martedì 19 aprile 2011

Stream of thoughts e soluzioni - La rete di imprese sociali

È l’una e zero uno – per gli amanti dei numeri – accendo il pc. Voglio finire di leggere l’ultimo aggiornamento di Barnard (15°) che avevo iniziato la sera prima. Carico la pipa e l'accendo. Il mio zippo non funziona, cioè funziona, ma non propriamente.. storia lunga. Ora ho finito il tabacco – Borkum Riff Original, ottimo tabacco sebbene sia il primo e l’unico che abbia mai fumato - domani dovrò comprarlo. Vado sul sito di Paolo, trovo un articolo fresco di giornata; bene, penso, ha ripreso a scrivere regolarmente.
Faccio i primi tiri, i migliori. Comincio a leggere.. Oh no, ancora su quanto sia inutile scrivere da un pc, quanto sia inutile il mero informarsi ecc. Concordo, certo, penso che ha ragione, che è logico; non serve assolutamente a nulla informarsi e basta, così come non serve a nulla manifestare e basta, e parlare o scrivere solamente. È logico. Continuo a tirare, ora un po’ nervosamente, non capisco dove voglia arrivare. Proseguo. Leggo che i seguaci di Saviano, Travaglio e Grillo sono dei deficienti, che i ringraziamenti che riceve lo irritano solamente, merda. Quasi mi ustiono con il fornello, che nel frattempo è diventato quasi incandescente.

È vero, i personaggi citati parlano di cose quasi irrilevanti a confronto di quelle che in questi ultimi mesi sta scrivendo Paolo, ma non credo che sia di qualche utilità chiamare “deficiente” un deficiente. Tra l’altro non credo che le persone che seguono questi personaggi lo siano, deficienti. Credo che siano semplicemente delle persone alla ricerca di soluzioni per migliorare il contesto in cui vivono, e che agiscano sulla base delle informazioni di cui dispongono. Sarebbero dei deficienti se dopo aver letto certe cose, e riflettuto su di esse, tornassero alle loro “lotte” contro Berlusconi &co.

Partiamo da questo presupposto: da soli non si possono fare rivoluzioni.
Volenti o nolenti chiunque voglia mettere in piedi un progetto ha bisogno di altre persone.
Tra parentesi, quanto appena detto non è sempre vero. Credo, infatti, che per cambiare le cose – o fare una rivoluzione, come preferite – serva avere il “potere”.
Ora, questo potere può essere di tre tipi: 1.Militare – 2.Economico – 3.Sociale.
Scartiamo a priori quello militare, visto che dei semplici cittadini non avranno mai quel tipo di potere, e nel XXI secolo non ci sono Rubiconi da attraversare. Verosimilmente è da scartare anche il secondo tipo di potere, quello economico, in quanto nessun cittadino comune ha immensi capitali da poter investire. Rimane il potere sociale, ovvero la capacità di costruire intorno alle proprie idee o progetti un consenso che permetta a quelle idee e progetti di diventare realtà.
Qui torniamo al solito problema: non basta volere qualcosa per averla realmente, bisogna analizzare e pianificare l’azione affinché dia il risultato sperato.
È il discorso della comunicazione, già affrontato in “Lettera aperta a Paolo Barnard”.

Concludo ricordando una cosa a chi legge: agire “contro” serve a ben poco; agire pensando che il cambiamento possa arrivare da qualcun altro, serve a ben poco (es. manifestare per le morti bianche, contro la mafia ecc. aspettandosi che “chi di dovere” faccia qualcosa). L’unica cosa sensata da fare – a mio avviso – è creare il cambiamento che vogliamo, ma crearlo in prima persona senza demandare niente a nessuno. Quindi l’unica cosa sensata da fare è aprire il capitolo delle soluzioni.

Personalmente ho in mente un progetto preciso, su cui ho già iniziato a lavorare – pur essendo ancora alla fase di analisi. La soluzione che per vari motivi considero come la più sensata ed efficace è la creazione di una rete capillare di imprese sociali che sopperiscano – per iniziare – a tutti i bisogni primari di chi lavora al loro interno o le sostiene da fuori: cibo, casa, energia, lavoro. Il fine sarebbe la creazione, tramite questa rete, di un’alternativa socio-economica concreta.
Si potrebbe anche pensare di creare un corrispettivo del WIR svizzero per questa rete di imprese, pro e contro, è tutto da analizzare, da discutere appunto.
Questa è il progetto che personalmente porterò avanti e sul quale mi concentrerò; ad oggi non ho ancora sentito un progetto più sensato. Aspetto con curiosità il capitolo sulle soluzioni di Paolo e l’apertura di una discussione costruttiva, obiettiva e razionale in quella direzione.

Ora il fornello della pipa dovrebbe essersi raffreddato, vediamo di riaccenderla.


Davide B.



P.S. Quanto espresso sopra sono opinioni personali, passibili di errori e di critiche (le quali sono anzi caldamente incoraggiate).

4 commenti:

  1. Ciao, anch'io ho letto l'ultimo scritto di Paolo Barnard, e sono d'accordo che non serve a niente scrivere e scrivere sul pc o informarsi per il solo gusto di informarsi senza peraltro che questo porti ad azioni concrete e incisive, ma non lo sono quando dici che non serve a niente “agire contro”. Agire contro è tutto quanto va in senso opposto o in alternativa all'attuale sistema di potere, sia che si agisca in forma militare o economica o sociale o tutte e tre insieme, e in ultima analisi anche il tuo progetto è contro. Il punto è quello di formare una base preparata e concorde nell'affrontare una volta per tutte e con una informazione continua e battagliera, utilizzando le tattiche ritenute più opportune (ad esclusione della violenza), questa devastante società neoliberista. L'informazione è utilissima e deve sempre essere sostenuta, ma deve essere fatta seguire da azioni mirate, precise, ficcanti e talvolta devastanti, coperte da una ideologia strategica economica e sociale alternativa all'attuale sistema e supportata da persone in grado di affrontare e ribattere colpo su colpo le fasulle argomentazioni del Vero Potere e dei suoi camerieri e scherani.

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  2. Premetto che non voglio assolutamente fare come i capponi di Renzo.

    "in ultima analisi anche il tuo progetto è contro"

    Sinceramente non credo. Una manifestazione del popolo viola per le dimissioni di Berlusconi non propone nulla; una manifestazione in difesa della costituzione non propone nulla; la creazione della rete di imprese sociali propone qualcosa (e si pone come attore diretto del cambiamento). Per esempio: una cosa è essere contro la guerra, un’altra è lavorare per la pace.

    Ad ogni modo, l'importante è condividere un progetto costruttivo e cooperare per realizzarlo.

    Davide B.

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  3. Non era mia intenzione iniziare a beccare come i famosi capponi, sarebbe solo inutile e penoso. Volevo significare che ogni comportamento alternativo al sistema è di per sè stesso un problema per il sistema, che lo ritiene "contro" e lo tratta di conseguenza,ed è anche una questione di tempo, se gliene lasci abbastanza il sistema ti ingloba e ti annulla. Se poi addirittura le imprese sociali nascono e si sviluppano nel sistema, che peraltro le combatte, non credo possano sostituirsi ad esso. Saranno senz'altro una buona idea ma si devono sviluppare su un piano completamente diverso dall'attuale; prima crolla l'attuale sistema prima si sviluppano proposte alternative e con esse anche le eventuali imprese sociali.
    Le manifestazioni del popolo viola per le dimissioni di Berlusconi e quelle a favore della costituzione, propongono sempre qualcosa: una difesa del sistema.
    Anch'io vorrei condividere un progetto costruttivo e cooperare per la sua realizzazione, ma coltivo anche la massima di Aristotele "Facciamo la guerra per poter vivere in pace"

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  4. Capisco il tuo punto di vista, ma fare la guerra al sistema sarebbe - a mio avviso - come voler aprire una noce di cocco con un filo d'erba... Il muro contro muro, le proteste, le manifestazioni ci sono da mezzo secolo, e le cose sono solo peggiorate.
    Non dico che la costruzione dell'alternativa che propongo sia l'unica strada da imboccare, non possiamo sapere da quale progetto arriverà il cambiamento.
    Credo che la cosa migliore sia intraprendere diverse strade, ma con un unico coordinamento.

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