che si occupano invece del funzionamento delle imprese for-profit e dei mercati.
Inoltre, la maggior parte degli studi sulla cooperazione sono basati su ipotesi molto discutibili. Le specificità delle cooperative, che le distinguono dalle imprese familiari e da quelle di capitali, non sono state sufficientemente analizzate né tantomeno spiegate. Non è ancora disponibile una teoria
generale in grado di spiegare la sopravvivenza e la crescita delle cooperative. Questa mancanza di un’interpretazione convincente ha impedito lo sviluppo di indicatori adatti a misurare l’impatto economico e sociale delle imprese cooperative. Inoltre, un’applicazione acritica di indicatori progettati per stimare l’efficienza di imprese for-profit ha consolidato un’immagine delle cooperative come forme imprenditoriali arcaiche o eccentriche, che sopravvivono grazie a tradizioni ormai superate, a speciali protezioni legislative, o all’intervento statale (Ferri, 2012).
Lo scarso interesse per le cooperative e per le imprese de facto gestite in modo cooperativo hanno impedito un’accurata valutazione della diffusione e dell’impatto di queste organizzazioni. A seconda dei contesti le cooperative sono definite e riconosciute in modi molto diversi o non lo sono affatto.
Nei paesi dove le cooperative non sono legalmente riconosciute, le persone spesso costituiscono comunque imprese collettive, ma non le chiamano “cooperative”, come accade quando gli agricoltori si associano per trasformare o vendere i loro prodotti o quando le comunità servite in modo inadeguato dalle banche commerciali creano cooperative di credito informali. Inoltre, gli standard statistici
internazionali adottati dalla maggior parte dagli istituti nazionali di statistica non sono costruiti
in modo da fornire indicazioni sulle forme di proprietà delle imprese. Di conseguenza, le statistiche disponibili sulle cooperative sono generalmente insoddisfacenti: dati completi esistono soltanto per alcuni paesi, ma sono anch’essi spesso poco affidabili.
Queste carenze, considerate nel loro insieme, riducono la visibilità delle imprese cooperative e ne limitano sia l’utilizzo che lo sviluppo. La mancanza d’interesse per la comprensione del ruolo e delle ricadute delle cooperative sul benessere economico e sociale fa sì che le cooperative non
siano comunemente riconosciute come un importante modo di gestire attività imprenditoriali. Inoltre, la trasmissione di conoscenze e di informazioni sulle cooperative è limitata o del tutto assente nella maggior parte dei programmi d’istruzione, sia pubblici che privati. Di conseguenza, le cooperative si trovano spesso in difficoltà a reclutare personale qualificato e finiscono per replicare le pratiche di gestione, le strategie organizzative e le metodologie di valutazione d’impatto delle imprese di capitali.
È necessario superare la contraddizione che oppone realtà e riconoscimento delle cooperative. Questa necessità è accentuata dall’attuale crisi, che può essere in larga parte ricondotta al prevalere della convinzione che i comportamenti competitivi sono più importanti di quelli cooperativi e che il mercato, da solo, è in grado di assicurare crescita e benessere. Queste convinzioni hanno favorito una regolamentazione inadeguata dei mercati finanziari e generato profonde e crescenti disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza, un cattivo uso delle risorse non-rinnovabili e la diffusione di modelli di consumo che minacciano irresponsabilmente l’ambiente.
La maggior parte degli osservatori concorda nel ritenere che questa crisi non può essere affrontata solo con politiche convenzionali che, nella migliore delle ipotesi, possono solo attenuare alcune delle sue conseguenze più drammatiche. È di fondamentale importanza elaborare nuovi paradigmi e individuare nuovi assetti istituzionali. Grazie alla loro capacità di coniugare efficacemente obiettivi economici, sociali ed ecologici, le cooperative hanno il potenziale per contribuire ad
alleviare e superare la crisi, indicando vie d’uscita alternative a quelle attualmente proposte. C’è, quindi, bisogno di costruire modelli interpretativi in grado di spiegare il funzionamento delle imprese cooperative, e al tempo stesso di proporre interpretazioni innovative del funzionamento dei sistemi economici e delle istituzioni che li governano.
In questo contesto, la conferenza organizzata da Euricse ha offerto una riflessione multidisciplinare sul modo in cui forme diverse di cooperazione e di imprese cooperative possono contribuire a realizzare un’economia sostenibile e una società più giusta. La conferenza ha permesso un’ampia discussione sui fondamenti logici, sul ruolo e sulla dimensione delle cooperative nei vari settori economici. Le teorie esistenti sono state analizzate criticamente e confrontate con l’evidenza empirica. Si sono così create le condizioni per la produzione di una nuova conoscenza empirica e per l’elaborazione di interpretazioni teoriche in grado di migliorare la comprensione delle potenzialità e dei limiti delle imprese cooperative. I principali risultati sono riassunti qui di seguito.
Nella seconda sezione sono riassunti gli insegnamenti della storia e alcuni dati che dimostrano l’importanza delle cooperative con riguardo al loro contributo allo sviluppo economico e sociale. La terza sezione individua i principali ostacoli che impediscono il pieno sfruttamento dei vantaggi competitivi delle cooperative, fra i quali vanno annoverati una legislazione inadeguata, una regolazione spesso poco coerente dei mercati e pratiche manageriali poco coerenti. La quarta sezione
passa brevemente in rassegna gli sviluppi teoretici che possono aiutare a spiegare meglio la natura e il fondamento logico delle imprese cooperative, analizzando sia i limiti delle interpretazioni convenzionali sia le potenzialità offerte dalle più recenti innovazioni teoriche. La quinta sezione analizza le tendenze in atto e le sfide che le cooperative devono affrontare, mentre la sesta sezione
riassume alcune raccomandazioni rivolte alla comunità scientifica, alle autorità pubbliche e ai movimenti cooperativi.
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