Finalmente...
Il progetto Brave Dreams del chirurgo vascolare Paolo Zamboni partirà tra pochi giorni. Prima sarà la volta dell'azienda ospedaliera-universitaria di Ferrara, poi dell'Usl di Bologna, successivamente l'ospedale Cannizzaro di Catania e infine altre undici strutture sanitarie distribuite in tutta Italia
di Antonella Beccaria
Si parte con la sperimentazione clinica. Il progetto è quello che va sotto il nome di Brave Dreams (acronimo di Brain venous drainage exploited against multiple sclerosis) e, sotto il coordinamento del chirurgo vascolare Paolo Zamboni dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara, il suo scopo è quello di verificare gli effetti sulla sclerosi multipla intervenendo per rimuovere le ostruzioni sanguigne determinate dall’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (Ccsvi).
L’annuncio ufficiale è stato dato da Carlo Lusenti, assessore regionale alla salute, e con la selezione dei pazienti si partirà a metà della prossima settimana, iniziando nei centri dell’Emilia Romagna che hanno aderito alla sperimentazione, finanziata con 2 milioni e 900 mila dalla Regione stessa lo scorso febbraio. Tra i centri, oltre al presidio ferrarese dove opera il clinico che ha dato il nome alla tecnica di intervento, il “metodo Zamboni”, c’è l’Usl di Bologna. Dopodiché sarà la volta dell’azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania e delle 14 strutture su 20 che hanno già ricevuto il nulla osta dai comitati etici dopo l’esame del protocollo la cui stesura è stata coordinata dall’agenzia sanitaria e sociale dell’Emilia-Romagna.
Per quanto riguarda l’inizio della sperimentazione, che era attesa a settimane, l’ok definitivo è giunto dopo che il ministero della Salute si è pronunciato in senso positivo lo scorso 17 luglio. A dare il contributo finale affinché ciò avvenisse un precedente parere, quello della commissione unica dispositivi medici del dicastero, chiamata a esprimersi sull’uso dei palloncini da angioplastica previsti dal protocollo Brave Dreams. A questo punto, dunque, si passerà alla verifica dell’intuizione da cui era partito il professor Zamboni, quando aveva cominciato a studiare la malformazione che impedisce il deflusso del sangue dal cervello e che può portare a ristagni ematici all’interno del cranio con conseguente accumulo di tossine.
La patologia – è stato riscontrato poi anche in centri clinici diversi da quello di Ferrara (tra questi, la Fondazione Don Gnocchi di Milano, l’ospedale Sant’Antonio di Padova e il policlinico Vittorio Emanuele di Catania, oltre a ospedali stranieri) – può presentarsi indipendentemente dalla sclerosi multipla. Ma, sempre secondo i ricercatori che hanno seguito il metodo Zamboni fin dal training ad hoc a cui i medici vascolari vengono sottoposti, i pazienti affetti dalla malattia neurologica degenerativa avrebbero la Cssvi con una frequenza che va oltre il 90%.
Per il clinico ferrarese e per i colleghi che hanno adottato le sue tecniche sia diagnostiche (come l’ecocolor dopler e la flebografia) che terapeutiche (la rimozione delle ostruzioni), esisterebbe la possibilità di beneficiare di effetti positivi sulla sclerosi multipla adottando un approccio vascolare, oltre a quello tradizionale di tipo neurologico. In altre parole, correggendo i problemi di deflusso del sangue nelle vene che non inviano correttamente sangue a polmoni e cuore, si possono ottenere miglioramenti, tra cui miglior qualità di vita, recupero del tono muscolare e almeno parziale ripresa dell’attività fisica.
Una sessantina per centro medico il numero dei pazienti che entrerà nel programma di sperimentazione, che costerà circa 3.500 euro a paziente. La selezione verrà fatta in base alla storia clinica dei candidati, che non devono aver superato uno specifico livello di gravità nella progressione della sclerosi multipla. E ognuno di questi sarà trattato per un anno, al termine del quale si aprirà la fase – dai 18 ai 24 mesi – durante la quale i risultati saranno relazionati alla comunità scientifica.
Si tratta di un momento atteso anche da una onlus, la Ccsvi nella sclerosi multipla, che ha come presidente onorario Nicoletta Mantovani e che nel corso degli ultimi anni ha appoggiato le ricerche di Paolo Zamboni attivandosi sia presso le istituzioni che presso i privati per raccogliere pareri e finanziamenti. Ancora di recente Gisella Pandolfi, presidente nazionale dell’associazione, aveva chiesto che si partisse quanto prima con la sperimentazione per verificare le correlazioni tra le due malattie. E aveva aggiunto: “Noi questo affermiamo e vogliamo: che si prenda atto della ricerca internazionale fin qui compiuta e in continua evoluzione, in un confronto sereno e serio. Ricordiamo che i malati di sclerosi multipla sono oltre 60 mila in Italia e 2 milioni e mezzo nel mondo. Per la maggior parte giovani adulti, due su tre donne”.
Tratto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/29/metodo-zamboni-al-via-sperimentazione/309802/
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