mercoledì 8 maggio 2013

Prima le persone poi il rigore Zamagni, "ripensare l'economia"

“Se continuiamo ad anteporre il rigore a tutto rischiamo di andare verso la bancarotta sociale”. L’allarme è stato lanciato da Antonio Marzano, presidente del Cnel nel corso del convegno “Un modello italiano per il Welfare, l’orizzonte dei beni di comunità” organizzato oggi a Roma. Durante l’incontro diversi esperti del settore hanno analizzato le radice della crisi dello Stato sociale nel nostro paese, cercando di trovare anche possibili soluzioni. Secondo Marzano bisognerebbe rimettere al centro innanzitutto l’idea di “politica come servizio”, in un paese dove tutto sta entrando in crisi, anche la produzione di massa e non c’è meritocrazia.

Guardare alle esperienze di comunità è centrale per Jhonny Dotti, presidente di Welfare Italia, “non bisogna aspettare ma agire: mi aspetto una grande stagione non di riforme legislative – ha detto - ma di esperienze istituenti”. Nel nostro paese c’è un’incapacità ad analizzare il presente, esempio di questa miopia la “legge sul badantato, che è stata veramente suicida, perché ha permesso il trasferimento di 10 miliardi l’anno ai paesi dell’Est- afferma Dotti - nessun politico e nessuna associazione, ha saputo cogliere il treno dell’assistenza familiare”. Anche per il presidente del Censis Giuseppe De Rita, bisogna guardare al territorio e alle “esperienze istituenti”, che in esso si generano. “Non ci sono interventi dello Stato che possono cambiare il mondo, anche il welfare è cambiato e oggi è totalmente monco – afferma – Una vera politica di Welare non c'è, ma nel frattempo sono nate alcune esperienze sul territorio, che ci fanno parlare di welfare comunitario”.

Per Stefano Zamagni, professore di Economia politica all’università di Bologna bisogna passare da un’idea di Welfare legato alla fragilità, a un modello pensato per la vulnerabilità, cioè per quei soggetto che hanno il 50 per cento di probabilità di cadere una situazione di disagio. “Occorre anche pensare a un nuovo modo di strutturare i servizi del welfare – aggiunge - cioè a una sussidiarietà circolare, in cui enti pubblici, soggetti economici e del Terzo settore, interagiscono sia per la progettazione degli interventi sia per la loro erogazione, sulla base di schemi che prevedono limiti e compitenze”. Secondo Zamagni in alcune aree questo sta avvenendo e i risultati già si vedono ma è “il mondo terzo settore deve passare dall’essere un operatore sociale a diventare un imprenditore sociale –aggiunge – questo balzo è necessario”. Anche Flavio Felice, professore di economia all’università Lateranense ha ricordato che il “ciclo di sussidiarietà richiama un'esigenza di raccordo degli ordini civili”. “Spesso facciamo riferimento alla società civile, alla cultura civile, ma dovremmo iniziare a ragionare su ciò che è realmente civile – afferma - . E iniziare a pensare alla società civile come argine critico, come limite, e a un ordine politico necessario”. (ec)


Tratto da: http://www.affaritaliani.it/emilia-romagna/prima-le-persone-poi-il-rigore-zamagni-ripensare-l-economia060513.html?refresh_ce

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